2018-08-01
Ora Trump schiera la cavalleria: in arrivo investimenti Usa in Italia
I fondi potrebbero arginare l'aumento dello spread a ottobre, durante la discussione della manovra, come avvenuto a giugno. Possibili partnership nel campo della difesa. Voci sull'ingresso di Elliott in Carige.Washington è sempre più vicina a Khalifa Haftar (nemico del governo ufficiale), che potrebbe produrre 800.000 barili di oro nero al giorno. Per questo vuole il sostegno di Roma contro Parigi.Lo speciale contiene due articoliCaro Giuseppe, caro Donald. Si riassume così l'invito a cena di Trump con tanto di foto cortesia per Conte nella stanza Ovale. Per gli Stati Uniti l'Italia è uno strumento utile. Il nostro governo è disposto ad approfittarne per ricavarsi un nuovo spazio geopolitico dentro l'Europa e nel Maghreb. Trump è un commerciante nell'anima. È chiaro che il grande spot che lunedì sera è andato in onde a reti unificate ha un prezzo per gli Usa, e l'avrà anche per l'Italia. Se i due Paesi si fidanzano, ciascuno dei due dovrà adempiere, fatte le dovute proporzioni, ai doveri coniugali. «L'Italia è un grande Paese sul quale investire», ha spiegato Trump, promettendo al governo gialloblù un sostegno concreto. Un sostegno economico. Il messaggio era rivolto chiaramente a Wall Street, e vale per due diverse situazioni. La prima nel breve termine e la seconda nel lungo. A ottobre ci sarà da ballare. L'ha ammesso candidamente anche il leghista Giancarlo Giorgetti. La manovra sarà bollente e l'Unione europea farà i conti al centesimo. Lo spread potrebbe salire come accaduto in concomitanza con l'insediamento di Conte e addirittura come nel 2011, quando Silvio Berlusconi lasciò Palazzo Chigi. Servirà la cavalleria a stelle e strisce, e non solo un intervento sporadico come quello registrato lo scorso primo giugno. Bridgewater, Aqr, Glg e Ahl sono stati in prima fila negli acquisti di Btp ma a ingrossare il gruppo, dopo gli avamposti di Citi e Jp Morgan, si sono messi Blackrock, Pimco, Prudential e Dodge & Cox. Tutti fondi pronti a fare man bassa di titoli a prezzi scontati, ma la tipologia degli acquisti dimostra qualcosa d'altro. Il primo effetto dell'ingresso massiccio americano è stato quello di bilanciare i rendimenti e di mitigare al ribasso l'andamento dello spread sul Bund tedesco. Ben 4 miliardi di Bot su un paniere di poco superiore ai 5, scriveva il Messaggero, sarebbe finito a Citi e Jp Morgan. Ma a indicare che oltre al fattore prezzo c'è anche un segnale politico sono le posizioni «lunghe». Alcuni osservatori suggeriscono che tra i nomi dei buyer spuntano manager vicini al mondo repubblicano. Non è un caso se nella lista non compare Goldman Sachs, storico simpatizzante del versante democratico. Non è più una coincidenza, ora che Trump è uscito allo scoperto. Tutti i nomi protagonisti delle giornate di turbolenza a giugno sarebbero pronti a calmierare la tempesta di ottobre. Almeno nel caso si rendesse necessario intervenire. Ma a Trump preme anche un altro tipo di investimenti. Sono industriali, riguardano il manifatturiero e soprattutto il settore della Difesa.La banca d'affari Morgan Stanley è recentemente entrata nel capitale di Dema, un'azienda iperspecializzata di Pomigliano d'Arco, area di provenienza di Luigi Di Maio. Blackrock starebbe valutando investimenti tra Campania e Puglia, sempre nel settore dell'aerospazio. Ma a finire nel mirino Usa è stato anche il treno Italo, e il fondo Elliott è impegnato su molti fronti. Dopo il Milan e l'ingresso a gamba tesa in Tim con l'intento di bloccare le mosse del finanziere bretone Vincent Bolloré, le sale operative diffondono rumor di un probabile ingresso in Carige. Sarebbe un enorme colpo di scena, ed eviterebbe al governo gialloblù il rischio di avere una bomba pronta a esplodere (la Bce ha chiesto di rivedere entro novembre il piano industriale e il capitale) proprio in concomitanza con la Finanziaria 2019. Certo, Trump ha anche fatto sapere a Conte che ci sono circa 30 miliardi di squilibrio commerciale e l'Italia dovrà in qualche modo colmarli a favore degli Usa. Certo, se i colossi investono nelle fabbriche del comparto Difesa, Trump si aspetta in cambio che i soldi poi tornino a Lockheed martin o Boeing. Sono partite di giro. E al tempo stesso si compensa lo squilibrio commerciale sul quale il presidente americano si sta giocando la partita delle future elezioni interne. Trump ha messo altri paletti. Gli italiani non dovranno lasciare l'Afghanistan, così come il gasdotto Tap (che è strategico per l'America) non si dovrà mai mettere in discussione. Un chiaro messaggio ai 5 stelle che dicono «no» a qualunque infrastruttura compreso il Muos (infrastruttura d'intelligence della Marina Usa) in Sicilia. Il tribunale, tre mesi, fa ha dato l'ok ai cantieri e ora nessuno dovrà più fiatare: senza le antenne di Mazzarino la struttura Usa che copre i cinque continenti non potrà partire. Trump è stato chiaro con Conte. Siamo amici, e gli amici si aiutano a vicenda. