2022-08-07
Ora ai climatologi fa gola la poltrona
Cinque scienziati hanno firmato una lettera aperta su Repubblica per parlare di meteo e inquinamento. Offrendosi come super consulenti del prossimo governo.«Lettera aperta degli scienziati del clima», titola Repubblica, ma avrebbe dovuto titolare «Lettera aperta di cinque scienziati del clima». Con un titolo affrettato il quotidiano romano ha rovinato così sul nascere la credibilità di quella lettera (sottoscritta finora da 80.000 attivisti). Perché trattasi non «degli scienziati del clima», ma di cinque cristiani che si sono industriati a copiare (rovesciata) la pensata che ebbero un migliaio di loro colleghi che nel 2019 scrissero analoga lettera. Questi ultimi avvertivano i politici ai massimi livelli - parliamo, a livello internazionale, del Segretario generale dell’Onu e, a livello italiano, dei presidenti della Repubblica, del Parlamento e del Consiglio dei ministri - che, ai fini di preservare l’ambiente, bisogna in primo luogo, senz’altro, combattere l’inquinamento, in secondo luogo segnalavano che però la Co2 non è un inquinante, e infine affermavano che, ai fini della protezione da cambiamenti meteorologici spiacevoli e, a volte, disastrosi, bisogna industriarsi ad adattarvisi. Per dire: se vogliamo evitare che un periodo siccitoso ci colga di sorpresa o che una pioggerellina, pur piccola ma sorprendentemente persistente, induca devastanti frane, bisogna far lavorare geologici e ingegneri idraulici prima che gli eventi detti possano travolgerci. Sperare di evitarli installando pale eoliche e pannelli fotovoltaici è roba che può passare solo nelle teste geniali di quei capolavori dei Verdi, circostanza che ha compreso perfino Enrico Letta che, appunto, si guarda bene dall’imbarcarseli nella sua pur multicolore barca, che per ricchezza di fauna rammenta quella di Noè.Desiderosi di far sapere all’universo mondo che ci sono anche loro, i cinque che secondo Repubblica sarebbero gli scienziati del clima dell’universo mondo, di lettera si son fatti la propria, e in essa, senza mezzi termini, dichiarano di essere - loro e il piccolo problema scientifico di cui si son fatti carico - l’ombelico del mondo: «Ci appare urgente porre questo problema in cima all’agenda politica», tuonano. Bum! Voi credevate che vi sarebbero problemi più rispettabili, tipo: la questione sanitaria o quella energetica, entrambe criticamente precarie; o la disoccupazione e l’inflazione, entrambe pericolosamente cresciute. No, secondo i cinque, in cima all’agenda politica deve esserci il loro problema climatico. E che essi intendano proprio quello loro, di problema, è indubbio, visto che chiudono la loro missiva mettendosi a disposizione del futuro governo «per fornire il nostro contributo per elaborare soluzioni e azioni concrete...». Come dire: chiunque vinca le elezioni - ehi! - ci siamo anche noi per un incarico, una consulenza, una poltroncina o anche uno strapuntino. E suggeriscono anche da dove il futuro governo possa prendere il denaro necessario: «Investendo con decisione e celerità le risorse peraltro disponibili del Pnrr». Quel che non mi è chiaro, nella missiva, è questo: essi, prima, esordiscono avvertendo di quanto la situazione sia particolarmente critica - e ti pareva - per l’Italia «che risente più di altre zone del mondo dei cambiamenti climatici», ma poi continuano proponendo che noi, in Italia, «dobbiamo spingere sulla riduzione delle nostre emissioni di gas serra, decarbonizzando l’economia». Alle cinque teste d’uovo non sovviene che anche se l’Italia azzerasse oggi stesso le emissioni di gas serra, v’è là fuori un mondo che di gas serra ne emette cento volte di più. Insomma, signori cinque climatologi: la vostra consulenza non ci impedirà di morire di caldo. Ma grazie a essa, prima che di caldo, saremo morti per fame.
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