
Al via la prima udienza per l'omicidio di Pamela. L'unico imputato resta il nigeriano Innocent Oseghale. Molti i nodi da chiarire: dal possibile coinvolgimento di altri complici al ruolo svolto dalla mafia africana.A 380 giorni dalla morte di Pamela Mastropietro, si apre stamani a Macerata il processo contro l'unico imputato: Innocent Oseghale. Il Procuratore di Macerata, Giovanni Giorgio, che sosterrà l'accusa insieme al pm di udienza Stefania Ciccioli, è convinto di avere le prove per inchiodarlo. Tre la parti civili ammesse Alesandra Verni e Stefano Mastropietro, mamma e papà di Pamela, patrocinati dall'avvocato Marco Valerio Verni che è anche lo zio della ragazza che saranno da stamani presenti in aula. Il processo avverrà in una sorta di aula bunker. Un'aula che si presterebbe alla celebrazione di un processo per mafia. Magari quella nigeriana. Lo dicono alcuni dei nigeriani entrati e usciti dall'inchiesta, lo ripetono i pentiti e le segnalazioni della polizia penitenziaria, lo disse anche tre anni fa – il 20 novembre 2015 - il Procuratore di Macerata Giovanni Giorgio. Ma oggi nel processo contro Oseghale, che è stato indicato essere un capo dei Black Cats, il gruppo più evoluto della mafia nera, non se ne può, non se ne deve parlare. «Non ci sono gli elementi», ha ripetuto la Procura. Eppure nelle carte del processo di riferimenti ce ne sono tanti, come rivela Panorama nel numero da oggi in edicola. Il processo si giocherà soprattutto sulle perizie. Chissà cosa accadrà quando i due consulenti della Procura, il medico legale professor Mariano Cingolani e il tossicologo professor Rino Froldi, proietteranno le diapositive di come è stata ridotta Pamela: il costato che sembra un abbacchio, i seni mutilata, la vagina evinta dal corpo e scuoiata per nascondere segni di rapporti sessuali, la testa con la lingua tra i denti, i femori scarnificati per appiattire le cosce e farle entrare nei trolley. Oseghale sostiene di non averla uccisa, che è morta di overdose mentre lui era fuori. Quando è tornato in via Spalato trovandola morta s'è spaventato e l'ha fatta a pezzi, poi ha lavato i resti con la varichina, ha pulito tutto e ha gettato le valige. Ha fatto tutto da solo? La Procura ne sembra convinta tanto da aver escluso dal processo altri due nigeriani, Desmond Lucky e Lucky Awelima (già condannati a 6 e 8 anni per spaccio) che invece di Oseghale parlano e parlano tanto. La Verità è in possesso di intercettazioni ambientali registrate nel carcere di Montacuto dove i due sono stati rinchiusi insieme nei primi tempi dell'inchiesta Mastropietro. Questo è il testo. Desmond: «Perché gli ha tagliato i capelli?». Awelima: «Ti ho detto di stare zitto, questa cosa mi fa venire i brividi». D: «Forse li ha venduti. Immagino cos'ha combinato (ride). Già sai come i seni…» A: «Lui già conosce il corpo di una donna, sa come è fatta una donna, perché lui lo ha già fatto. Prima, faceva prima: ecco perché sa dove andare…». D: «Si lui già faceva prima, come facevano con le donne in Nigeria…». A: «Uccidere le ragazze e le tagliano a pezzi». D: «Sì, lui è il tipo che lo faceva prima, lui è uno dei capi. Io credo che lui è scappato via dalla Nigeria perché aveva assistito, aveva visto