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2023-07-08
Ok a mezzo milione di lavoranti stranieri
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Chi si affida periodicamente alla narrazione di un governo xenofobo, ha ancora meno argomenti del solito. Difficile infatti, per la sinistra, trovare appigli ideologici contro l’ultimo decreto flussi, che l’esecutivo ha approvato nel Cdm. Un provvedimento che rafforza il principio, più volte espresso dal premier Giorgia Meloni e dai suoi ministri più in vista, in base al quale non esiste alcun ostacolo pregiudiziale o ideologico all’afflusso di lavoratori stranieri nel Paese, purché questo sia necessario, programmato e pienamente legale. In alcune dichiarazioni di esponenti del centrosinistra, non a caso, è percepibile una certa dose di stizza e frustrazione per non poter attaccare a testa bassa il merito di un provvedimento che dà il via libera a quasi mezzo milione di ingressi di lavoratori stranieri per i prossimi tre anni.
Il decreto, infatti, prevede per il triennio 2023-25 complessivamente 452.000 ingressi: 136.000 nel 2023, 151.000 nel 2024 e 165.000 nel 2025. Si estendono le categorie professionali e i settori coinvolti, poiché accanto a elettricisti e idraulici viene prevista una quota per gli addetti dell’assistenza familiare e socio-sanitaria. Poi ci sono i «lavoratori per il trasporto passeggeri con autobus e per la pesca». I settori principalmente interessati dal provvedimento sono autotrasporto merci per conto terzi, edilizia, turistico-alberghiero e ovviamente settore agricolo. In quest’ultimo caso le stime iniziali dell’esecutivo hanno subito un ritocco verso l’alto: nel giorno del click day (27 marzo scorso) le domande presentate dagli imprenditori erano state più di 250.000, a fronte di una quota fissata dal governo di 82.705 lavoratori. Da qui le nuove stime che nel decreto di giovedì vengono portate a «un fabbisogno rilevato di 833.000 unità».
A questo proposito, è prevista una quota aggiuntiva «pari a 40.000 unità, interamente destinata agli ingressi per lavoro stagionale nei settori agricolo e turistico-alberghiero, a valere sulle domande già presentate nel click-day del marzo scorso». Uno dei punti salienti del decreto, come era stato anticipato dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, è che ci sono quote maggiori riservate ai lavoratori provenienti da paesi che sottoscrivono accordi per il contrasto dell’immigrazione irregolare con l’Italia o le cui richieste di nulla osta vengano presentate dalle organizzazioni di lavoro più rappresentative a livello nazionale, che si assumono anche l’impegno a garantire l’effettiva sottoscrizione dei contratti. Positive le reazioni della maggioranza di governo e delle associazioni degli imprenditori maggiormente toccati dal provvedimento mentre, come detto, appare in difficoltà l’opposizione. «Con il decreto flussi», commenta il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, «il governo Meloni dimostra di lavorare per promuovere un’immigrazione legale, che può essere favorita solo con regole certe. In questo campo, dopo anni in cui i flussi erano approvati dopo gli ingressi, l’Italia torna a programmare per dare risposte al mondo delle imprese che chiede manodopera e, allo stesso tempo, per fronteggiare l’odioso fenomeno della tratta di esseri umani da parte di scafisti senza scrupoli che in questo modo concedono braccia ai caporali che sfruttano chi arriva in Italia. Vogliamo mettere fine», ha aggiunto, «alla sbagliata consuetudine dell’uso dei provvedimenti transitori, dando seguito all’analisi dei fabbisogni delle realtà produttive emersi dal confronto con le associazioni datoriali e sindacali. Il nostro obiettivo è ridurre il divario tra flussi di ingresso e fabbisogni del mercato del lavoro, messo in ginocchio anche da scellerati provvedimenti come il reddito di cittadinanza, in modo coerente con la capacità di accoglienza e d’inserimento dei lavoratori stranieri nelle comunità locali». Per il ministro del Turismo Daniela Santanchè col decreto «arriva un nuovo segnale di attenzione al settore del turismo da parte di questo governo. Il comparto», prosegue il ministro, «potrà beneficiare di 40.000 risorse straniere aggiuntive e qualificate, perché l’obiettivo è prima di tutto favorire la formazione del personale affinché possa offrire la propria prestazione di lavoro acquisendo competenze da mettere al servizio di un settore altamente strategico».
