2021-11-05
Allarmi continui. Ma ora il Covid colpisce meno dell’influenza
I numeri della pandemia vengono sparati senza contesto Per i virus stagionali con migliaia di morti l'Italia non ha chiusoIn epoca non Covid, novembre era il mese dell'allarme virus influenzale. «Ogni anno si verificano diverse centinaia di morti attribuite direttamente all'influenza, ma stimiamo anche che 7-8.000 persone muoiano per conseguenze e complicanze di questa infezione», ammoniva nel 2015 Gianni Rezza, direttore del dipartimento malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità. Dalle pagine del Corriere della Sera ricordava che nel 2014 «la stagione di attività è stata intensa per i virus influenzali, per cui ci siamo avvicinati a 6 milioni di casi». La situazione non migliorò negli anni a seguire, come poi vedremo, ma oggi di influenza si parla malvolentieri, quasi fosse un malanno trascurabile. Meglio ingigantire i dati relativi ai contagi da coronavirus, nemmeno fossero l'elenco degli appestati. Ieri sui giornali uno dei titoli più ricorrenti era: «Il virus torna a far paura, a Bolzano 3.382 persone in quarantena». Roba da sobbalzare sulla sedia, che cosa mai avranno fatto per infettarsi tutti in un colpo? Poi vai a vedere i dati dell'Asdaa, l'azienda sanitaria dell'Alto Adige e scopri che ancora una volta vengono sparati dati cumulativi, come quando nel bollettino quotidiano nazionale conteggiano i casi da inizio pandemia, mai quelli relativi all'ultima settimana. A Bolzano, dunque, non è arrivata la quinta ondata, almeno per il momento. Il 3 novembre sono stati segnalati 196 nuovi positivi e in quarantena ne erano finiti 133. Che poi sarebbe ora di intendersi sui termini, visto che quarantena significa isolamento né più né meno di quanto farebbe una persona colpita dall'influenza. Non era allarmante la situazione nemmeno il 2 novembre, con + 34 positivi e + 10 in quarantena. Il 31 ottobre c'erano + 134 in isolamento domiciliare e + 78 nuovi positivi, numeri ben lontani dal significare emergenza. Lo conferma anche il commissario straordinario, riferendo che la situazione a livello nazionale «nel mese di ottobre mostra un rialzo della curva epidemica, con un progressivo incremento dell'incidenza settimanale di nuovi casi», però «alla crescita dei contagi non corrisponde, per ora, un incremento proporzionale di ospedalizzazioni». Il generale Francesco Paolo Figliuolo precisa infatti che «secondo le rilevazione aggiornate al 3 novembre, 3.029 persone sono ricoverate con sintomi in degenza ordinaria e 381 in terapia intensiva a fronte rispettivamente di 3.198 e 440 soggetti ricoverati al 30 settembre scorso». Guardiamo che cosa accadeva sul fronte virus stagionale, prima che il Covid diventasse lo spauracchio onnipresente. Tra il 28 ottobre e il 3 novembre 2019, il primo bollettino stagionale della Rete Influnet dell'Istituto superiore di sanità segnalava 89.000 persone colpite da influenza, per un totale di circa 243.000 casi dall'inizio della sorveglianza, avviata il 14 ottobre di quell'anno. I nuovi positivi al Covid, invece, dal 1 ottobre al 1 novembre 2021, sono stati 99.025, tanto perché si comprendano le differenze di numeri e l'ingiustificato allarmismo. Senza contare che nel 2019 l'Iss avvisava che i dati erano fortemente sottostimati, perché pochi medici avevano partecipato all'indagine. Scorrendo i vari rapporti della sorveglianza integrata dell'influenza, leggiamo per esempio che nella settimana tra il 23 e il 29 aprile 2018 ci furono 39.000 casi di sindrome influenzale e che «la mortalità è stata inferiore al dato atteso, con una media giornaliera di 184 decessi rispetto ai 199 attesi». Ieri, i nuovi 5.905 positivi al Covid sono stati presentati come «forte aumento» dei contagi. Nella stessa settimana, un anno prima l'Iss riportava «una media giornaliera di 189 decessi rispetto a 186 attesi». Fanno più di 5.500 decessi al mese mentre noi dobbiamo accontentarci del solo conteggio dei morti per Covid, 1.188 negli ultimi trenta giorni. Nel 2017 ci fu un boom di decessi per influenza. «Possiamo stimare un dato nazionale di morti in eccesso tra 15 e 20.000», dichiarò l'allora presidente dell'Istituto superiore di sanità, Walter Ricciardi. «Lo scorso anno ad esser state colpite sono state oltre 8 milioni di persone, tra cui 833.000 bimbi sotto i 5 anni» spiegò a novembre 2019 Antonino Bella, responsabile della sorveglianza Influnet. Adesso, invece, l'unico male sembra essere sempre e solo il Covid. Eppure non c'è motivo di allarmarsi con la situazione sanitaria attuale e con «l'86,41% della popolazione vaccinabile (soggetti over-12)» che ha fatto almeno una dose e l'83,18% «con ciclo completo», come ha ricordato Figliuolo. Basterebbe guardare i dati pubblicati e dare il giusto risalto alle notizie reali, non alle previsioni catastrofiche. Ieri la direzione dello Spallanzani, l'Istituto nazionale per le malattie infettive, comunicava che erano ricoverati 85 pazienti positivi «di cui 2 in via di dimissione», 9 sono in terapia intensiva e che «l'attuale quadro epidemiologico ha consentito di ridurre i posti letto dedicati al Covid-19 in altri ospedali della rete regionale». Un'ottima notizia, che oggi pochissimi giornali metteranno in risalto. Si teme il ritorno alla normalità, meglio far vivere nel terrore costante. Così capita di leggere che nel Padovano i ricoveri in terapia intensiva quest'anno arriveranno «a quasi 33.000», ha spiegato Paolo Navalesi, direttore di anestesia e rianimazione, ma senza sottolineare che solo 6.647 saranno di pazienti Covid. E si preferisce scrivere che la Lombardia ha il maggior numero di contagi, +745, omettendo di spiegare che rappresentano un nulla su 105.766 tamponi effettuati ieri. In quella Regione, il 4 novembre di un anno fa, i test dai quali emersero 7.758 nuovi positivi erano appena 43.716. Quelli sì, furono numeri preoccupanti.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)