2023-04-24
Olivier Rey: «Ci crediamo re tecnologici ma siamo schiavi della Rete»
Olivier Rey (Getty Images)
Parla il critico francese del transumanismo: «I dispositivi che compiono i lavori al mio posto mi rendono incapace di autonomia. Il vero progresso è disconnettersi».Filosofo e matematico francese, Olivier Rey è uno dei pensatori più interessanti del panorama europeo, capace di affrontare argomenti molto diversi fra loro con estrema profondità. Nel suo libro Dismisura. La marcia trionfale del progresso, lei dice che lo spiegamento tecnologico è retto da una morale gnostica. Cosa intende con ciò?«È stato utilizzato il vocabolo “gnostico” per qualificare un certo numero di eresie cristiane dei primi secoli della nostra era, caratterizzate da un dualismo radicale, che portava a separare la potenza creatrice dell’Antico Testamento dal Dio redentore incarnato in Gesù Cristo, a condannare il mondo materiale e a concepire la salvezza come lo spirito che si libera dalla sua prigione carnale, grazie a una certa conoscenza - gnosis-. Le eresie gnostiche sono state vinte, ma lo spirito gnostico non per questo è scomparso. Non ha smesso di manifestarsi nella storia. E nell’epoca moderna ha trovato un nuovo modo di espressione. Si tratta sempre di liberare lo spirito dalla materia. Tuttavia, non estraniandosi più da questo mondo, ma sottomettendolo interamente alla volontà, tramite la tecnologia». Il trionfo della tecnologia sembra piuttosto un trionfo del materialismo. Qual è la dimensione spirituale del fenomeno?«Nei mezzi che mette in opera, la tecnologia è materialista. Ma nelle sue visioni ultime, è spiritualista, perché, attraverso essa, si tratta di porre il mondo interamente a disposizione dello spirito. Facciamo un esempio. Noi abbiamo sempre un corpo che occorre nutrire. Ma oggi, sempre più numerosi sono gli abitanti delle grandi metropoli che, per alimentarsi, con il loro smartphone ordinano il cibo, che viene portato nel giro di una mezz’ora alla porta del loro appartamento. Tutti i dispositivi messi in gioco in questo caso sono materiali. Ma tutti questi aspetti materiali sono nascosti a colui che li utilizza. Costui vuole che il suo piatto si riempia, e poco dopo il suo piatto è riempito. La resistenza della materia alla volontà è come abolita. Qui sta la grande promessa della tecnologia. Certamente, degli esseri umani vengono mobilitati nell’impresa. Ma sembrano intervenire più come anelli non ancora tecnologizzati dalla catena che come esseri umani - come i fattorini, che non sono ancora stati sostituiti dai droni. Facciamo un altro esempio. La scoperta della differenza dei sessi, per il bambino piccolo, è un’esperienza decisiva. Dato che l’umanità è composta da uomini e da donne, e che ciascuno è situato sia da una parte che dall’altra, nessun essere umano può pretendere di incarnare il tutto dell’umanità. La differenza sessuale viene dunque a smentire i fantasmi di onnipotenza; con essa è la realtà che si impone. Da questo punto di vista l’idea che oggi si diffonde - essere uomo o donna dipende da una scelta - è un modo di rifiutare qualsiasi autorità al reale. Notiamo, di passaggio, che pretendere di essere un ragazzo nato per errore in un corpo di ragazza, o una ragazza nata per errore in un corpo di ragazzo, suppone un dualismo corpo-spirito tipicamente gnostico. Come dare un’apparenza di credibilità alla “transizione” da un genere all’altro? Facendo ricorso alla tecnologia ormonale e chirurgica. È chiaro, in questo caso, che la tecnologia, pur operando sul corpo, mira a negare il corpo».In una prospettiva gnostica, il corpo è una prigione per l’anima. Oggi invece il corpo sembrerebbe un oggetto di adorazione. Come i due aspetti possono coniugarsi? «Il corpo che viene celebrato, in un’estetica pubblicitaria, non è il vero