Coro unanime di soddisfazione anche dal fronte imprenditoriale: per il presidente di Coldiretti Ettore Prandini si tratta di «una risposta importante con le grandi campagne di raccolta estive di frutta e verdura in atto e nell’imminenza anche della stagione della vendemmia con la necessità di assicurare certezze alle imprese sulla effettiva disponibilità di manodopera». Stesso apprezzamento da Federalberghi, mentre a sinistra mastica amaro, tra gli altri, Laura Boldrini, attribuendo all’esecutivo la volontà di agire «alla chetichella, senza conferenze stampa né interviste, cercando di nascondere la loro decisione che contrasta in modo plateale con la vergognosa narrazione della sostituzione etnica e dell’invasione a loro tanto utile per acquisire consensi».
Lampedusa, Calabria e Toscana. Clandestini su tutte le nostre coste
Lampedusa è al collasso. Una frase scritta e letta troppe volte, ma ancora nulla è cambiato. Non c’è freno agli sbarchi sulle nostre coste. Migliaia e migliaia di disperati continuano ad arrivare, mentre i trafficanti di esseri umani si arricchiscono senza pietà. Nell’hotspot di Lampedusa ieri c’erano 1.472 migranti irregolari, ma la capienza del sito continua ad essere al massimo di 400 persone. L’Italia da sola non può farcela: oltre 67.000 persone sono sbarcate sulle nostre coste da inizio ’anno. Più del doppio del 2022 (30.334), più del triplo rispetto al 2021 (21.840). Sei barchini, con un totale di 224 migranti, sono stati soccorsi in nottata in acque Sar dalla Guardia costiera. I gruppi, formati da un minimo di 19 ad un massimo di 55 persone, fra cui donne e bambini, dopo il trasbordo sull’unità di soccorso sono stati sbarcati a Lampedusa. Hanno dichiarato di essere originari di Eritrea, Etiopia, Ghana, Nigeria, Guinea, Camerun, Costa d’Avorio, Gambia e Tunisia. Le carrette, secondo quanto raccontato dalle persone a bordo, sono salpate da Sfax e Jebiniana, in Tunisia. I 224 sono stati tutti trasferiti all’hotspot di contrada Imbriacola. Non è finita perché altri 198 migranti, dopo che le quattro imbarcazioni sulle quale viaggiavano sono state soccorse dalla motovedetta Cp319 della Guardia costiera e da un assetto Frontex della Romania, sono sbarcati a Lampedusa. I quattro gruppi, dopo un primo triage a molo Favarolo, sono stati portati anche loro all’hotspot di contrada Imbriacola dove, dopo il trasferimento di 500 persone con il traghetto di linea per Porto Empedocle, c’erano 1.031 migranti irregolari. Uno sbarco dopo l’altro.
Nel tardo pomeriggio ancora migranti, ancora tunisini: 98, fra cui 8 donne e 10 bambini. Sono sbarcati anche loro al molo Favarolo di Lampedusa dopo che la motovedetta della Guardia Costiera li ha soccorsi sul peschereccio di 12 metri sul quale viaggiavano dopo esser partiti da Chebba, a nord di Sfax.
Non solo Sicilia, i migranti arrivano anche in Toscana. Ieri intorno alle 11 è iniziato lo sbarco dalla nave Geo Barents di Msf, che aveva a bordo 196 persone soccorse tra il 3 e 4 luglio nel Mediterraneo. Sessanta minori, di cui 47 non accompagnati. C’è anche un neonato di due mesi con la madre. A bordo anche tre donne incinte.
