
Assunzioni pilotate dai sindacati, mediocri graziati da padrini interni. Il sistema di reclutamento dei giovani musicisti è distorto e fa scappare all'estero i veri talenti. Bisogna tornare alla meritocrazia e alla flessibilità, vero pungolo per promuovere la qualità.Il sistema di reclutamento dei giovani musicisti nelle nostre orchestre italiane (le poche rimaste) è alquanto obsoleto e, per certi versi, sottostà a logiche corporative. È un meccanismo ormai rodato, anche se supportato da fonti normative e contrattuali a volte discordanti e mal coniugate tra loro. Funziona? Non per tutti. Spesso, per le migliaia di giovani strumentisti appena usciti dai Conservatori di musica con eccellenti diplomi e dopo un decennio di seri studi e master di perfezionamento, diventa un muro invalicabile che piano piano porta allo sconforto e poi all'abbandono. Spesso si è giudicati non per come si suona, ma per altre ragioni spesso inconfessabili, con il risultato poi di non essere reclutati.Da musicista e da docente è un grido di dolore che lancio. È triste assistere alla crescita di meravigliosi talenti, vederli completare i loro studi con l'eccellenza, raccoglierne nei corridoi le aspettative sul loro futuro e dopo qualche anno constatare che campano non come musicisti, ma con un altro lavoro. Per oltre dieci anni hanno studiato 3-5 ore al giorno, affrontando tutto il repertorio e le varie commissioni d'esame. Al momento del diploma erano al top della loro preparazione. In ogni orchestra avrebbero portato quel quid di bravura e freschezza importante e vitale per ogni orchestra. Poi la lunga trafila dei concorsi per cercare una posizione lavorativa. Alcuni di essi, potendo, hanno partecipato ad analoghe audizioni presso orchestre straniere e sono stati subito assunti e ora portano alta la bandiera musicale dell'Italia all'estero. Paradigmatica è la testimonianza, che si può leggere in internet su Berlino Magazine, della flautista padovana Linda Zanetti e la sua audizione alla Staatsoper di Berlino con Daniel Barenboim, che la prese in orchestra nonostante avesse un curriculum vitae quasi vuoto. L'ascoltò, le piacque e la scritturò. In Italia una tale situazione sarebbe stata pura utopia con, magari, il povero maestro Barenboim pure denunciato da qualcuno per non aver rispettato le regole sindacali.Diciamocelo, uno strumentista dev'essere valutato per come suona, non per le appartenenze o tramite concorsi ammaestrati. Tutto ciò è inaccettabile in una società civile, che dedica a questi giovani molte risorse per formarli. Dieci anni di formazione di uno studente in Conservatorio costa molti denari alla collettività fra corpo docente, strutture e attività didattica. Dobbiamo favorire il loro ingresso nel mondo del lavoro, non operare affinché si stanchino nel tentare e spingerli ad abbandonare o ad affiliarsi con questo o l'altro strumentista che poi sarà in commissione, o iscriversi a questo o all'altro sindacato. Usciamo da questi vincoli mortificanti e ripristiniamo la legalità musicale, apriamoci al talento, diamo fiducia e spazio ai giovani, rispettandone il loro valore e il loro amore per la musica. Cosa non funziona? È il meccanismo che ci siamo dati che non funziona e che andrebbe totalmente rivisto. Se dagli anni Sessanta in poi l'esigenza era stata quella della stabilizzazione per dare dignità lavorativa al mondo della musica, ora l'esigenza è quella di offrire opportunità lavorative a un settore che da alcuni decenni offre molti addetti. È il lavoro (e la flessibilità dello stesso) che dev'essere messo al centro. Oltre a ciò, la nascita di ulteriori orchestre e l'esigenza di puntare sulla qualità, sul rilancio artistico, sull'innovazione e su forze nuove e fresche. Mi chiedo perché una fra le più blasonate orchestre mondiali, la London Symphony Orchestra, non faccia concorsi e non scritturi stabilmente nessuno dei suoi orchestrali, ma si affidi al mercato facendo audizioni e scegliendo le eccellenze del momento scritturandole poi «a progetto». Magari anche per tre anni, ma sempre a progetto. Noi, invece, abbiamo il sogno della stabilità, del cosiddetto posto fisso e della certezza salariale. Lo pretendiamo anche se, in molti casi, non sempre la stabilità si accompagna alla qualità. Purtroppo, lo sentiamo spesso nei nostri teatri e ascoltando talune orchestre. La stabilità