fare questa cosa». Di Oseghale racconta tanto anche un collaboratore di giustizia che per ben quattro volte ha fatto dichiarazioni alla Procura di Macerata. Vincenzo M., che ha fatto arrestare moltissimi 'ndranghetisti e che non si sa se sarà chiamato a testimoniare, ha riferito che il nigeriano ha confessato il delitto, ha ucciso Pamela perché si era rifiutata di avere un rapporto a tre anche con Desmond e minacciava di raccontare tutto alla Polizia e ha aggiunto che lui è uno dei capi dei Black Cats incaricato di fare da collegamento tra Padova e Castelvolturno, di reclutare nuovi adepti, gestire lo spaccio, la prostituzione e la tratta della bianche. Avrebbe offerto a Vincenzo M. «centomila euro se testimoni che sai che Pamela è morta di overdose, i soldi te li faccio avere da Castelvolturno tramite gli avvocati». Degli avvocati parlano anche Awelima e Desmond in un'altra intercettazione ambientale registrata dopo un interrogatorio di cui La Verità è in possesso. Awelima: «Ti ha fatto tante domande?» Desmond: «Si mi ha chiesto di dire la verità. Così ho pensato di dire la verità nel mio cuore a lui… a lui. Avvocato. Alla fine mi ha creduto. Quando ho detto lui che avevo venduto la droga (per Pamela, ndr) lui ha detto: non puoi dire questa cosa in udienza… perché ti daranno una pena. Lui non avrebbe potuto difendermi davanti ai giudici. Loro (i carabinieri, ndr) non hanno trovato la droga nelle mie mani, ma se dichiarasse che gliel'ho data io sarei giudicato come spacciatore. Lui (l'avvocato, ndr) l'ho incontrato quattro volte; due nel suo ufficio e due qui in carcere…» Awelima: «Nell'ufficio suo?». Desmond: «Tutto il servizio di avvocato viene pagato». E qui sorge una domanda: è tutto pagato da chi? Una domanda che è diventata un'interpellanza parlamentare dell'onorevole Giorgia Latini (Lega). Questo collegio difensivo si dovrà molto battere perché i periti dell'accusa sono fermi nel dire che Pamela è stata uccisa con due coltellate al fegato, che il depezzamento è cominciato quando lei era ancora viva e l'overdose non c'entra. Semmai un dubbio c'è sul fatto che il collo della ragazza non è stato trovato forse perché è stata sgozzata come si fa nella pratica halal per dissanguarla. I periti della difesa ovviamente puntano tutto sulla morte per overdose. Ma c'è un elemento che non torna e che sarà evidenziato da Marco Valerio Verni. «Noi», sostiene l'avvocato, «siamo persuasi che l'imputato non abbia fatto tutto da solo». Oseghale, Awelima e Desmond hanno molto in comune: sono arrivati con i barconi, hanno vissuto a spese del contribuente, hanno gestito lo spaccio e …chissà cos'altro. Per questo l'aula del tribunale di Macerata diventa un bunker, e forse anche per questo bisogna fare in fretta. «No», replica Marco Valerio Verni, «bisogna fare giustizia».
Ornella Vanoni. (Milano, 22 settembre 1934 - 21 novembre 2025) (Getty Images)
La cantante e attrice si è spenta nella sua abitazione milanese a 91 anni. Dal teatro con Strehler alla canzone romantica con Gino Paoli, la sua voce dal timbro inconfondibile ha attraversato la storia della canzone italiana collaborando con tutti i grandi, da Modugno a Dalla a Eros Ramazzotti. Da Lucio Battisti fino a Carmen Consoli.