corpo, ma un corpo-vetrina. I chirurghi estetici americani hanno constatato un forte aumento della domanda di rifacimento del naso. La ragione: nei selfie, lo scatto a breve distanza tende a far apparire il naso più grosso di quanto sia. Si misura, da quest’esempio, che quel che conta non è il corpo in sé stesso, ma l’immagine che può esserne diffusa. Il corpo deve corrispondere a ciò che lo spirito vuole che sia. È un capitale da gestire e un’immagine da modellare. Anzi un cantiere tecnologico, secondo l’ideologia trans-umanista». È possibile che l’ideologia liberale e progressista derivino dalla stessa forma di gnosticismo?«L’ideologia liberale non avrebbe potuto svilupparsi come lo ha fatto senza le guerre di religione che hanno dilaniato l’Europa nel sedicesimo secolo e anche nella prima metà del diciassettesimo. Prima si pensava che, per assicurare la pace, occorresse accordare i cuori. Poiché i conflitti si rivelavano senza uscita, bisognò dunque decidersi a lasciare i cuori in disaccordo per avere la pace. Non potendosi intendere sull’essenziale, gli uomini dovettero porre, al centro della loro vita comune, gli interessi economici. Come dirà Voltaire: “Quando si tratta di denaro, tutti appartengono alla stessa religione”. Nel frattempo, l’insistenza calvinista sulla corruzione congenita dell’uomo dopo la Caduta, da cui solo qualche uomo eletto veniva rialzato per grazia divina, rendeva problematiche le esortazioni alla virtù: infatti, quale senso poteva esserci nel predicare il bene a degli esseri, se si considerava che molti tra loro ne erano costitutivamente incapaci? Emerse allora una soluzione: gli uomini che non potevano collaborare al piano divino con la loro virtù, vi dovevano collaborare con i loro vizi. Bernard Mandeville, un discendente degli ugonotti emigrati, alla fine del sedicesimo secolo, nei Paesi Bassi e che poi era andato a vivere in Inghilterra, ne trasse le conclusioni economiche in un testo pubblicato nel 1714, La favola delle api. Mandeville reputa che i vizi non solo non nuocciono alla società, ma le sono profittevoli, accendendo negli uomini tutti i tipi di avidità che, cercando di soddisfarsi, generano un’attività considerevole, che genera a sua volta una prosperità generale». Da qui la celebre formula... «Esatto: “Vizi privati, pubbliche virtù”. Un po’ più tardi nello stesso secolo, Adam Smith porrà i suoi passi in quelli di Mandeville - pur rimproverando a Mandeville di aver qualificato vizio ciò che per lui deriva dal giusto perseguire l’interesse personale. Malgrado tutto, resta in Smith una traccia dell’iniziale matrice religiosa del liberalismo, attraverso la “mano invisibile” che assicura che, quando ogni individuo persegue i propri interessi, ne deriva il migliore dei mondi possibili - mano invisibile che altro non è che quella della Provvidenza, che sa trar partito dagli egoismi per il bene generale. Per quanto riguarda il progressismo, non avrebbe potuto imporsi senza i progressi scientifici e tecnologici degli ultimi secoli. Come ha scritto Raymond Aron: “L’originalità decisiva della civiltà occidentale nei tempi moderni è l’elaborazione della scienza positiva, e in seguito delle tecniche industriali, del potere che l’uomo si è così assicurato sulla materia e su sé stesso. L’ottimismo storico è legato alla fede nella scienza, o meglio alla virtù civilizzatrice della scienza. Il sapere dovrebbe irradiarsi in saggezza. L’uomo, padrone e possessore della natura, dovrebbe acquisire allo stesso tempo la padronanza su sé stesso. Dopo la vittoria sulle cose, la pace tra gli uomini si stabilizzerebbe da sé”. Qui si opera il nesso con lo spirito gnostico: nell’idea che lo spirito regnerà incontrastato e il bene trionferà, quando la natura sarà interamente sottomessa». Il progressismo aveva una dimensione utopistica, promettendo il paradiso sulla terra. Oggi però non sembra promettere altro che la pura e semplice sopravvivenza. Come comprendere una simile svolta?