Gli sbarchi continuano anche nella Locride: sono arrivati in 53 a Roccella Jonica. I migranti sono di nazionalità afghana e iraniana, tra loro 10 donne. Erano a bordo di una barca a vela a circa 100 miglia dalla costa ionica. I profughi, su disposizione della Prefettura di Reggio Calabria, sono stati sistemati nella tensostruttura, già occupata da 23 bengalesi e 26 egiziani giunti nei precedenti sbarchi, gestita dai volontari della Croce Rossa, dalla Protezione Civile comunale e da un’equipe di Medici senza Frontiere. Con questo salgono a 27 gli sbarchi di migranti registrati a Roccella Ionica da inizio 2023, per un totale di circa 3.500 profughi soccorsi. Il bilancio non potrà che aumentare perché in Tunisia la situazione è totalmente fuori controllo. A Sfax si è scatenata una vera e propria caccia all’uomo, con centinaia di subsahariani che cercano di scappare. Violenta è infatti la risposta di autorità e residenti, dopo l’omicidio di un tunisino ad opera di un gruppo di migranti. Sui social girano video che mostrano pestaggi, aggressioni ed espulsioni con i residenti che, tra gli applausi, incitano la polizia a cacciare gli irregolari.
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L’esecutivo approva un nuovo decreto flussi: 452.000 ingressi da oggi al 2025, controllati e destinati a comparti produttivi a corto di manodopera, come agricoltura e turismo. La sinistra rosica: non sta in piedi la narrazione del governo xenofobo.Gli arrivi sono incessanti, l’hotspot di Lampedusa scoppia. In Tunisia caos e caccia all’uomo.Lo speciale contiene due articoli. Chi si affida periodicamente alla narrazione di un governo xenofobo, ha ancora meno argomenti del solito. Difficile infatti, per la sinistra, trovare appigli ideologici contro l’ultimo decreto flussi, che l’esecutivo ha approvato nel Cdm. Un provvedimento che rafforza il principio, più volte espresso dal premier Giorgia Meloni e dai suoi ministri più in vista, in base al quale non esiste alcun ostacolo pregiudiziale o ideologico all’afflusso di lavoratori stranieri nel Paese, purché questo sia necessario, programmato e pienamente legale. In alcune dichiarazioni di esponenti del centrosinistra, non a caso, è percepibile una certa dose di stizza e frustrazione per non poter attaccare a testa bassa il merito di un provvedimento che dà il via libera a quasi mezzo milione di ingressi di lavoratori stranieri per i prossimi tre anni.Il decreto, infatti, prevede per il triennio 2023-25 complessivamente 452.000 ingressi: 136.000 nel 2023, 151.000 nel 2024 e 165.000 nel 2025. Si estendono le categorie professionali e i settori coinvolti, poiché accanto a elettricisti e idraulici viene prevista una quota per gli addetti dell’assistenza familiare e socio-sanitaria. Poi ci sono i «lavoratori per il trasporto passeggeri con autobus e per la pesca». I settori principalmente interessati dal provvedimento sono autotrasporto merci per conto terzi, edilizia, turistico-alberghiero e ovviamente settore agricolo. In quest’ultimo caso le stime iniziali dell’esecutivo hanno subito un ritocco verso l’alto: nel giorno del click day (27 marzo scorso) le domande presentate dagli imprenditori erano state più di 250.000, a fronte di una quota fissata dal governo di 82.705 lavoratori. Da qui le nuove stime che nel decreto di giovedì vengono portate a «un fabbisogno rilevato di 833.000 unità». A questo proposito, è prevista una quota aggiuntiva «pari a 40.000 unità, interamente destinata agli ingressi per lavoro stagionale nei settori agricolo e turistico-alberghiero, a valere sulle domande già presentate nel click-day del marzo scorso». Uno dei punti salienti del decreto, come era stato anticipato dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, è che ci sono quote maggiori riservate ai lavoratori provenienti da paesi che sottoscrivono accordi per il contrasto dell’immigrazione irregolare con l’Italia o le cui richieste di nulla osta vengano presentate dalle organizzazioni di lavoro più rappresentative a livello nazionale, che si assumono anche l’impegno a garantire l’effettiva