2018-05-30
Soldi dall’indagato per mafia al commissario che ci insulta
Negli anni Novanta il commissario al Bilancio Günther Oettinger finì sui giornali perché un presunto 'ndranghetista, arrestato pochi mesi fa dalla Dda di Catanzaro, finanziò la sua campagna elettorale.Il politico Cdu destina più risorse all'Italia e poi minaccia: «La Borsa vi indicherà chi scegliere alle urne».Intanto, l'agenzia di rating Moody's minaccia il downgrade ma aspetta «evoluzioni politiche». I bancari affondano Piazza Affari.Lo speciale contiene tre articoliL'uomo che si augura che i mercati insegnino agli italiani a votare non ce l'ha con i nostri connazionali in quanto tali, ma solo con i cosiddetti populisti. Infatti negli anni Novanta Günther Oettinger, commissario europeo al Bilancio e dirigente della Cdu di Angela Merkel, venne attenzionato in Germania per lo scambio di amorosi sensi con equivoci personaggi calabresi che 30 anni fa finanziavano le sue campagne elettorali. Quindi a dare lezioni di voto ai nostri connazionali è un signore che ama la 'nduja, ma anche, sembra, i soldini degli italiani, senza preoccuparsi troppo della provenienza. A gennaio in Germania è stato arrestato Mario Lavorato. Negli anni Novanta Oettinger definiva «il mio (ristorante, ndr) italiano» la pizzeria di questo sessantaduenne calabrese. All'epoca Lavorato era indagato in Germania e il telefono del suo locale era intercettato. Qui Oettinger e i suoi amici si recavano per mangiare in allegria, ma anche per cercare finanziamenti. Nella pizzeria sarebbe persino stata organizzata una «serata calabrese» a sostegno della Cdu. Negli stessi anni Lavorato venne coinvolto in un'indagine italiana, l'operazione Galassia, ma venne assolto dalle accuse di mafia. Dopo questo incidente di percorso avrebbe continuato indisturbato a fare il plenipotenziario delle 'ndrine in Germania, offrendo a prezzi stracciati ai lavoratori antipasti gustosi, dai pomodori ripieni alle melanzane. In Calabria, a Mandatoriccio mare, in provincia di Cosenza, Lavorato ha inaugurato anche il Villaggio camping da Mario, che ha un occhio di riguardo per la clientela tedesca, in particolare per le famiglie di Stoccarda, accolte da striscioni con scritto Guten tag. A gennaio i carabinieri del Ros e i magistrati della Dda di Catanzaro, coordinati dal procuratore Nicola Gratteri, hanno realizzato l'operazione Stige che ha portato all'arresto di 170 persone, tra cui Lavorato. L'indagine ha sbaragliato la cosca di Cirò Marina (Crotone) Farao-Marincola che costringeva i ristoratori italiani della zona di Stoccarda ad acquistare dai suoi uomini vini, prodotti per la pizza e prodotti ortofrutticoli e pescato. E il loro plenipotenziario sarebbe stato proprio Lavorato, che è finito in manette con l'accusa di associazione mafiosa finalizzata all'estorsione. Ma dietro a quei commerci c'erano anche altri affari. Per esempio gli investigatori hanno messo sotto controllo un Inter Club della cittadina tedesca di Fellbach, che fungeva anche da centro di stoccaggio di banconote contraffatte provenienti dall'Italia. Secondo un'ipotesi investigativa il denaro contraffatto veniva realizzato a Mandatoriccio, il paese natio di Lavorato. Ma il suo coinvolgimento in questo traffico illecito non è ancora stato accertato. L'uomo a Fellbach era di casa al ristorante Gallo nero e in un altro locale chiamato Pizza presto. Nella veste di locandiere conobbe il futuro commissario europeo Oettinger, all'epoca governatore del Baden-Wurttemberg. La vicenda emerse durante la cosiddetta operazione antimafia Galassia.Nel 1994 il nome di Lavorato finì sui giornali tedeschi perché aveva finanziato con migliaia di marchi la campagna elettorale di Oettinger. All'epoca gli inquirenti erano convinti che i soldi utilizzati dal presunto 'ndranghetista non fossero frutto della sua attività di pizzaiolo, ma provenissero dal traffico di droga e dal riciclaggio. Nella sua cassaforte e sul conto bancario di Lavorato venne trovato un milione di marchi. Ma furono le intercettazioni telefoniche a destare il maggiore scalpore. Infatti registrarono la voce di Oettinger. L'allora ministro della Giustizia del Baden-Wurttemberg, il cristiano democratico Thomas Schaeuble (Cdu) informò il collega di partito delle indagini sul suo amico italiano, di cui era venuto a conoscenza, e gli consigliò di non chiamare più il