«Il tempo è passato. Baudelaire vedeva, nell’affermazione dell’uomo naturalmente buono e nell’idea del progresso indefinito, due eresie che non erano altro, secondo lui, “che la conseguenza della grande eresia moderna, della dottrina artificiale, sostituita alla dottrina naturale, - intendo dire la soppressione dell’idea di peccato originale”. Ma sopprimere l’idea di una cosa non sopprima la cosa in se stessa, che, presto o tardi, finisce col far sentire i suoi effetti - tanto più fortemente quanto più la si era persa di vista. Oggi, il progressismo si urta con due ostacoli principali. Con il progresso scientifico, si trattava di illuminare il mondo. Ma il progresso tecnologico che la scienza alimenta, accrescendo senza sosta il potere di intervento, non si accontenta di diffondere la luce. Si è messo a guastare la terra, a esaurirla, a minacciare di renderla invivibile. Del resto, anche l’essere umano ha cominciato a regredire. È la dialettica del padrone e del servo: a forza di far fare tutto, il padrone diviene interamente dipendente dal suo servo, il solo a poter ancora fare. I dispositivi che compiono i lavori al mio posto, a poco a poco mi conducono a perdere la capacità di compiere io stesso questi lavori. Per utilizzare un vocabolario nietzschiano: l’essere umano che passa la giornata inchiodato ai suoi schermi, assomiglia a un superuomo, o a un ultimo uomo? È signore della creazione o un funzionario della tecnica? Il vero progresso, oggi, consisterebbe nell’uscire da un progressismo divenuto mortifero».Da una parte, il culto della scienza e della tecnologia è più sviluppato che mai. Dall’altra, una sorta di «religione della natura» si diffonde largamente. Come possono coesistere questi due fenomeni?«In rapporto ai due secoli passati, il culto della scienza e della tecnologia è in ribasso. Alcuni nel diciannovesimo secolo proclamavano che la barbarie è vinta senza ritorno, poiché tutto diventa scientifico. Simili discorsi hanno perso il loro splendore. Invece quel che è considerevolmente aumentata, è la nostra dipendenza dalla mega-macchina. Un guasto della corrente, un difetto di connessione, ed ecco il dramma. Allora si sviluppa, come compensazione, il fantasma di una vita in comunione con la natura. Una natura immaginata come grande madre amante, senza spine. Ivan Illich, mezzo secolo fa, notava che “l’adolescente, invece di imparare a occuparsi di sua nonna, impara piuttosto a manifestare davanti agli ospizi degli anziani, dove non ci sono più letti disponibili”. Oggi, numerosi adolescenti, invece di imparare a coltivare un orto, imparano piuttosto, con lo smartphone in tasca o in mano, a manifestare contro il sistema che guasta il clima - lo stesso sistema da cui non saprebbero disconnettersi, foss’anche per qualche ora. Un film come Avatar è emblematico di questa situazione. Centinaia di migliaia di dollari vengono spesi, una tecnologia colossale dispiegata per girare un film che lusinga nello spettatore, comodamente seduto nella sua poltrona, il fantasma di una vita in comunione con gli alberi della foresta. La foresta virtuale appare idilliaca, ma trascorrere una notte in una foresta reale farebbe ritornare rapidamente alla realtà. Il 112 non tarderebbe a essere composto. L’impero della tecnologia e l’adorazione della natura si oppongono solo come le due facce della stessa medaglia - il selvaggio è tanto amabile quanto l’esperienza principale che se ne ha è un grazioso fondo di schermo. La natura non è né una nemica da sottomettere, né una dea da adorare, ma una potenza con la quale ci tocca vivere in pace e amicizia».
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