sottoscrizione dei contratti. Positive le reazioni della maggioranza di governo e delle associazioni degli imprenditori maggiormente toccati dal provvedimento mentre, come detto, appare in difficoltà l’opposizione. «Con il decreto flussi», commenta il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, «il governo Meloni dimostra di lavorare per promuovere un’immigrazione legale, che può essere favorita solo con regole certe. In questo campo, dopo anni in cui i flussi erano approvati dopo gli ingressi, l’Italia torna a programmare per dare risposte al mondo delle imprese che chiede manodopera e, allo stesso tempo, per fronteggiare l’odioso fenomeno della tratta di esseri umani da parte di scafisti senza scrupoli che in questo modo concedono braccia ai caporali che sfruttano chi arriva in Italia. Vogliamo mettere fine», ha aggiunto, «alla sbagliata consuetudine dell’uso dei provvedimenti transitori, dando seguito all’analisi dei fabbisogni delle realtà produttive emersi dal confronto con le associazioni datoriali e sindacali. Il nostro obiettivo è ridurre il divario tra flussi di ingresso e fabbisogni del mercato del lavoro, messo in ginocchio anche da scellerati provvedimenti come il reddito di cittadinanza, in modo coerente con la capacità di accoglienza e d’inserimento dei lavoratori stranieri nelle comunità locali». Per il ministro del Turismo Daniela Santanchè col decreto «arriva un nuovo segnale di attenzione al settore del turismo da parte di questo governo. Il comparto», prosegue il ministro, «potrà beneficiare di 40.000 risorse straniere aggiuntive e qualificate, perché l’obiettivo è prima di tutto favorire la formazione del personale affinché possa offrire la propria prestazione di lavoro acquisendo competenze da mettere al servizio di un settore altamente strategico». Coro unanime di soddisfazione anche dal fronte imprenditoriale: per il presidente di Coldiretti Ettore Prandini si tratta di «una risposta importante con le grandi campagne di raccolta estive di frutta e verdura in atto e nell’imminenza anche della stagione della vendemmia con la necessità di assicurare certezze alle imprese sulla effettiva disponibilità di manodopera». Stesso apprezzamento da Federalberghi, mentre a sinistra mastica amaro, tra gli altri, Laura Boldrini, attribuendo all’esecutivo la volontà di agire «alla chetichella, senza conferenze stampa né interviste, cercando di nascondere la loro decisione che contrasta in modo plateale con la vergognosa narrazione della sostituzione etnica e dell’invasione a loro tanto utile per acquisire consensi».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ok-mezzo-milione-lavoranti-stranieri-2662250505.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lampedusa-calabria-e-toscana-clandestini-su-tutte-le-nostre-coste" data-post-id="2662250505" data-published-at="1688798692" data-use-pagination="False"> Lampedusa, Calabria e Toscana. Clandestini su tutte le nostre coste Lampedusa è al collasso. Una frase scritta e letta troppe volte, ma ancora nulla è cambiato. Non c’è freno agli sbarchi sulle nostre coste. Migliaia e migliaia di disperati continuano ad arrivare, mentre i trafficanti di esseri umani si arricchiscono senza pietà. Nell’hotspot di Lampedusa ieri c’erano 1.472 migranti irregolari, ma la capienza del sito continua ad essere al massimo di 400 persone. L’Italia da sola non può farcela: oltre 67.000 persone sono sbarcate sulle nostre coste da inizio ’anno. Più del doppio del 2022 (30.334), più del triplo rispetto al 2021 (21.840). Sei barchini, con un totale di 224 migranti, sono stati soccorsi in nottata in acque Sar dalla Guardia costiera. I gruppi, formati da un minimo di 19 ad un massimo di 55 persone, fra cui donne e bambini, dopo il trasbordo sull’unità di soccorso sono stati sbarcati a Lampedusa. Hanno dichiarato di essere originari di Eritrea, Etiopia, Ghana, Nigeria, Guinea, Camerun, Costa d’Avorio, Gambia e Tunisia. Le carrette, secondo quanto raccontato dalle persone a bordo, sono salpate da Sfax e Jebiniana, in Tunisia. I 224 sono stati tutti trasferiti