2022-04-05
Usano l’orrore per portarci a un punto di non ritorno
I fatti di Bucha (che andrebbero accertati da un’indagine internazionale) pretesto per alzare sempre più toni e asticella. Sebbene lo stesso Volodymyr Zelensky ammetta che bisogna continuare a trattare, siamo su un piano inclinato che conduce dritto alla terza guerra mondiale. Nell’attesa si invocano sanzioni da kamikaze. Anche se la Germania per ora dice no al blocco delle forniture di gas. Che per l’Italia sarebbe una tragedia.Lentamente, tra immagini dell’orrore e minacce nucleari, stiamo scivolando verso la terza guerra mondiale. Da quando, il 24 febbraio, la Russia di Vladimir Putin ha invaso l’Ucraina, giorno dopo giorno i toni si alzano e i massacri crescono, con un’escalation che sembra non avere fine. Lo storico Niall Ferguson ne parla apertamente. Anzi, in un articolo uscito di recente su Bloomberg ripercorre la storia dei conflitti mondiali, per arrivare alla conclusione che non ci sono buone ragioni per essere ottimisti.«Spero che la guerra in Ucraina finisca presto. Spero che Putin se ne vada presto. Spero che non ci sia una cascata di conflitti in cui la guerra nell’Europa orientale sia seguita dalla guerra nel Medio Oriente e dalla guerra nell’Asia orientale. Soprattutto, spero che non si ricorra alle armi nucleari in nessuno dei punti caldi del conflitto mondiale». Tuttavia, conclude Ferguson, la storia e la scienza politica fanno temere che un conflitto prolungato in Ucraina sfoci proprio in ciò che tutti tendono a non nominare, quasi che non parlarne equivalga a scongiurare la catastrofe. Del resto, se la Polonia annuncia il via libera all’installazione nel proprio territorio di missili con testate nucleari e gli Stati Uniti, insieme con la Gran Bretagna, scelgono di inviare carri armati e batterie antiaeree, si capisce che ormai siamo su un piano inclinato che piano piano ci avvicina al peggio, ossia a un coinvolgimento bellico dell’intera Europa e della Nato. È difficile, infatti, fingere che i Paesi membri dell’Alleanza atlantica non stiano partecipando al conflitto in Ucraina. Forse da prima che la Russia passasse i confini per conquistare il Donbass e avanzare con i blindati verso Kiev l’Occidente sta rifornendo d’armi l’esercito di Volodymyr Zelensky e dopo l’invasione, i Paesi europei e gli Stati Uniti hanno comunicato ufficialmente la cessione all’Ucraina di un vero e proprio arsenale. La foglia di fico dietro a cui si sono nascosti i parlamenti, in particolare quello italiano, prevede che le armi siano classificate come strumento di difesa e non di offesa. Ma non serve un generale, basta anche un caporale per comprendere che un lanciarazzi può servire a fermare un blindato e anche a colpire altro. Infatti, in almeno un paio di occasioni l’esercito ucraino non si è messo sulla difensiva, ma è passato direttamente all’offensiva, facendo colare a picco una nave nel porto di Berdyansk e colpendo un deposito russo a Belgorod. Probabilmente, con i nuovi mezzi in arrivo dall’America e da altri Paesi, gli ucraini potranno colpire ancora più duro e il rischio che segnala Ferguson è un protrarsi della guerra, con la possibilità che Putin, sentendosi con le spalle al muro, reagisca nel peggiore dei modi. «Coloro che proclamano prematuramente la vittoria ucraina sembrano dimenticare che più nella guerra convenzionale la Russia è costretta a registrare una sconfitta, maggiore è la probabilità che Putin usi armi chimiche o una piccola arma nucleare». Insomma, quello che abbiamo visto a Bucha (su cui comunque sarebbe necessaria un’indagine internazionale che accertasse le responsabilità) potrebbe essere nulla se dovesse accadere ciò che Ferguson teme.Ciò detto, mentre tutti fremono d’indignazione per le immagini dei cadaveri con le mani legate abbandonati nei sobborghi di Kiev, c’è un altro aspetto da tener presente. Ed è che, mentre i governi europei decidono sanzioni e l’invio di armamenti contro la Russia che rischiano di far male anche a chi le impone, nei Paesi chiamati al voto la popolazione sembra esprimersi più con cautela, scegliendo la strada del cessate il fuoco più che quella dei combattimenti. So che si obietterà che a votare sono stati gli ungheresi e i serbi e non gli italiani, i francesi o i tedeschi. Tuttavia, a Budapest non hanno certo in simpatia i carri armati di Mosca. Eppure, hanno scelto la linea non interventista di Viktor Orban, che condanna l’invasione, ma vuole tenersi alla larga dal conflitto. Più o meno quello che hanno fatto i serbi, votando Aleksandar Vucic. Qualcuno troverà la spiegazione nell’origine slava degli abitanti di Belgrado, impossibile da rintracciare però nella popolazione magiara. La realtà è che in maggior parte nessuno ha voglia di imbarcarsi in una guerra, mondiale o no. Ne fanno fede anche i sondaggi registrati da alcune televisioni, che hanno interpellato gli italiani chiedendo loro se fossero contrari all’invio di armi in Ucraina. La risposta è stata netta: il 55 per cento non approva e solo il 35 si dichiara favorevole. Tutti codardi? Tutti insensibili di fronte alle immagini di morte che ogni sera ci entrano in casa? No. Tutti sensibili, tutti concreti: probabilmente più di tanti che discutono di guerra come se fosse uno di quei conflitti che si scatenano in Parlamento. Paradossalmente, gli italiani (e probabilmente gli europei) comprendono quello che sta succedendo meglio di tanti politici e credo la pensino proprio come Ferguson, temendo quel piano inclinato che lentamente ci fa scivolare dove non vorremmo mai arrivare.