ristorante. Anche il ministro dell'Interno, il socialdemocratico Frieder Birzele (Spd), mise in guardia Oettinger da quelle relazioni pericolose. Le due segnalazioni diventarono di pubblico dominio e a causa delle polemiche venne istituita una commissione d'inchiesta. Secondo il Corriere della Calabria «però la maggioranza dei commissari giunse alla conclusione che era “giustificato e necessario" informare Oettinger, perché “la strumentalizzazione dei politici" appartiene alla tipica procedura della criminalità organizzata perché “è pratica comune usare la conoscenza con i politici per aumentare il loro prestigio e mostrare presunta influenza"». Da allora Oettinger ha sottolineato più volte di non avere più avuto alcun contatto con Mario Lavorato.Nel 2009 quest'ultimo è stato uno dei fondatori della Armig, un'associazione senza scopo di lucro italo-tedesca nata come centro di cultura tricolore. Ma in pochi anni, secondo gli investigatori tedeschi, si sarebbe trasformata in «un'associazione a delinquere, formatasi per porre in essere il reato di riciclaggio». Nel 2014 la Armig avrebbe registrato un forte incremento. Infatti in quell'anno si sono associati numerosi gastronomi della regione e, «grazie al diretto intervento di Mario Lavorato sono stati convinti a diventare soci anche (...) altre persone importanti della Calabria e del Principato di Monaco con probabili collegamenti alla 'ndrangheta». Secondo la polizia criminale tedesca l'associazione calabrese sarebbe riuscita a intessere rapporti stabili «con esponenti della finanza e della politica tedesca».Giacomo Amadori<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ottinger-mercati-italia-2573352976.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-ricatto-dellue-ci-da-2-miliardi-in-piu-basta-che-votiamo-come-dicono-i-mercati" data-post-id="2573352976" data-published-at="1757918689" data-use-pagination="False"> Il ricatto dell’Ue: ci dà 2 miliardi in più basta che votiamo come dicono i mercati Dopo settimane di bastonate da parte dell'Unione europea, ecco arrivare la carota per il nostro Paese. Le indiscrezioni degli scorsi giorni sono state confermate dalla conferenza stampa svoltasi ieri a Bruxelles: l'Italia beneficerà di maggiori fondi nel campo della coesione e dello sviluppo territoriale previsti budget Ue per il settennato 2021-2027. Un pilastro del bilancio europeo che vale complessivamente 367 miliardi di euro. Se le proposte illustrate ieri dalla Commissione europea verranno approvate, Roma riceverà 38,6 miliardi, 2,3 in più rispetto al precedente esercizio 2014-2020 (+6,4%). Buone notizie, verrebbe da pensare. Ma la benevolenza della Commissione è tutto fuorché gratuita. L'annuncio da parte di Bruxelles arriva nello stesso giorno dell'ennesima, clamorosa gaffe proprio dello stesso Commissario europeo che guida l'ufficio che si occupa di redigere budget, il tedesco Günther Oettinger. «I mercati spingeranno gli italiani a non votare per i populisti», ha dichiarato Oettinger nel corso di un'intervista rilasciata alla Deutsche Welle. Inizialmente il giornalista Bernd Thomas Riegert aveva twittato una sintesi: «I mercati insegneranno agli italiani a votare nel modo giusto». Sintesi che si è precipitato a smentire, con un autodafè cui ha fatto seguito una versione più aderente alla cronaca, che però non ha spostato di un millimetro la sostanza. Parole che hanno immediatamente suscitato l'unanime indignazione da parte del mondo politico italiano. Durissimo il leader della Lega, Matteo Salvini. «Pazzesco, a Bruxelles sono senza vergogna», scrive Salvini su Facebook. «Se non è una minaccia questa… Io non ho paura, siamo più forti, prima gli italiani!». Drastico anche Luigi Di Maio, che su Twitter definisce «assurde» le parole di Oettinger. «Questa gente», aggiunge il capo politico del Movimento, «tratta l'Italia come una colonia estiva dove venire a passare le vacanze. Ma tra pochi mesi nascerà un governo del cambiamento e in Europa ci faremo finalmente rispettare». Ci prova anche Maurizio Martina a condannare le dichiarazioni del Commissario tedesco: «Nessuno può dire agli italiani come votare. Meno che mai i mercati. Ci vuole rispetto per l'Italia». L'uscita sconsiderata di Oettinger ha costretto il presidente Jean-Claude Juncker a un'imbarazzato intervento: «Commento sconsiderato. La posizione ufficiale della Commissione è