all’hotspot di contrada Imbriacola. Non è finita perché altri 198 migranti, dopo che le quattro imbarcazioni sulle quale viaggiavano sono state soccorse dalla motovedetta Cp319 della Guardia costiera e da un assetto Frontex della Romania, sono sbarcati a Lampedusa. I quattro gruppi, dopo un primo triage a molo Favarolo, sono stati portati anche loro all’hotspot di contrada Imbriacola dove, dopo il trasferimento di 500 persone con il traghetto di linea per Porto Empedocle, c’erano 1.031 migranti irregolari. Uno sbarco dopo l’altro. Nel tardo pomeriggio ancora migranti, ancora tunisini: 98, fra cui 8 donne e 10 bambini. Sono sbarcati anche loro al molo Favarolo di Lampedusa dopo che la motovedetta della Guardia Costiera li ha soccorsi sul peschereccio di 12 metri sul quale viaggiavano dopo esser partiti da Chebba, a nord di Sfax. Non solo Sicilia, i migranti arrivano anche in Toscana. Ieri intorno alle 11 è iniziato lo sbarco dalla nave Geo Barents di Msf, che aveva a bordo 196 persone soccorse tra il 3 e 4 luglio nel Mediterraneo. Sessanta minori, di cui 47 non accompagnati. C’è anche un neonato di due mesi con la madre. A bordo anche tre donne incinte. Gli sbarchi continuano anche nella Locride: sono arrivati in 53 a Roccella Jonica. I migranti sono di nazionalità afghana e iraniana, tra loro 10 donne. Erano a bordo di una barca a vela a circa 100 miglia dalla costa ionica. I profughi, su disposizione della Prefettura di Reggio Calabria, sono stati sistemati nella tensostruttura, già occupata da 23 bengalesi e 26 egiziani giunti nei precedenti sbarchi, gestita dai volontari della Croce Rossa, dalla Protezione Civile comunale e da un’equipe di Medici senza Frontiere. Con questo salgono a 27 gli sbarchi di migranti registrati a Roccella Ionica da inizio 2023, per un totale di circa 3.500 profughi soccorsi. Il bilancio non potrà che aumentare perché in Tunisia la situazione è totalmente fuori controllo. A Sfax si è scatenata una vera e propria caccia all’uomo, con centinaia di subsahariani che cercano di scappare. Violenta è infatti la risposta di autorità e residenti, dopo l’omicidio di un tunisino ad opera di un gruppo di migranti. Sui social girano video che mostrano pestaggi, aggressioni ed espulsioni con i residenti che, tra gli applausi, incitano la polizia a cacciare gli irregolari.
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Tra Natale ed Epifania il turismo italiano supera i 7 miliardi di euro di giro d’affari. Crescono presenze, viaggi interni ed esperienze artigianali, con città d’arte e montagne in testa alle preferenze.
Le settimane comprese tra il Natale e l’Epifania si confermano uno dei momenti più redditizi dell’anno per il turismo italiano. Secondo le stime di Cna Turismo e Commercio, il giro d’affari generato tra feste, fine anno e Befana supera i 7 miliardi di euro. Un risultato che non fotografa soltanto l’andamento economico del settore, ma racconta anche un’evoluzione nelle scelte e nelle aspettative dei viaggiatori.
Nel periodo festivo sono attesi oltre 5 milioni di turisti che trascorreranno almeno una notte in una struttura ricettiva: circa 3,7 milioni sono italiani, mentre 1,3 milioni arrivano dall’estero. A questi si aggiunge una platea ben più ampia di persone in movimento: oltre 20 milioni di individui si sposteranno per escursioni giornaliere, soggiorni nelle seconde case o visite a parenti e amici.
Per quanto riguarda i flussi internazionali, la componente europea resta prevalente, con arrivi soprattutto da Francia, Germania, Spagna e Regno Unito. Fuori dal continente, si segnalano presenze significative da Stati Uniti, Canada e Cina. Le preferenze delle destinazioni confermano una tendenza ormai consolidata. In cima alle scelte ci sono le città e i borghi d’arte, seguiti dalle località di montagna. Due modi diversi di vivere le vacanze natalizie: da un lato l’attrazione per il patrimonio culturale, i mercatini e le atmosfere urbane illuminate dalle feste; dall’altro la ricerca della neve, degli sport invernali e di un contatto più diretto con l’ambiente naturale.