nell'arte è un ossimoro, è una contraddizione in termini. La non stabilità è uno stimolo a mantenere il livello raggiunto e a rinnovarsi per conservare la posizione acquisita.Certo, l'articolo 9 della Costituzione è bellissimo e imperativo, ma non dev'essere usato come un randello per ottenere benefit e iterazione di uno stato di cose non più sostenibile. Dovrebbe garantire entrambi nella società, operatori e beneficiari. Siamo sicuri che ciò avvenga? Le fondazioni lirico-sinfoniche, in presenza di determinate condizioni, sono tenute a bandire i concorsi ogni qual volta intendano assumere un lavoratore stabile per completare le piante organiche e, così facendo, tenere altresì a bada i sindacati i quali, avendo anch'essi necessità di nuovi iscritti, da par loro sollecitano la controparte affinché li bandisca. Spesso vi partecipano dei giovani bravissimi che sono portati fino alla finale del concorso medesimo ma poi, guarda caso, non viene stilata una graduatoria di merito, ma ci si ferma all'ormai noto «nessun idoneo». In alcuni casi voluto dalla direzione per non incorrere in assunzioni stabili (che costano), ma altresì spesso voluto anche da alcune prime parti in commissione, che non vogliono prendersi in casa qualcuno più bravo di loro stessi. La colleganza, sappiamo, è odio latente. In questo modo, si procederà poi con delle assunzioni a termine, dove «l'allievo di» o «la fidanzata di» o «il fratello di» troverà contezza contrattuale, fortificato dal diritto di prelazione che, in buona sostanza, è un mezzo legalizzato per ostacolare la meritocrazia.Il decreto legislativo 81/2015 è esplicito in fatto di diritti di precedenza del personale aggiunto: indipendentemente dal fatto che si abbia superato un concorso pubblico, per il solo fatto di essere stato assunto per un solo giorno come lavoratore aggiunto all'interno di un periodo stagionale, ottieni la titolarità di essere preferito ad altri e richiamato per la prossima stagione. Non conta se si è bravo o se magari si ha dimostrato durante il breve periodo contrattuale (spesso sette giorni) di non valere nulla (data la brevità del contratto il datore di lavoro difficilmente potrà applicare un periodo di prova), ma è sufficiente che l'artista sia entrato sul palcoscenico o nel golfo mistico per un solo giorno! Anche questo è un meccanismo ormai ben oliato. Cosa bisognerebbe fare? Purtroppo è il meccanismo del funzionamento delle assunzioni lavorative che non funziona così com'è ora normato. Le leggi all'interno del diritto del lavoro non sono coniugate (legge 100-2010, legge 112-2013, decreto legislativo 81-2015, legge 160-2017) e il substrato che si è creato diventa sabbie mobili per chi ha il dovere di garantire la certezza della spesa pubblica e il pareggio di bilancio, al fine di essere scagionato da una azione di responsabilità per danno erariale. La soluzione sarebbe quella di liberalizzare il rapporto di lavoro nelle assunzioni delle componenti artistiche delle fondazioni lirico-sinfoniche con contratti stagionali e sganciate da piante organiche ormai obsolete e insostenibili. Non concorsi, ma audizioni con libertà di assunzione sulla base delle esigenze di calendario e dei propri bilanci, utilizzando anche formule dinamiche e flessibili (contratto job on call). Solo in questo modo possiamo garantire l'accesso ai molti bravissimi strumentisti giovani che attendono di poter suonare.I più bravi attualmente presenti nelle orchestre non avranno certo problemi di restare nella stessa orchestra anche per più anni, ma i mediocri saranno certamente esclusi e faranno posto a giovani di talento. Ne trarrà beneficio sia la qualità di quella fondazione sia altresì il pubblico pagante. Si innescherà una catena virtuosa che finalmente porterà le attuali strutture teatrali a gestirsi autonomamente e con autorevolezza e prestigio senza la continua elemosina statale per mantenere organici scandenti e sovradimensionati. Tutto questo era quello che si doveva fare nel 1996 al momento della trasformazione degli allora enti Lirici (legge 800/1967) in Fondazioni di diritto privato (legge 367/1996) ma allora il ministro Walter Veltroni non ebbe la forza (o la volontà) di attuarlo, lasciando poi il lavoro a metà del guado e favorendo con ciò il proliferare del disastro attuale.
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