2025-01-15
Adesso tentano di rieducare anche Orwell
George Orwell e Anna Funder, autrice di un saggio polemico (Getty Images)
Il romanziere che ha formato generazioni e generazioni di occidentali alla libertà di pensiero viene ridotto dalle tardo femministe a un violento che detestava le donne (specie la moglie). Peccato che a molte di loro abbia insegnato a lottare contro le oppressioni.Di questi tempi nessuno è al sicuro. Nemmeno uno dei più grandi romanzieri della storia della letteratura mondiale, un uomo che ha legato per sempre il proprio nome alla lotta contro il totalitarismo e l’oppressione. Già, neppure George Orwell - autore della Fattoria degli animali e di 1984 - viene risparmiato dalla cultura della cancellazione, dalla gogna del moralismo anacronistico. Non importa che abbia educato alla libertà di pensiero generazioni e generazioni di uomini e donne d’Occidente. Non rileva che grazie ai suoi libri l’umanità abbia ottenuto gli strumenti culturali per individuare i segni della dittatura incipiente e del controllo sociale. Nelle librerie italiane è appena arrivato L’invisibile signora Orwell (Feltrinelli), una sorta di saggio polemico sotto forma di biografia (o viceversa) firmato dalla scrittrice australiana Anna Funder e incentrato sulla figura di Eileen O’Shaughnessy, prima moglie di George Orwell, al secolo Eric Blair, morta nel 1945 durante un intervento chirurgico di routine. In effetti, questa donna merita che si scrivano libri su di lei: fu coraggiosa e avventurosa, brillante e impegnata. Ma un conto è offrirle il palcoscenico che merita, un altro conto è sfruttarne i pregi per insinuare - come fa la Funder - che Orwell fosse in buona sostanza uno stronzo egocentrato e misogino, perfetto prodotto della cultura patriarcale. Che nelle opere di Orwell, 1984 in particolare, le donne rivestano ruoli marginali si sente dire da tempo. Tanto che di recente la scrittrice Sandra Newman ha dato alle stampe Julia, una versione (autorizzata dagli eredi) della distopia orwelliana dal punto di vista della compagna del protagonista Winston Smith. Il risultato è un romanzo non del tutto spiacevole, ma dell’operazione non si sentiva di sicuro il bisogno. Nella sorte di Winston si possono riconoscere tutti i lettori, maschi e femmine. E imporre una sorta di quota rosa a un classico appare una forzatura assolutamente rinunciabile. Anna Funder, nel suo saggio su Eileen, fa però di peggio. In buona sostanza sostiene che Orwell abbia scientemente cancellato la moglie da ogni racconto, persino da quelli più autobiografici. Che le abbia rubato non solo la scena ma anche la possibilità di esprimersi e di brillare nel bel mondo intellettuale, di fatto rendendola una sguattera al suo servizio. Non solo: il vecchio George l’avrebbe anche tradita ripetutamente, e questo nonostante fosse davvero scarso a letto. Sulle sue prestazioni deludenti la Funder si intrattiene parecchio. Presenta Orwell come un omofobo incattivito, e ciò le serve per insinuare che avesse sepolto le proprie tendenze omosessuali, da cui forse la freddezza tra le lenzuola. Avrebbe poi brigato per portarsi a letto altre donne oltre alla moglie proprio per rafforzare la propria virilità traballante. Non è tutto. Orwell si sarebbe macchiato pure di altri peccati: si sarebbe comportato come il peggiore dei colonialisti in Birmania (benché abbia tratto da quella esperienza uno dei romanzi più ferocemente anticoloniali di sempre), specie nei riguardi dei servi e delle donne. E pure durante l’esperienza spagnola avrebbe messo in ombra la sua legittima consorte glorificando sé stesso e sminuendo le imprese di lei. «Il patriarcato», scrive Anna Funder, «è una narrazione in cui tutti i personaggi principali sono uomini e il mondo è guardato dal loro punto di vista. Le donne sono il cast di contorno o una casta di non protagoniste. È una favola in cui viviamo tutti, così potente da aver sostituito la realtà. Non riusciamo a vedere nessun altro modo di narrare la nostra vita, nessun ruolo al di fuori di questi, perché non c’è modo di uscirne. In questa storia di fantasia, il trucco della sparizione ha due funzioni principali. Il primo è quello di far sparire ciò che lei fa (in modo da far sembrare che lui abbia fatto tutto da solo). Il secondo è quello di far sparire ciò che lui fa a una donna (in modo che possa risultare innocente). Questo trucco è il cuore di tenebra del patriarcato, il suo bipensiero». La scrittrice australiana usa le categorie orwelliane per rivoltarle contro il suo creatore, che nel libro diviene il grande antagonista, il perfido dittatore. «Leggendo le biografie ho cominciato a capire che così come ha permesso a Orwell di beneficiare del lavoro invisibile della moglie, il patriarcato ha permesso ai suoi biografi di dare l’impressione che abbia fatto tutto da solo», prosegue la Funder. «Per raccontare la sua storia scelgono i fatti in un mondo che li ha già selezionati a suo favore. Le tecniche narrative del patriarcato e della biografia si combinano senza soluzione di continuità, e le donne che hanno educato e nutrito Orwell, che lo hanno influenzato e aiutato, diventano scarti e ritagli sul tavolo da montaggio, impalcature da rimuovere una volta eretto l’edificio». Questo si potrebbe dire di tutti gli scrittori, sostanzialmente, e pure della grandissima parte delle scrittrici. Ma alla Funder interessa poco: la sua demolizione del mito Orwell è sistematica. «Il patriarcato è il bipensiero che permette a un uomo apparentemente “perbene” di comportarsi male con le donne, così come il colonialismo e il razzismo sono i sistemi che permettono a persone apparentemente “perbene” di fare cose indicibili ad altre persone», insiste la Funder. «Affinché gli uomini possano compiere le loro azioni e allo stesso tempo esserne innocenti, le donne devono essere umane, ma non del tutto, altrimenti si instaurerebbe un “senso di falsità e quindi di colpa”. Così si afferma che le donne hanno gli stessi diritti degli uomini, ma le minori quantità di tempo, denaro, status sociale e sicurezza di cui godiamo ci dicono che non è vero». È per raddrizzare questi torti che la Funder ha scritto il suo librone. È in nome dei diritti che ella procede alla scomposizione di Orwell, infamandolo da morto. Ed è così che il grande cantore della libertà viene ridotto a sfruttatore patriarcale, a cattivo amatore che ruba energie, tempo e idee alle donne. Anche se a molte di loro, probabilmente, ha insegnato che cosa significhi lottare contro l’oppressione.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.