Alla base di questo successo concorrono diversi fattori. L’Italia continua a esercitare un forte richiamo quando si parla di tradizioni natalizie: dai presepi, in particolare quelli napoletani, ai mercatini dell’arco alpino, passando per i centri storici addobbati e le celebrazioni religiose che trovano a Roma uno dei loro punti centrali. Un insieme di elementi che costruisce un’offerta culturale difficilmente replicabile. Proprio la dimensione religiosa e identitaria del Natale italiano rappresenta un elemento di attrazione per molti visitatori nordamericani e per i turisti provenienti da Paesi di tradizione cattolica, spesso alla ricerca di un’esperienza percepita come più autentica rispetto a celebrazioni considerate eccessivamente commerciali. A questo si aggiunge la varietà climatica del Paese: temperature più miti al Sud e nelle isole per chi vuole evitare il freddo, condizioni ideali sulle Alpi per gli amanti dello sci e della montagna. Un segnale particolarmente rilevante arriva dalla crescita delle cosiddette esperienze, soprattutto quelle legate all’artigianato. Sempre più viaggiatori scelgono di affiancare alla visita dei luoghi la partecipazione diretta ad attività tradizionali: dalla preparazione della pasta fresca alle lavorazioni del vetro di Murano, fino alla ceramica umbra e toscana. È un approccio che indica un cambiamento nel modo di viaggiare, meno orientato alla semplice osservazione e più alla partecipazione.
Questo interesse incrocia diverse tendenze attuali: il bisogno di autenticità in un contesto sempre più standardizzato, la volontà di riportare a casa un’esperienza che vada oltre il souvenir e l’attenzione verso il “saper fare” italiano, riconosciuto come patrimonio immateriale di valore internazionale.
Sul piano economico incidono anche fattori più generali. La ripresa del potere d’acquisto delle classi medie in Europa e negli Stati Uniti, dopo anni di incertezza, ha sostenuto la propensione alla spesa per le vacanze. Il rafforzamento del dollaro favorisce i turisti statunitensi, mentre la fase di stabilizzazione successiva alla pandemia ha contribuito a ricostruire la fiducia nei viaggi. Il periodo natalizio rappresenta inoltre uno degli esempi più riusciti di destagionalizzazione, obiettivo perseguito da tempo dagli operatori del settore. Le strutture ricettive registrano livelli di occupazione elevati in settimane che in passato erano considerate marginali. Anche i collegamenti giocano un ruolo chiave: l’espansione dei voli low cost e il miglioramento dell’offerta ferroviaria rendono più accessibili non solo le grandi città, ma anche destinazioni meno centrali, favorendo una distribuzione più ampia dei flussi.
Accanto ai dati positivi emergono però alcune criticità. La concentrazione dei visitatori rischia di mettere sotto pressione alcune mete, mentre altre restano ai margini. Il turismo di prossimità, rappresentato dai milioni di italiani che si spostano senza pernottare in alberghi o strutture ricettive, costituisce un bacino ancora parzialmente inesplorato. Allo stesso tempo, la crescente domanda di esperienze personalizzate richiede investimenti in formazione e una maggiore integrazione tra operatori locali.
Le festività di fine anno restano comunque un motore fondamentale per l’economia del turismo, in grado di coinvolgere l’intera filiera: ristorazione, artigianato, trasporti e offerta culturale. Un patrimonio che, per continuare a produrre risultati nel tempo, richiede una strategia capace di innovare senza snaturare quell’autenticità che rappresenta il vero punto di forza del sistema italiano.
