2021-12-13
Ugo Mattei: «Oggi l’informazione sta utilizzando metodi squadristici»
Il giurista: «L’obiettivo è un regime autoritario. Con Cacciari e Agamben ci opponiamo. Ma non faremo un partito politico».«Un vecchio arnese comunista come me che difende i valori del liberalismo classico, quelli di John Stuart Mill (filosofo ed economista britannico, ndr) per intendersi, e mi becco del fascista dai borghesi benpensanti. Ma le pare? Dopo anni nel cda del Manifesto e con uno zio, Gianfranco, gappista, partigiano decorato della resistenza. Torturato a Via Tasso, suicida pur di non tradire i compagni...». Ugo Mattei è un fiume in piena. Laureatosi in giurisprudenza all’università di Torino, dove tuttora insegna, si è poi specializzato a Berkeley in California. Studi e collaborazioni accademiche successive nelle più prestigiose università del mondo: dalla London School of Economics alla University of California. Da Yale a Cambridge. Assieme ad Agamben, Cacciari, Freccero, Bizzarri e altri ha dato vita al think tank «Dubbio e precauzione». Con un evento in presenza e online molto seguito tenutosi lo scorso 8 dicembre. «Uno come Agamben, se solo avesse voglia, avrebbe cattedra ad Harvard o ovunque volesse. Giusto per dare un’idea del valore e del prestigio degli intellettuali che si stanno dando da fare insieme con me. Quasi 60 interventi e nove ore di lavoro. Gente vaccinata e no. Operante nei settori più disparati. Dalla virologia alla medicina clinica in senso stretto. Dalla politologia al giornalismo. Dalla filosofia alla farmacologia per arrivare all’economia e al diritto».Un nuovo partito?«L’ultima cosa che voglio è andare in Parlamento. Apriamo un ombrello culturale piuttosto. E costruiamo spazi di agibilità democratica al dialogo culturale e all’alleanza politica. Che oggi non ci sono. La contrapposizione fra destra e sinistra non ha base sociale. Si differenziano solo su aspetti irrilevanti quali il gender e la retorica sull’immigrazione. Questo lavoro che facciamo è “costituente”, non può farlo un partito che per definizione rappresenta una parte. Il nostro è un approccio olistico. Ci occupiamo del tutto».Partendo da dove?«Riportiamo al centro i beni comuni e l’uomo come cittadino. Che prima è stato trasformato autisticamente in consumatore con la rivoluzione liberista degli anni Ottanta. Per poi trasformarlo in paziente sottoposto al trattamento della dittatura sanitaria. Un’involuzione autoritaria soprattutto nel mondo dell’informazione. Un regime spietato che utilizza il dileggio e la diffamazione per screditare gli oppositori. Le basta osservare il trattamento caricaturale riservato al nostro evento».Funziona così anche in America?«Pure lì, l’informazione usa la stessa strategia squadrista. Due opposte tifoserie che non si parlano nemmeno per studiarsi. Si va avanti a stereotipi e ritratti caricaturali del proprio avversario. Il blocco democratico atlantista - i liberal di Manhattan e della California - contrapposti ai “bifolchi trumpiani” del Sud e del Midwest armati fino ai denti. Due mondi separati con i loro network di riferimento. La Cnn per i dem e Fox per i repubblicani. Ma almeno c’è maggior pluralismo e il sistema tutto sommato funziona».In che senso?«Biden propone l’obbligo vaccinale, anche se in maniera meno feroce che da noi. Tre giudici federali lo bloccano. Un sistema federale che ha i suoi anticorpi; termine oggi abusato. Vi sono istituzioni di garanzia negli Stati Uniti. Gli anticorpi appunto. Cosa impensabile da noi. Il Quirinale e la Corte costituzionale non assolvono più alcuna funzione di garanzia. E i presidenti di Regione sono meri esecutori della politica emergenziale del governo. Anticorpi zero».La storia degli Stati Uniti cos’altro ci dice?«Hanno avuto momenti duri come le persecuzioni dei comunisti con il maccartismo e la segregazione razziale terribile al Sud. Ma la presenza del blocco sovietico antagonista ha spinto la società verso una progressiva emancipazione democratica. Oggi però questa spinta non c’è più e le galere sono piene di neri».L’Italia invece?«Non abbiamo imparato niente da quello che è successo esattamente cento anni fa quando Mussolini andò al potere legalmente, con l’appoggio anglo americano proprio come oggi. La benedizione della grande finanza. Proprio come oggi. Il plauso degli industriali, proprio come oggi. E il silenzio della piccola borghesia oggi rappresentato dalle varie confederazioni delle piccole imprese. Proprio come oggi».Esiste il pericolo di un’involuzione autoritaria simile al fascismo?