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La consulenza super partes parla chiaro: il profilo genetico è compatibile con la linea paterna di Andrea Sempio. Un dato che restringe il cerchio, mette sotto pressione la difesa e apre un nuovo capitolo nell’indagine sul delitto Poggi.
La Casina delle Civette nel parco di Villa Torlonia a Roma. Nel riquadro, il principe Giovanni Torlonia (IStock)
Dalle sue finestre vedeva il Duce e la sua famiglia, il principe Giovanni Torlonia. Dal 1925 fu lui ad affittare il casino nobile (la villa padronale della nobile casata) per la cifra simbolica di una lira all’anno al capo del Governo, che ne fece la sua residenza romana. Il proprietario, uomo schivo e riservato ma amante delle arti, della cultura e dell’esoterismo, si era trasferito a poca distanza nel parco della villa, nella «Casina delle Civette». Nata nel 1840 come «capanna svizzera» sui modelli del Trianon e Rambouillet con tanto di stalla, fu trasformata in un capolavoro Art Nouveau dal principe Giovanni a partire dal 1908, su progetto dell’architetto Enrico Gennari. Pensata inizialmente come riproduzione di un villaggio medievale (tipico dell’eclettismo liberty di quegli anni) fu trasformata dal 1916 nella sua veste definitiva di «Casina delle civette». Il nome derivò dal tema ricorrente dell’animale notturno nelle splendide vetrate a piombo disegnate da uno dei maestri del liberty italiano, Duilio Cambellotti. Gli interni e gli arredi riprendevano il tema, includendo molti simboli esoterici. Una torretta nascondeva una minuscola stanza, detta «dei satiri», dove Torlonia amava ritirarsi in meditazione.
Mussolini e Giovanni Torlonia vissero fianco a fianco fino al 1938, alla morte di quest’ultimo all’età di 65 anni. Dopo la sua scomparsa, per la casina delle Civette, luogo magico appoggiato alla via Nomentana, finì la pace. E due anni dopo fu la guerra, con villa Torlonia nel mirino dei bombardieri (il Duce aveva fatto costruire rifugi antiaerei nei sotterranei della casa padronale) fino al 1943, quando l’illustre inquilino la lasciò per sempre. Ma l’arrivo degli Alleati a Roma nel giugno del 1944 non significò la salvezza per la Casina delle Civette, anzi fu il contrario. Villa Torlonia fu occupata dal comando americano, che utilizzò gli spazi verdi del parco come parcheggio e per il transito di mezzi pesanti, anche carri armati, di fatto devastandoli. La Casina di Giovanni Torlonia fu saccheggiata di molti dei preziosi arredi artistici e in seguito abbandonata. Gli americani lasceranno villa Torlonia soltanto nel 1947 ma per il parco e le strutture al suo interno iniziarono trent’anni di abbandono. Per Roma e per i suoi cittadini vedere crollare un capolavoro come la casina liberty generò scandalo e rabbia. Solo nel 1977 il Comune di Roma acquisì il parco e le strutture in esso contenute. Iniziò un lungo iter burocratico che avrebbe dovuto dare nuova vita alle magioni dei Torlonia, mentre la casina andava incontro rapidamente alla rovina. Il 12 maggio 1989 una bimba di 11 anni morì mentre giocava tra le rovine della Serra Moresca, altra struttura Liberty coeva della casina delle Civette all’interno del parco. Due anni più tardi, proprio quando sembrava che i fondi per fare della casina il museo del Liberty fossero sbloccati, la maledizione toccò la residenza di Giovanni Torlonia. Per cause non accertate, il 22 luglio 1991 un incendio, alimentato dalle sterpaglie cresciute per l’incuria, mandò definitivamente in fumo i progetti di restauro.
