2022-12-18
Oggi la finale di un mondiale da cancellare
Ansa
Oggi Argentina e Francia si giocano il titolo mondiale. Non so chi vincerà, ma poco me ne importa, perché con Qatar 2022 hanno perso tutti quanti. In particolare, ha perso l'Europa perché, mentre i suoi vertici si riempivano la bocca con proclami in difesa dei diritti e della democrazia, non si è accorta che alcuni suoi illustri esponenti si riempivano il portafogli, assecondando i voleri dell'emirato musulmano in barba ai principi stabiliti dalla Convenzione che gli Stati membri del vecchio continente sottoscrissero settant'anni fa. Le indagini che stanno travolgendo la sinistra italiana hanno portato alla luce un sistema basato sulla corruzione, dove qualsiasi ideale e qualsiasi sofferenza in nome delle libertà erano piegati a un tornaconto personale.
Dunque, come si fa a gioire per una sfida sportiva, quando si sa che la Coppa del Mondo si è giocata in un Paese che non solo ha pagato per aggiudicarsi l’evento, corrompendo dirigenti e politici, ma ha anche versato tangenti per comprarsi l’Europarlamento e tacitare qualsiasi critica venisse rivolta sulle condizioni dei lavoratori o sulla libertà di espressione? Secondo le anime belle non si devono mischiare lo sport e la politica, e per giustificare la posizione di separazione delle opinioni, ricordano quando le partite si giocarono in un’Argentina ancora segnata dal colpo di Stato militare di Jorge Videla. E ricordo che il circo della Coppa Davis non si fermò neppure davanti a un Cile trasformato in un grande campo di concentramento dal generale Augusto Pinochet e dalla sua soldataglia. Sì, le sfide sportive si sono sempre sottratte al confronto con la politica, preferendo concentrarsi solo sul pallone che rotola, mentre l’unico diritto riconosciuto nel tennis è quello che si dà colpendo la pallina con la racchetta. Tuttavia, ben conscio di avventurarmi su un terreno in cui vigono le regole del tifo e non quelle della democrazia, mi permetto di dire che questa Coppa del Mondo non dovrebbe essere assegnata e i primi a sostenerlo, se avessero un briciolo di dignità e di coraggio, dovrebbero essere i dirigenti della Fifa, ovvero di quell’organizzazione internazionale del calcio che ha costretto le squadre a giocare senza mostrare alcun simbolo che anche solo lontanamente ricordasse la libertà. Come si fa a giocare, ma soprattutto a premiare, sapendo che quella Coppa è frutto di una totale violazione dei principi morali di una società moderna? Come è possibile nascondere la testa sotto la sabbia, ma forse sarebbe meglio dire sotto i soldi, per non vedere lo squallore di una competizione viziata dalla corruzione e dall’integralismo religioso? Fin dagli esordi, l’assegnazione dei giochi a Doha, invece che agli Stati Uniti, generò una serie di perplessità. Il repentino cambio di opinione di Michel Platini, l’assunzione del figlio del celebre calciatore da parte di una società legata all’emiro, gli interessi di Nicolas Sarkozy e dei suoi amici nei confronti dello Stato del Golfo, gli affari, le campagne elettorali dell’esponente neogollista: tutto ha alimentato dubbi sulla prima coppa del mondo giocata nel Medioriente.
La magistratura francese ancora indaga per scoprire se siano state pagate mazzette ai politici e diciamo che i sospetti non sono campati in aria. Tuttavia, fino all’altro ieri l’Europa aveva scelto di chiudere gli occhi, rinunciando a scoprire se la scelta del Qatar fosse stata comprata a peso d’oro da un Paese bisognoso di riaccreditarsi con i partner occidentali. Nonostante abbia acquistato hotel di lusso e partecipazioni strategiche in molte aziende europee, in Francia come in Italia, il Qatar ha bisogno di rifarsi l’immagine e soprattutto di far dimenticare migliaia di lavoratori sfruttati fino alla morte. Che c’è di meglio, dunque, di comprare i favori di esponenti sindacali e di politici che a parole difendono i diritti umani? Di fronte ai trolley pieni di soldi, a quelle centinaia di migliaia di euro stipati nei sacchi e pronti per essere usati per comprare il consenso, c’è una sola cosa da fare: fischiare la fine della partita. Altro che giocare, qui si è costretti a fermarsi per la troppa vergogna e la sola sanzione nei confronti del Qatar è non assegnare alcuna vittoria, affinché rimanga negli annali la corruzione sistemica di cui l’emirato si è reso protagonista. Come si fa a lasciare che tutto si svolga fino alla proclamazione dei vincitori, quando i discorsi che i politici corrotti facevano in favore dello Stato del Golfo sembrano la fotocopia di quelli pronunciati dai dirigenti della Fifa, quasi fossero stati scritti dalla stessa mano? La federazione e i suoi capi hanno scelto di chiudere gli occhi, probabilmente per convenienza economica, di fronte alle irregolarità e alle violazioni. Lo stesso hanno fatto l’Europarlamento e i suoi onorevoli, grati dei regali e dei denari. Dinnanzi a tutto ciò, l’opinione pubblica non può far finta di niente, abbassando semplicemente lo sguardo. La sola cosa che può fare, per rispetto di chi è sfruttato, ma anche per il disgusto nei confronti di chi ha preso soldi dagli sfruttatori, è spegnere il televisore. Che se la guardino gli emiri la partita che si sono comprati.
