
Mentre i cittadini aspettano gli aiuti promessi, 101 'ndranghetisti hanno incassato 516.000 euro grazie al reddito di cittadinanza.Che orribile giornata è stata, ieri, per il Movimento 5 stelle e per le sue «bandiere». Mentre in Senato la maggioranza salvava con molti imbarazzi e in extremis il ministro grillino della Giustizia, Alfonso Bonafede, colpito da due mozioni di sfiducia presentate dalle opposizioni per la sua disastrosa gestione delle carceri e per il sospetto di aver subito le pressioni dei boss mafiosi nelle nomine del capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, la Guardia di finanza ha inferto un mortale colpo d'immagine al reddito di cittadinanza, il rdc: l'assegno universale che lo stesso Movimento 5 stelle un anno fa aveva imposto all'agenda del primo governo di Giuseppe Conte e celebrato enfaticamente dal balcone di Palazzo Chigi come «sconfitta della povertà».Ieri le fiamme gialle di Reggio Calabria hanno denunciato che per un anno almeno 101 'ndranghetisti, tutti considerati «organici» alle principali cosche della provincia, hanno indebitamente incassato il rdc. L'inchiesta, denominata «Mala civitas», è partita dall'analisi di circa 500 calabresi condannati definitivamente per associazione mafiosa o per altri reati di mafia. È bastato incrociare i dati del casellario giudiziario con quelli dei percettori dell'assegno dell'Inps. A quel punto, è stato un po' come giocare a battaglia navale: un nome su cinque compariva in entrambe le liste. La statistica è sconfortante: il 20% di casi positivi.In base alla legge istitutiva del rdc, il decreto numero 4 del gennaio 2019 che era stato fortissimamente voluto dall'allora ministro grillino del Lavoro, Luigi Di Maio, nessuno dei 101 denunciati avrebbe mai dovuto ricevere il sussidio. In teoria, la norma esclude chi abbia subito una condanna definitiva. In realtà, e non è certo la prima volte che lo si scopre (è accaduto anche con diversi terroristi e moltissimi condannati per reati comuni), basta un'autocertificazione fasulla. Nel caso di Reggio Calabria, gli inquirenti sospettano il coinvolgimento e forse la complicità di alcuni impiegati dell'amministrazione pubblica o nei Centri di assistenza fiscale. Accanto alla «Carica dei 101» 'ndranghetisti, infatti, risultano indagati altri 15 soggetti. Tutti e 116 sono stati segnalati alle procure di Reggio Calabria, Locri, Palmi, Vibo Valentia e Verbania. Nell'elenco, però, spiccano soprattutto boss e gregari delle 'ndrine della Locride. «A incassare l'assegno di povertà», dice un ufficiale della Guardia di finanza, «c'era davvero il Gotha della mafia calabrese». In effetti ci sono membri di tutte le grandi famiglie: i Commisso-Rumbo-Figliomeni di Siderno, i Cordì di Locri, i Manno-Maiolo di Caulonia, i D'Agostino di Canolo... Tra i denunciati c'è anche Alessandro Pannunzi, condannato per traffico internazionale di cocaina. Pannunzi è uno dei figli di Roberto Pannunzi, detto il «Pablo Escobar italiano», e a sua volta considerato dagli investigatori italiani e americani tra i principali broker di cocaina. Il pubblico ministero antimafia Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro e probabilmente il massimo esperto al mondo di 'ndrangheta, racconta che Pannunzi senior avesse addirittura comprato una nave di 110 metri, la Mirage 2, per importare cocaina dal Sud America, e che si vantasse di «pesare i soldi piuttosto che contarli»: molto più modestamente, suo figlio Alessandro compare tra i presunti indebiti percettori del Reddito di cittadinanza grillino.Ora le fiamme gialle di Reggio Calabria hanno anche segnalato lui e gli altri 'ndranghetisti all'Inps, perché almeno possa al più presto partire la revoca dei benefici ottenuti, circa 516.000 euro. Gli inquirenti calcolano che, se la frode fosse durata fino al termine dei due anni di erogazione del reddito di cittadinanza, i 101 mafiosi avrebbero incassato altri 470.000 euro.Sullo scandalo, ieri, si è subito accesa la polemica politica. Il leader leghista Matteo Salvini ha subito collegato l'indagine calabrese ai disastri attribuiti a Bonafede: «Dopo la scarcerazione dei boss, le rivolte nelle carceri e gli scioperi degli avvocati, ecco che emerge un'altra notizia inquietante: e cioè 'ndranghetisti pagati dallo Stato con il reddito di cittadinanza. Noi vogliamo un'Italia e una Calabria pulite. Governo, sveglia». Molto dura con i grillini anche Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera: «Il reddito di cittadinanza ai boss, e zero aiuti a imprese e lavoratori onesti», ha commentato la parlamentare, «questa è la doppia morale a 5 stelle». Che il reddito di cittadinanza comportasse un elevato rischio di frodi non era certo un mistero nemmeno nel marzo 2019, quando il sussidio era partito tra le celebrazioni dei grillini. In base alle stime dell'Inps, l'allora presidente Tito Boeri segnalava che soltanto nel primo anno «gli erronei destinatari potrebbero essere una platea significativa». Il ministro Di Maio, all'epoca, aveva fatto spallucce anche davanti all'allarme della Guardia di finanza, che giustamente poneva il problema delle false dichiarazioni Isee sul reddito, poste alla base della concessione dell'assegno: nel 2019 le fiamme gialle denunciavano che «circa il 60% delle dichiarazioni Isee sono false», quindi era probabile che il reddito di cittadinanza andasse a chi non ne aveva affatto bisogno. Certo nessuno, un anno fa, avrebbe osato immaginare che si sarebbero messi in fila anche i mafiosi calabresi.