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Se n'è andata nella sua Milano, quartiere Brera, a pochi passi dal teatro che porta il nome del suo grande maestro (e amore) Giorgio Strehler. Con lui arrivò nel dopoguerra il successo per Ornella Vanoni, figlia di industriale farmaceutico, diplomata all'Accademia di Arte Drammatica dove insegnava proprio il grande regista e autore triestino. Milano come protagonista del primo repertorio con le canzoni della «mala» (Ma mi, Senti come vosa la sirena e tante altre). Pupilla di Nanni Ricordi, dalla fine degli anni Cinquanta sarà interprete della canzone romantica anche grazie al legame sentimentale con Gino Paoli. Indimenticabili le interpretazioni di »Me in tutto il mondo», «Senza fine», «Il cielo in una stanza». Il sodalizio continuerà anche dopo la fine della relazione che si tradurrà in duetti di successo. Protagonista del Festival di Sanremo in otto edizioni dal 1965 al 2018, ha vinto per due volte il premio Tenco. Nel 1981, quando fu la prima donna a conquistare il prestigioso riconoscimento e nel 2022 quando le è stato conferito il Premio Speciale Tenco. Presenza costante della televisione italiana, è stata ospite fissa di diverse trasmissioni popolari, l'ultima in ordine cronologico «Che tempo che fa». Ha avuto un figlio, Cristiano, dal matrimonio con Lucio Ardenzi, scomparso nel 2002.
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La famiglia della casa nel bosco (Ansa). Nel riquadro, i genitori dei bambini
L’uomo smentisce la Procura: «Stanno con i bimbi dei nostri amici, socializzano eccome. Vogliamo poter scegliere ciò che fa per noi».
Le accuse che gli muovono sono pesantissime. «In considerazione delle gravi e pregiudizievoli violazioni dei diritti dei figli all’integrità fisica e psichica, all’assistenza materiale e morale, alla vita di relazione e alla riservatezza, i genitori vanno sospesi dalla responsabilità genitoriale», si legge nelle carte del tribunale dell’Aquila. «È inoltre necessario ordinare l’allontanamento dei minori dall’abitazione familiare, in considerazione del pericolo per l’integrità fisica derivante dalla condizione abitativa, nonché dal rifiuto da parte dei genitori di consentire le verifiche e i trattamenti sanitari obbligatori per legge». Nathan Trevallion e sua moglie Catherine sono ritenuti dall’istituzione giudiziaria cattivi genitori, tanto che i loro tre bambini gli sono stati tolti e portati in una casa famiglia, dove la mamma li ha potuti raggiungere e il padre li ha potuti incontrare per qualche minuto ieri. Scrive ancora il tribunale che è «confermato il provvedimento di affidamento esclusivo al servizio sociale adottato in fase cautelare. Il servizio sociale è inoltre incaricato di disciplinare la frequentazione tra genitori e figli, con modalità idonee a prevenire il rischio di sottrazione».
Donald Trump e Volodymyr Zelensky (Getty)
Donald Trump: «Accettate il piano o basta armi». Il leader ucraino, al bivio, apre di malavoglia alla proposta: «Dobbiamo scegliere tra il perdere la dignità o un alleato strategico». Fra le condizioni, anche elezioni entro 100 giorni e niente ingresso nella Nato.
Ha ormai preso forma il piano di pace elaborato dalla Casa Bianca per portare a conclusione la guerra in Ucraina. Secondo una bozza pubblicata da Reuters, il progetto, in 28 punti, prevedrebbe varie componenti. L’Ucraina riceverà «solide garanzie di sicurezza», ma dovrà impegnarsi a non aderire alla Nato e a ridurre le sue forze armate. Per quanto riguarda i territori, nel testo si legge che «la Crimea, Luhansk e Donetsk saranno riconosciute di fatto come russe, anche dagli Stati Uniti», mentre «Kherson e Zaporizhzhia saranno congelate sulla linea di contatto». «La Russia rinuncerà agli altri territori concordati sotto il suo controllo al di fuori delle cinque regioni», si legge ancora. Per quanto invece concerne le aree del Donbass da cui si ritireranno le forze di Kiev, esse saranno considerate «una zona cuscinetto demilitarizzata neutrale, riconosciuta a livello internazionale come territorio appartenente alla Federazione russa».
Friedrich Merz, Emmanuel Macron, Volodymyr Zelensky e Keir Starmer (Ansa)
Berlino, Londra e Parigi sondano un’alternativa. Roma scettica. E Zelensky gela Bruxelles: «La proposta Usa diventi congiunta».