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ora-trump-schiera-la-cavalleria-in-arrivo-investimenti-usa-in-italia-2591540239.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="the-donald-punta-al-petrolio-libico" data-post-id="2591540239" data-published-at="1761935714" data-use-pagination="False"> The Donald punta al petrolio libico Le strette di mano tra Donald Trump e Giuseppe Conte sono interessate. Anche se c'è fuori da ogni dubbio una simpatia reciproca. L'Italia per gli Stati Uniti è tornata a essere centrale nei rapporti con l'Europa e con la sponda Sud del Mediterraneo. I droni che per almeno tre settimane hanno bombardato l'area di Derna e di Ras Lanuf in Cirenaica sono partiti da Sigonella e il riavvicinamento del nostro Paese all'Egitto guidato da Abd Al Fattah Al Sisi è avvenuto con la benedizione della Casa Bianca. Al tempo stesso le parole di Trump durante l'incontro con Conte aprono un nuovo capitolo sul futuro della Libia. L'inquilino della Casa Bianca ha detto chiaramente che sull'ex nazione di Muhammar Gheddafi il modello da seguire è quello di Roma. Significa che sui migranti deve passare la linea dura e al tempo stesso qualunque presenza militare dovrà essere supervisionata dalla Nato in quanto azionista degli Stati Uniti. La mossa spinge però in una sola direzione. Più business petrolifero e meno traffico di immigrati. L'idea è quella di riportare dollari sul suolo libico dalle pipeline e ridurre la presenza di altri affari illeciti. La scorsa settimana Mustafa Sanalla, il capo della Noc, National oil corporation, ha chiesto all'Onu sanzioni per 48 persone fisiche accusate di vendere illegalmente petrolio proveniente da Bengasi. Ha il timore che il governo di Khalifa Haftar possa far partire l'export di greggio dalla Cirenaica e ne ha tutte le ragioni. L'area sarebbe a oggi in grado (stando alle stime di Bloomberg) di esportare qualcosa come 800.000 barili al giorno. Tantissimo se si calcola che la Noc ufficiale, quella con sede a Tripoli, non riesce a venderne più di 700.000 al giorno. Nell'arco degli ultimi due mesi, Haftar ha riconquistato il porto di Derna e i terminal attorno a Ras Lanuf. I funzionari della Noc presenti in Cirenaica lo scorso anno hanno disertato e messo in atto una secessione. La spaccatura ha permesso l'infiltrazione di molte milizie proveniente dal Chad che sono riuscite a vendere numerosi ma ridotti quantitativi di greggio sul mercato illegale di Malta. Il 26 giugno scorso il portavoce dell'Lna, il Libyan national army, ha celebrato la messa in sicurezza dei terminali petroliferi, aggiungendo che molti combattenti di Bengasi sono morti per questo. Un modo per mandare un telegramma al governo di Fayez Al Sarraj e far capire che una volta preso il controllo della Noc di Cirenaica Haftar non è disposto a mollarla. Da qui l'allarme lanciato da Senalla. Il quale però stando a quanto risulta alla Verità non starebbe facendo i conti con l'oste. È vero che la scorsa settimana una nave battente bandiera della Isole Marshall ha cercato di fare il pieno dalle parti di Ras Lanuf, ma è stata costretta dalla Guardia costiera libica (che dipende da Tripoli) a fare marcia indietro. È rimasta al largo di Malta perché potrebbe presto fare ritorno. Tra i più interessati a immettere sul mercato il greggio della Cirenaica sono infatti gli americani che potrebbero spostare il loro peso politico sulla bilancia di Haftar in via definitiva. Prima l'hanno sostenuto con le armi e in questo modo hanno assottigliato l'influenza francese in tutta l'area. Adesso manca il passo successivo. Cioè permettere al governo di Tobruk di avere fondi necessari per riaprire la scena politica, organizzare elezioni e tentare la riunificazione della Libia. Se Haftar potrà contare su 800.000 barili al giorno senza alcuna sanzione Onu, ma con il beneplacito degli Usa, presto potrà chiedere che i soldi del fondo sovrano Lia vengano scongelati. E con quelli avviare il processo di costruzione. Agli Usa serve una compagnia petrolifera sul terreno - potrebbe essere la Marathon oil che non ha mai di fatto abbandonato l'area di Tobruk e Beghasi - e un Paese disposto a sostenere la nuova strategia. La nazione in questione si chiama Italia.