la seguente: compete agli italiani e soltanto a loro decidere sul futuro del loro Paese, a nessun altro». Poche ore dopo, arrivano le scuse dell'improvvido tedesco: «In riferimento agli attuali sviluppi di mercato in Italia, non volevo essere irrispettoso e mi scuso per questo». La minaccia di Oettinger era arrivata con un tempismo perfetto ma, nella loro brutale franchezza, aiutano a comprendere le reali intenzioni della Commissione. La distribuzione dei fondi segue infatti una precisa logica politica, distante anni luce dalle reali necessità dei Paesi membri. Non per niente gli aumenti più sostanziosi riguardano quelle realtà a rischio di nuove elezioni, cioè Spagna (+1,6 miliardi pari al 5% in più rispetto al 2014-2020) e l'Italia, oppure la Grecia, che ad agosto uscirà dal programma di sorveglianza speciale della Troika. Bruxelles prova nervosamente a tenere il controllo della situazione, alternando ingerenze e gratificazioni. Ne sanno qualcosa i paesi dell'Est, costretti a subire pesanti riduzioni sulle somme assegnate. Le più penalizzate risultano l'Ungheria del «ribelle» Viktor Orbán, la Lituania, l'Estonia, la Repubblica Ceca, tutte oggetto di un taglio del 24% rispetto al precedente settennato. Seguono Polonia (-23%) e Lettonia (-13%). Sulla carta la colpa di questa emorragia di denaro è da attribuire alla nuova metodologia adottata dalla Commissione, che assegna più fondi ai Paesi che con maggiori flussi migratori e una disoccupazione più elevata. Nella realtà, i Paesi orientali e in particolare il gruppo «Visegrad» (cioè Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Polonia) sono da mesi nel mirino di Bruxelles per l'insofferenza dimostrata riguarda ai temi dell'immigrazione e della giustizia. Un segnale che è in atto una crisi a questo livello è senza dubbio la decisione di rafforzare il vincolo tra l'entità degli stanziamenti e il rispetto dello stato di diritto negli Stati membri. Con le nuove regole annunciate all'inizio del mese in occasione della presentazione della bozza di budget, la Commissione potrà disporre del potere quasi illimitato di sospendere, ridurre o addirittura revocare le somme stanziate nel caso vengano riscontrate gravi violazioni in questo senso. La Polonia ha già reagito duramente alla proposta di ridurre le dotazioni future. Joanna Kopcinska, portavoce dell'esecutivo guidato da Mateusz Morawiecki, ha dichiarato ieri a un'emittente radiofonica nazionale che «la ripartizione dei fondi è inaccettabile per i Paesi dell'Europa centrale». A metà mese il ministro polacco per gli Affari europei, Konrad Szymanski, aveva annunciato che Varsavia non avrebbe tollerato tagli «rivoluzionari» al budget. Raggiunto dalla Verità, l'eurodeputato Stanislaw Zóltek ha espresso tutto il proprio disappunto per le decisioni della Commissione. «È del tutto evidente», spiega Zóltek, «che l'intenzione della Commissione non è solo quella di colpire i paesi del blocco orientale, ma anche dare una sorta di contentino a quei paesi come l'Italia e la Spagna che con le loro crisi politiche minacciano la sopravvivenza dell'euro». «Sono favorevole ai tagli», conclude l'eurodeputato, «ma questo sistema non riduce realmente il budget, piuttosto assegna premi e penalità ai singoli membri. Così facendo la Commissione, anziché dimostrare imparzialità, punta a far rimanere allineati i paesi alla propria ideologia infetta». Antonio Grizzuti <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ottinger-mercati-italia-2573352976.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="spread-a-300-e-moodys-ci-tiene-sulla-corda" data-post-id="2573352976" data-published-at="1757918689" data-use-pagination="False"> Spread a 300 e Moody’s ci tiene sulla corda Piazza Affari deraglia nuovamente, con le banche ancora una volta sotto attacco. Lo spread, il differenziale sul decennale che ha superato per la prima volta negli ultimi cinque anni il muro dei 300 punti base e il rendimento del biennale che è schizzato fino al 2,72%, ha spinto la volatilità sul listino milanese, con il Ftse mib scivolato indietro del 2,65% a 21.350 punti sui nuovi minimi annui. Molto male gli istituti di credito, con sospensioni a ripetizione durante la seduta per eccesso di ribasso. A fare peggio di tutti, alla chiusura, è stato BancoBpm, che lascia sul campo il 6,37% a 2,1 euro, seguita da Banca Generali (-6,09% a 