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I computer che guidano i mezzi non sono più stati in grado di calcolare come muoversi anche perché i sensori di bordo leggono lo stato dei semafori e questi erano spenti. Dunque Waymo in sé non ha alcuna colpa, e soltanto domenica pomeriggio è stato ripristinato il servizio. Dunque questa volta non c’è un problema di sicurezza per gli occupanti e neppure un pericolo per chi si trova a guidare, piuttosto, invece, c’è la dimostrazione che le nuove tecnologie sono terribilmente dipendenti da altre: in questo caso il rilevamento delle luci dei semafori, indispensabili per affrontare gli incroci e le svolte. Qui si rivela la differenza tra l’umano che conduce la meccanica e l’intelligenza artificiale: innanzi a un imprevisto, seppure con tutti i suoi limiti e difetti, un essere umano avrebbe improvvisato e tentato una soluzione, mentre la macchina (fortunatamente) ha obbedito alle leggi di controllo. Il problema non ha coinvolto i robotaxi Tesla, che invece agiscono con sistemi differenti, più simili ai ragionamenti umani, ovvero sono più indipendenti dalle infrastrutture della circolazione. Naturalmente Waymo può trarre da questo evento diverse considerazioni. La prima riguarda l’effettiva dipendenza del sistema di guida dalle infrastrutture esterne; la seconda è la valutazione di come i mezzi automatizzati hanno reagito alla mancanza di informazioni. Infine, come sarà possibile modificare i software di controllo affinché, qualora capiti un nuovo incidente tecnico, le auto possano completare in sicurezza il servizio. Dall’esterno della vicenda è invece possibile valutare anche altro: le tecnologie digitali applicate alle dinamiche automobilistiche non sono ancora sufficientemente autonome. Sia chiaro, lo stesso vale per navi e aeroplani, ma mentre per questi ultimi gli algoritmi dei droni stanno già portando a una ricaduta di tecnologia che viene trasferita ai velivoli pilotati, nel campo automobilistico c’è ancora molto lavoro da fare. Proprio ieri, sempre negli Usa, il pilota di un velivolo King Air da nove posti è stato colpito da un malore. La chiamano “pilot incapacitation” e a bordo non c’era nessun altro che potesse prendere il controllo e atterrare. Ed è qui che la tecnologia ha salvato aeroplano e occupanti: il passeggero che sedeva accanto all’uomo ha premuto il tasto del sistema “Autoland”, l’autopilota ha scelto la pista idonea per lunghezza più vicina alla posizione dell’aereo e alla rotta percorsa, ha avvertito il centro di controllo e anche messo il passeggero nelle condizioni di dichiarare la necessità di un’ambulanza sul posto. L’alternativa sarebbe stato un disastro aereo con diverse vittime. La notizia potrebbe sembrare senza alcuna correlazione con quanto accaduto a San Francisco, ma così non è: il produttore del sistema di navigazione dell’aeroplano è Garmin, ovvero il medesimo che fornisce navigatori al settore automotive. E che prima o poi vedremo fornire uno dei suoi prodotti a qualche costruttore di automobili.
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Era inoltre il 22 dicembre, quando il Times of Israel ha riferito che «Israele ha avvertito l'amministrazione Trump che il corpo delle Guardie della rivoluzione Islamica dell'Iran potrebbe utilizzare un'esercitazione militare in corso incentrata sui missili come copertura per lanciare un attacco contro Israele». «Le probabilità di un attacco iraniano sono inferiori al 50%, ma nessuno è disposto a correre il rischio e a dire che si tratta solo di un'esercitazione», ha in tal senso affermato ad Axios un funzionario di Gerusalemme.
Tutto questo, mentre il 17 dicembre il direttore del Mossad, David Barnea, aveva dichiarato che lo Stato ebraico deve «garantire» che Teheran non si doti dell’arma atomica. «L'idea di continuare a sviluppare una bomba nucleare batte ancora nei loro cuori. Abbiamo la responsabilità di garantire che il progetto nucleare, gravemente danneggiato, in stretta collaborazione con gli americani, non venga mai attivato», aveva detto.
Insomma, la tensione tra Gerusalemme e Teheran sta tornando a salire. Ricordiamo che, lo scorso giugno, le due capitali avevano combattuto la «guerra dei dodici giorni»: guerra, nel cui ambito gli Stati Uniti avevano colpito tre siti nucleari iraniani, per poi mediare un cessate il fuoco con l’aiuto del Qatar. Non dimentichiamo inoltre che Trump punta a negoziare un nuovo accordo sul nucleare di Teheran con l’obiettivo di scongiurare l’eventualità che gli ayatollah possano conseguire l’arma atomica. Uno scenario, quest’ultimo, assai temuto tanto dagli israeliani quanto dai sauditi.
Il punto è che le rinnovate tensioni tra Israele e Teheran si stanno verificando in una fase di fibrillazione tra lo Stato ebraico e la Casa Bianca. Trump è rimasto irritato a causa del recente attacco militare di Gerusalemme a Gaza, mentre Netanyahu non vede di buon occhio la possibile vendita di caccia F-35 al governo di Doha. Bisognerà quindi vedere se, nei prossimi giorni, il dossier iraniano riavvicinerà o meno il presidente americano e il premier israeliano.
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