Ecco #DimmiLaVerità del 31 ottobre 2025. Ospite il senatore di FdI Guido Castelli. L'argomento del giorno è: " I dettagli della ricostruzione post terremoto in Italia Centrale"
Foto Pluralia
La XVIII edizione del Forum Economico Eurasiatico di Verona si terrà il 30 e 31 ottobre 2025 al Çırağan Palace di Istanbul. Tema: «Nuova energia per nuove realtà economiche». Attesi relatori internazionali per rafforzare la cooperazione tra Europa ed Eurasia.
Il Forum Economico Eurasiatico di Verona si sposta quest’anno a Istanbul, dove il 30 e 31 ottobre 2025 si terrà la sua diciottesima edizione al Çırağan Palace. L’evento, promosso dall’Associazione Conoscere Eurasia in collaborazione con la Roscongress Foundation, avrà come tema Nuova energia per nuove realtà economiche e riunirà rappresentanti del mondo politico, economico e imprenditoriale da decine di Paesi.
Dopo quattordici edizioni a Verona e tre tappe internazionali — a Baku, Samarcanda e Ras al-Khaimah — il Forum prosegue il suo percorso itinerante, scegliendo la Turchia come nuova sede di confronto tra Europa e spazio eurasiatico. L’obiettivo è favorire il dialogo e le opportunità di business in un contesto geopolitico sempre più complesso, rafforzando la cooperazione tra Occidente e Grande Eurasia.
Tra le novità di questa edizione, un’area collettiva dedicata alle imprese, pensata come piattaforma di incontro tra aziende italiane, turche e russe. Lo spazio offrirà l’occasione di presentare progetti, valorizzare il made in Italy, il made in Turkey e il made in Russia, e creare nuove partnership strategiche.
La Turchia, ponte tra Est e Ovest
Con un PIL di circa 1.320 miliardi di dollari nel 2024 e una crescita stimata al +3,1% nel 2025, la Turchia è oggi la 17ª economia mondiale e membro del G20 e dell’OCSE. Il Paese ha acquisito un ruolo crescente nella sicurezza e nell’economia globale, anche grazie alla sua industria della difesa e alla posizione strategica nel Mar Nero.
I rapporti con l’Italia restano solidi: nel 2024 l’interscambio commerciale tra i due Paesi ha toccato 29,7 miliardi di euro, con un saldo positivo per l’Italia di oltre 5,5 miliardi. L’Italia è il quarto mercato di destinazione per l’export turco e il decimo mercato di sbocco per quello italiano, con oltre 430 imprese italiane già attive in Turchia.
Nove sessioni per raccontare la nuova economia globale
Il programma del Forum si aprirà con una sessione dedicata al ruolo della Turchia nell’economia mondiale e proseguirà con nove panel tematici: energia e sostenibilità, cambiamento globale, rilancio del manifatturiero, trasporti e logistica, turismo, finanza e innovazione digitale, produzione alimentare e crescita sostenibile.
I lavori si svolgeranno in italiano, inglese, russo e turco, con partecipazione gratuita previa registrazione su forumverona.com, dove sarà disponibile anche la diretta streaming. Il percorso di avvicinamento all’evento sarà raccontato dal magazine Pluralia.
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