2020-03-29
Onoranze funebri pronte a scioperare: «Senza protezioni seminiamo la morte»
A Bergamo, chi si occupa dei defunti incrocerà le braccia da domani. «Siamo un pericolo per gli anziani e i disabili».«Così rischiamo di diventare veicolo del virus. Non abbiamo protezioni, non ci fanno tamponi, non ci danno nulla di nulla. Se non otteniamo risposte immediate dalle autorità, lunedì ci fermiamo». In provincia di Bergamo la misura è colma, soprattutto per chi in questi giorni sta sopportando il peso più gravoso dell'emergenza: bare e tumulazioni. Gli addetti alle pompe funebri sono allo stremo: hanno già avuto tre vittime, hanno il 20% di loro ricoverati in ospedale, e tuttavia non riescono a ottenere dalla Protezione civile e dalle autorità sanitarie nulla di quello che chiedono, a partire dalla mascherine e dagli esami. «La sicurezza dei cittadini è a rischio», dicono ora, «e deve essere garantita, anche a costo della sopravvivenza delle loro aziende». Di qui la notizia, davvero clamorosa. Non uno «sciopero» tradizionale, spiegano, ma un rompete le righe dettato dal timore di diventare strumenti di contagio, una forma estrema di autotutela. Le imprese di onoranze funebri della Bergamasca spiegano che sono costretti a fermarsi «per tutelare così la vita e la salute dei cittadini». Dopo le prime telefonate d le segnalazioni che sono arrivate alla Verità, dagli amici incontrati in questi giorni, è arrivata anche una posizione comune ufficiale, messa nero su bianco in un documento. Scrivono infatti i Liberi imprenditori associati della Lia: «Nonostante gli appelli (inascoltati) dei giorni scorsi», si legge in questo drammatico documento, «l'assenza di un monitoraggio sanitario sugli operatori da parte delle autorità, e la difficoltà nell'approvvigionamento di dispositivi di protezione, continuano a esporre la collettività, soprattutto anziani, malati e disabili, a un enorme rischio di contagio». Il documento è ancora più grave, se si sa che in queste ore sono solo gli addetti alle pompe funebri a compilare i moduli Istat, a entrare nelle residenze di coloro che muoiono di Covid-19, ma fuori dalle statistiche ufficiali, perché non ospedalizzati. «Nelle condizioni attuali», si legge nel documento, «chi entra ed esce quotidianamente dalle strutture sanitarie e dalle abitazioni dei parenti dei defunti, diventa infatti non solo una facile preda, ma anche un veicolo perfetto per la diffusione del Covid-19. A costo di mettere a rischio il futuro delle loro stesse aziende, gli imprenditori della categoria seguiranno la propria coscienza, interrompendo le attività lunedì 30 marzo. Le uniche soluzioni affinché il servizio possa continuare nel rispetto della sicurezza dei cittadini restano il monitoraggio degli operatori tramite tamponi periodici, così come dovrebbe essere per tutti gli operatori sanitari, e un canale di fornitura prioritario (a pagamento) di dispositivi di protezione individuale. È ora che siano le coscienze individuali a entrare in gioco».Ancora più netto è Antonio Ricciardi, presidente della Lia di Bergamo: «Non ci ascoltano: dopo aver più volte lanciato l'allarme, siamo chiamati a fare l'unica scelta responsabile per il bene della collettività. Abbiamo dato tutto quello che potevamo sul campo, ogni giorno e ogni notte, perdendo anche amici e colleghi. Vorremmo fortemente continuare con lo stesso impegno, ma in assenza di un intervento delle istituzioni», conclude Ricciardi, «per noi la priorità è difendere la cittadinanza, della quale anche noi facciamo parte». E ancora: «Chi oggi fa annunci sul garantire il servizio senza protezioni o controlli è un irresponsabile, o non ha ben chiaro a quali pericoli sta esponendo tutta la collettività. Non si tratta di garantire o non garantire un servizio», conclude il presidente della Lia. «Si tratta di non contribuire alla diffusione di un virus che sta uccidendo centinaia di persone». Osserva uno di loro, Enrico Lamera: «Per la prima volta dopo un quarto di secolo ho avuto più corpi che bare. Non ci siamo risparmiati, non abbiamo fatto nessun calcolo perché sapevamo quanto è utile ciò che stiamo facendo. Ma se poi ti riduci a lavorare rischiando di uccidere, tutto quello che fai diventa inutile o pericoloso. Abbiamo il diritto di sapere», conclude, «se siamo positivi al virus o no. E questo diritto lo hanno anche le famiglie da cui andiamo per seppellire le loro vittime». È vero, questo non è uno sciopero. È un dramma che o si risolve con uno scatto di reni, o si risolve con un dramma.
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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