20,04 euro) e Unicredit (-5,61% a 13,97 euro). A rendere così sensibile il comparto sono proprio le esposizioni verso il rischio sovrano italiano, che nel caso dell'istituto nato dalla fusione tra Bpm e Banco Popolare si attestano al 327% del capitale Cet1, secondo quanto rilevato dal direttore degli Studi economici della Ieseg school of management in una analisi basata sui risultati degli esercizi condotti nel giugno 2017 dall'Autorità bancaria europea in tema di trasparenza. Sono ben dieci le banche italiane la cui esposizione supera il parametro utilizzato per valutare la loro solidità: da Iccrea (620,8%) a Ubi (141%), passando per Monte dei Paschi (206%) e per Unicredit e Intesa Sanpaolo (entrambe al 145%). Tra le altre big del listino, spicca la flessione del 2,27% di Telecom Italia, scesa sotto quota 70 centesimi ad azione, e Leonardo, che perde il 5,39% a 8,3 euro. Pochi i rialzi e concentrati nel settore dell'energia, sostenuto oggi dal recupero del petrolio dopo la debolezza degli ultimi giorni, con il prezzo del Brent in crescita di un punto percentuale in area 76 dollari per barile. A giovarne sono state Eni (+0,13% a 15,09 euro), Tenaris (+0,54% a 15,78 euro) e Saipem, maglia rosa del Ftsemib con un progresso del 3,22% a 3,61 euro. Al di là dei numeri asciutti la giornata di Borsa è stata caratterizzata dalla spada di Damocle firmata Moody's. Gli ultimi sviluppi della situazione politica italiana «non cambiano la nostra recente decisione di mettere sotto osservazione il rating del debito italiano per un downgrade», ha spiegato ieri l'agenzia di rating tramite una nota, dopo che venerdì aveva comunicato di aver in corso una revisione sul suo giudizio dell'Italia, attualmente valutata Baa2. «Revisione che terminerà quando sarà più chiara la direzione della politica italiana», tanto che letteralmente Moody's avverte che il rating sovrano dell'Italia «verrà ridotto se la nostra conclusione sarà che chiunque componga il prossimo governo italiano metterà in campo politiche di bilancio inadeguate a mettere il debito italiano in una rotta discendente di lungo periodo. La mancanza di un'agenda di riforme sufficiente ad assicurare crescita di lungo termine sarà ugualmente negativa per il rating», spiega ancora l'agenzia internazionale. Tradotto, significa che Moody's sospenderà il giudizio fino a che l'eventuale nuovo governo Cottarelli farà i compiti assegnati dall'Europa: riforme e taglio del debito. È chiaro che i mercati sanno che in caso di declassamento l'Italia sarà fuori dal programma di Quantitative easing e non potrà più usufruire dello scudo di Mario Draghi. La minaccia è patente: o un governo filoeuropeista o sfiliamo la copertura della Bce. Le conseguenze sono facilmente immaginabili. A cominciare dal comparto bancario. Le turbolenze dei mercati di questi giorni, se prolungate, rischiano di creare problemi sul fronte della raccolta e della capacità di erogare prestiti proprio nel momento in cui le banche italiane stavano uscendo dalla crisi riducendo i due principali fattori di rischio: crediti deteriorati ed esposizione ai titoli di Stato mentre il patrimonio si è rafforzato con le grandi operazioni, private e con il sostegno pubblico, su Mps e le venete. L'irrompere della tecnologia e una redditività ancora scarsa per le piccole impongono di proseguire nel contenimento delle spese e dei costi del personale oltre che trovare nuovi fonti di reddito offrendo servizi aggiuntivi. L'ingresso dei giganti del web nel comparto della finanza, da Paypal a Google passando per Amazon, impone di non innalzare barriere alla concorrenza in una sterile difesa delle proprie posizioni ma di valorizzare il grande patrimonio informativo sulle imprese offrendo nuovi servizi. Alla concorrenza firmata Silicon valley si aggiunge così l'instabilità continua delle norme sempre più stringenti in tema di patrimonializzazione degli istituti. Il prossimo 28 giugno a Bruxelles si deciderà il futuro dell'unione bancaria e c'è da scommettere che in tema di sofferenze le nostre banche ne usciranno ulteriormente penalizzate. Difficile sopportare uno spread così elevato. Gianluca De Maio
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 12 settembre con Carlo Cambi
iStock
Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
Continua a leggereRiduci
Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?