Ma la civetta seppe trasformarsi in fenice, rinascendo dalle ceneri che l’incendio aveva generato. Dopo 8 miliardi di finanziamenti, sotto la guida della Soprintendenza capitolina per i Beni culturali, iniziò la lunga e complessa opera di restauro, durata dal 1992 al 1997. Per la seconda vita della Casina delle Civette, oggi aperta al pubblico come parte dei Musei di Villa Torlonia.
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Oltre quaranta parlamentari, tra cui i deputati di Forza Italia Paolo Formentini e Antonio Giordano, sostengono l’iniziativa per rafforzare la diplomazia parlamentare sul corridoio India-Middle East-Europe. Trieste indicata come hub europeo, focus su commercio e cooperazione internazionale.
È stato ufficialmente lanciato al Parlamento italiano il gruppo di amicizia dedicato all’India-Middle East-Europe Economic Corridor (IMEC), sotto la guida di Paolo Formentini, vicepresidente della Commissione Affari esteri, e di Antonio Giordano. Oltre quaranta parlamentari hanno già aderito all’iniziativa, volta a rafforzare la diplomazia parlamentare in un progetto considerato strategico per consolidare i rapporti commerciali e politici tra India, Paesi del Golfo ed Europa. L’Italia figura tra i firmatari originari dell’IMEC, presentato ufficialmente al G20 ospitato dall’India nel settembre 2023 sotto la presidenza del Consiglio Giorgia Meloni.
Formentini e Giordano sono sostenitori di lunga data del corridoio IMEC. Sotto la presidenza di Formentini, la Commissione Esteri ha istituito una struttura permanente dedicata all’Indo-Pacifico, che ha prodotto raccomandazioni per l’orientamento della politica italiana nella regione, sottolineando la necessità di legami più stretti con l’India.
«La nascita di questo intergruppo IMEC dimostra l’efficacia della diplomazia parlamentare. È un terreno di incontro e coesione e, con una iniziativa internazionale come IMEC, assume un ruolo di primissimo piano. Da Presidente del gruppo interparlamentare di amicizia Italia-India non posso che confermare l’importanza di rafforzare i rapporti Roma-Nuova Delhi», ha dichiarato il senatore Giulio Terzi di Sant’Agata, presidente della Commissione Politiche dell’Unione europea.
Il senatore ha spiegato che il corridoio parte dall’India e attraversa il Golfo fino a entrare nel Mediterraneo attraverso Israele, potenziando le connessioni tra i Paesi coinvolti e favorendo economia, cooperazione scientifica e tecnologica e scambi culturali. Terzi ha richiamato la visione di Shinzo Abe sulla «confluenza dei due mari», oggi ampliata dalle interconnessioni della Global Gateway europea e dal Piano Mattei.
«Come parlamentari italiani sentiamo la responsabilità di sostenere questo percorso attraverso una diplomazia forte e credibile. L’attività del ministro degli Esteri Antonio Tajani, impegnato a Riad sul dossier IMEC e pronto a guidare una missione in India il 10 e 11 dicembre, conferma l’impegno dell’Italia, che intende accompagnare lo sviluppo del progetto con iniziative concrete, tra cui un grande evento a Trieste previsto per la primavera 2026», ha aggiunto Deborah Bergamini, responsabile relazioni internazionali di Forza Italia.
All’iniziativa hanno partecipato ambasciatori di India, Israele, Egitto e Cipro, insieme ai rappresentanti diplomatici di Germania, Francia, Stati Uniti e Giordania. L’ambasciatore cipriota ha confermato che durante la presidenza semestrale del suo Paese sarà dedicata particolare attenzione all’IMEC, considerato strategico per il rapporto con l’India e il Medio Oriente e fondamentale per l’Unione europea.
La presenza trasversale dei parlamentari testimonia un sostegno bipartisan al rapporto Italia-India. Tra i partecipanti anche la senatrice Tiziana Rojc del Partito democratico e il senatore Marco Dreosto della Lega. Trieste, grazie alla sua rete ferroviaria merci che collega dodici Paesi europei, è indicata come principale hub europeo del corridoio.
Il lancio del gruppo parlamentare segue l’incontro tra il presidente Meloni e il primo ministro Modi al G20 in Sudafrica, che ha consolidato il partenariato strategico, rilanciato gli investimenti bilaterali e discusso la cooperazione per la stabilità in Indo-Pacifico e Africa. A breve è prevista una nuova missione economica guidata dal vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Tajani.
«L’IMEC rappresenta un passaggio strategico per rafforzare il ruolo del Mediterraneo nelle grandi rotte globali, proponendosi come alternativa competitiva alla Belt and Road e alle rotte artiche. Attraverso la rete di connessioni, potrà garantire la centralità economica del nostro mare», hanno dichiarato Formentini e Giordano, auspicando che altri parlamenti possano costituire gruppi analoghi per sostenere il progetto.
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