Antonio Scurati (Ansa)
Eccoli lì, tutti i «veri sapienti» progressisti che si riuniscono per chiedere all’Aie di bandire l’editore «Passaggio al bosco» dalla manifestazione «Più libri più liberi».
Sono tutti lì belli schierati in fila per la battaglia finale. L’ultima grande lotta in difesa del pensiero unico e dell’omologazione culturale: dovessero perderla, per la sinistra culturale sarebbe uno smacco difficilmente recuperabile. E dunque eccoli, uniti per chiedere alla Associazione italiana editori di cacciare il piccolo editore destrorso Passaggio al bosco dalla manifestazione letteraria Più libri più liberi. Motivo? Tale editore sarebbe neofascista, apologeta delle più turpi nefandezze novecentesche e via dicendo. In un appello rivolto all’Aie, 80 autori manifestano sdegno e irritazione. Si chiedono come sia possibile che Passaggio al bosco abbia trovato spazio nella fiera della piccola editoria, impugnano addirittura il regolamento che le case editrici devono accettare per la partecipazione: «Non c’è forse una norma - l’Articolo 24, osservanza di leggi e regolamenti - che impegna chiaramente gli espositori a aderire a tutti i valori espressi nella Costituzione italiana, nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea e nella Dichiarazione universale dei diritti umani e in particolare a quelli relativi alla tutela della libertà di pensiero, di stampa, di rispetto della dignità umana? Poniamo quindi queste domande e preoccupazioni all’attenzione dell’Associazione italiana editori per aprire una riflessione sull’opportunità della presenza di tali contenuti in una fiera che dovrebbe promuovere cultura e valori democratici». Memorabile: invocano la libertà di pensiero per chiedere la censura.
Olivier Marleix (Ansa)
Pubblicato post mortem il saggio dell’esponente di spicco dei Républicains, trovato impiccato il 7 luglio scorso «Il presidente è un servitore del capitalismo illiberale. Ha fatto perdere credibilità alla Francia nel mondo».
Gli ingredienti per la spy story ci sono tutti. Anzi, visto che siamo in Francia, l’ambientazione è più quella di un noir vecchio stile. I fatti sono questi: un politico di lungo corso, che conosce bene i segreti del potere, scrive un libro contro il capo dello Stato. Quando è ormai nella fase dell’ultima revisione di bozze viene tuttavia trovato misteriosamente impiccato. Il volume esce comunque, postumo, e la data di pubblicazione finisce per coincidere con il decimo anniversario del più sanguinario attentato della storia francese, quasi fosse un messaggio in codice per qualcuno.
Roberto Gualtieri (Ansa)
Gualtieri avvia l’«accoglienza diffusa», ma i soldi andranno solo alla Ong.
Aiutiamoli a casa loro. Il problema è che loro, in questo caso, sono i cittadini romani. Ai quali toccherà di pagare vitto e alloggio ai migranti in duplice forma: volontariamente, cioè letteralmente ospitandoli e mantenendoli nella propria abitazione oppure involontariamente per decisione del Comune che ha stanziato 400.000 euro di soldi pubblici per l’accoglienza. Tempo fa La Verità aveva dato notizia del bando comunale con cui è stato istituito un servizio di accoglienza che sarà attivo dal 1° gennaio 2026 fino al 31 dicembre 2028. E ora sono arrivati i risultati. «A conclusione della procedura negoziata di affidamento del servizio di accoglienza in famiglia in favore di persone migranti singole e/o nuclei familiari o monogenitoriali, in possesso di regolare permesso di soggiorno, nonché neomaggiorenni in carico ai servizi sociali», si legge sul sito del Comune, «il dipartimento Politiche sociali e Salute comunica l’aggiudicazione del servizio. L’affidamento, relativo alla procedura è stato aggiudicato all’operatore economico Refugees Welcome Italia Ets».
2025-12-03
Pronto soccorso in affanno: la Simeu avverte il rischio di una crisi strutturale nel 2026
True
iStock
Secondo l’indagine della Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza, dal 2026 quasi sette pronto soccorso su dieci avranno organici medici sotto il fabbisogno. Tra contratti in scadenza, scarso turnover e condizioni di lavoro critiche, il sistema di emergenza-urgenza rischia una crisi profonda.
Il sistema di emergenza-urgenza italiano sta per affrontare una delle sue prove più dure: per molti pronto soccorso l’inizio del 2026 potrebbe segnare una crisi strutturale del personale medico. A metterne in evidenza la gravità è Alessandro Riccardi, presidente della Simeu - Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza - al termine di un’indagine che fotografa uno scenario inquietante.