«È già sotto i nostri occhi. Molti di quelli che si ritengono di sinistra perché acquistano Repubblica e si occupano di gender o femminicidi, pensano al fascismo nei suoi ultimi anni. Un regime ormai apertamente dittatoriale. Ma nel momento in cui i fascisti sono arrivati lo Statuto albertino era in vigore. Il Paese stava cioè all’interno di quelle che all’epoca erano l’equivalente delle nostre garanzie costituzionali. Proprio come oggi. Il presidente del Consiglio Mussolini aveva avuto un incarico formalmente impeccabile. Come oggi il nostro premier. E si usavano metodi squadristi per ricondurre all’ordine le maestranze che si opponevano. Faccio il giurista ma anche politica e sto fra la gente. Ha mai visto come si lavora nel settore della logistica? In Amazon piuttosto che in molti porti? Esattamente le stesse logiche. Squadre di sicurezza private pagate dagli imprenditori che menano i dipendenti che protestano».L’involuzione autoritaria esplicita e conclamata del fascismo quando si è avuta?«Con i brogli elettorali del ’24, la denuncia di Matteotti e il suo omicidio. Chi parla di queste derive presenti oggi viene considerato uno psicopatico. Come facevano allora i giornali asserviti al regime. Ma è questo ciò che deve fare un intellettuale critico».Cosa deve fare, di preciso?«Riflettere sugli aspetti economici fondativi. Sono questi che determinano la politica. Secondo una visione profondamente storicistica legata ai processi materiali. L’analisi dialettica è stata tolta di mezzo. La regressione culturale è impressionante. E pure giuridica».Cioè?«Stiamo sostituendo il diritto con le sue infrastrutture a tutela e garanzie (tribunali, avvocati, giudici, notai, eccetera) con l’algoritmo. Come una biglietteria automatica sostituisce il bigliettaio. Molto meno costoso. Basta un clic e il green pass che ti concedeva tutti i diritti non ti consente di fare più nulla. Un processo materiale legato alla concentrazione del capitale in un posto preciso».Dove?«Internet! I grandi social network producono un assetto a loro funzionale. Silenziano chi dà fastidio, fosse pure il presidente Trump. Mica aspettano un giudice. Una volta il capitalismo aveva bisogno di libertà e diritto per crescere e rafforzarsi. Oggi non servono più. Basta l’algoritmo di controllo».L’internet delle cose?«L’internet delle persone! Le controlli con il green pass e con la Rete. Non con il diritto».Anche la comunità scientifica ci mette del suo.«Ha praticamente abdicato al proprio ruolo. La tecnologia era il risultato della scienza. La ricerca di base serviva a produrre tecnologia che impattava sullo sviluppo della società. Oggi la tecnologia ha preso il sopravvento. E la scienza serve a giustificare il primato della tecnologia a sua volta prodotta dalla concentrazione del capitale. Pensi agli scienziati presunti tali che si sgolano per il green pass. E i processi politici sono condizionati».Come?«Un enorme trasferimento di risorse pubbliche verso Pfizer diventato l’emblema della tecnologia vaccinale. Da lì, il programma di vaccinazione obbligatoria. Pensi a quante altre cose si sarebbero potute fare con quei soldi. Quanti medici assunti? Quanta nuova potenzialità di trasporto pubblico in sicurezza? Quante scuole più moderne e sicure con impianti di areazione di ultima generazione? Il vaccino non può essere l’unica politica del Paese. E la scienza diventa dogma. L’infedele viene bruciato. Come succede oggi con lo squadrismo comunicativo. Ma la modernità nasce con l’ingegno. Oggi assistiamo agli ultimi rantoli della modernità e della statualità sovrana. Nasce con il rogo di Giordano Bruno e oggi muore con la deportazione di Assange che ha messo in crisi i dispositivi atlantisti di governo globale. Lo Stato moderno serviva al capitale. Ora non più».La Costituzione non ci protegge per niente?«La nostra Costituzione non è liberale in senso stretto come quella americana. Portava avanti un disegno riformista di convivenza fra capitale e lavoro. Pensi ai diritti di seconda generazione, quelli che richiedono uno Stato sociale. Scuola, sanità, assistenza, lavoro. Meticolosamente smantellati perché “non ci sono i soldi”. Se ti privi di sovranità monetaria è ovvio che mancano i soldi. Insomma, tutto demolito nel nome della libertà e della concorrenza. Ma ora è in atto una nuova fase. Ancor più regressiva».Quale?«La soppressione delle più elementari libertà (i cosiddetti diritti negativi su cui lo Stato non dovrebbe mettere bocca) nel nome della salvaguardia della salute attraverso la paura della morte. Si ritorna lì. Al capitale la libertà non serve più. E così la diffama costruendola come egoismo e non come qualcosa per cui vale la pena di morire come fece zio Gianfranco. Ne faranno le spese non solo i lavoratori. Ma anche la piccola e media impresa e i risparmiatori. Pensi al cambiamento climatico, la nuova frontiera dell’ipocrisia. Nel nome di questo metteranno fuori mercato abitazioni non più adatte ai nuovi standard ecologici. Potranno essere acquistate a prezzo vile e ristrutturate dal grande capitale. A discapito del piccolo proprietario».
Ecco #DimmiLaVerità dell'11 settembre 2025. Il deputato di Azione Ettore Rosato ci parla della dine del bipolarismo italiano e del destino del centrosinistra. Per lui, «il leader è Conte, non la Schlein».