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Altro che giocare la finale: dopo gli scandali bisognerebbe fermarsi. La sola sanzione nei confronti del Qatar è non certificare alcuna vittoria, affinché rimanga negli annali dello sport la corruzione sistemica di cui l’emirato si è reso protagonista.Oggi Argentina e Francia si giocano il titolo mondiale. Non so chi vincerà, ma poco me ne importa, perché con Qatar 2022 hanno perso tutti quanti. In particolare, ha perso l'Europa perché, mentre i suoi vertici si riempivano la bocca con proclami in difesa dei diritti e della democrazia, non si è accorta che alcuni suoi illustri esponenti si riempivano il portafogli, assecondando i voleri dell'emirato musulmano in barba ai principi stabiliti dalla Convenzione che gli Stati membri del vecchio continente sottoscrissero settant'anni fa. Le indagini che stanno travolgendo la sinistra italiana hanno portato alla luce un sistema basato sulla corruzione, dove qualsiasi ideale e qualsiasi sofferenza in nome delle libertà erano piegati a un tornaconto personale.Dunque, come si fa a gioire per una sfida sportiva, quando si sa che la Coppa del Mondo si è giocata in un Paese che non solo ha pagato per aggiudicarsi l’evento, corrompendo dirigenti e politici, ma ha anche versato tangenti per comprarsi l’Europarlamento e tacitare qualsiasi critica venisse rivolta sulle condizioni dei lavoratori o sulla libertà di espressione? Secondo le anime belle non si devono mischiare lo sport e la politica, e per giustificare la posizione di separazione delle opinioni, ricordano quando le partite si giocarono in un’Argentina ancora segnata dal colpo di Stato militare di Jorge Videla. E ricordo che il circo della Coppa Davis non si fermò neppure davanti a un Cile trasformato in un grande campo di concentramento dal generale Augusto Pinochet e dalla sua soldataglia. Sì, le sfide sportive si sono sempre sottratte al confronto con la politica, preferendo concentrarsi solo sul pallone che rotola, mentre l’unico diritto riconosciuto nel tennis è quello che si dà colpendo la pallina con la racchetta. Tuttavia, ben conscio di avventurarmi su un terreno in cui vigono le regole del tifo e non quelle della democrazia, mi permetto di dire che questa Coppa del Mondo non dovrebbe essere assegnata e i primi a sostenerlo, se avessero un briciolo di dignità e di coraggio, dovrebbero essere i dirigenti della Fifa, ovvero di quell’organizzazione internazionale del calcio che ha costretto le squadre a giocare senza mostrare alcun simbolo che anche solo lontanamente ricordasse la libertà. Come si fa a giocare, ma soprattutto a premiare, sapendo che quella Coppa è frutto di una totale violazione dei principi morali di una società moderna? Come è possibile nascondere la testa sotto la sabbia, ma forse sarebbe meglio dire sotto i soldi, per non vedere lo squallore di una competizione viziata dalla corruzione e dall’integralismo religioso? Fin dagli esordi, l’assegnazione dei giochi a Doha, invece che agli Stati Uniti, generò una serie di perplessità. Il repentino cambio di opinione di Michel Platini, l’assunzione del figlio del celebre calciatore da parte di una società legata all’emiro, gli interessi di Nicolas Sarkozy e dei suoi amici nei confronti dello Stato del Golfo, gli affari, le campagne elettorali dell’esponente neogollista: tutto ha alimentato dubbi sulla prima coppa del mondo giocata nel Medioriente.La magistratura francese ancora indaga per scoprire se siano state pagate mazzette ai politici e diciamo che i sospetti non sono campati in aria. Tuttavia, fino all’altro ieri l’Europa aveva scelto di chiudere gli occhi, rinunciando a scoprire se la scelta del Qatar fosse stata comprata a peso d’oro da un Paese bisognoso di riaccreditarsi con i partner occidentali. Nonostante abbia acquistato hotel di lusso e partecipazioni strategiche in molte aziende europee, in Francia come in Italia, il Qatar ha bisogno di rifarsi l’immagine e soprattutto di far dimenticare migliaia di lavoratori sfruttati fino alla morte. Che c’è di meglio, dunque, di comprare i favori di esponenti sindacali e di politici che a parole difendono i diritti umani? Di fronte ai trolley pieni di soldi, a quelle centinaia di migliaia di euro stipati nei sacchi e pronti per essere usati per comprare il consenso, c’è una sola cosa da fare: fischiare la fine della partita. Altro che giocare, qui si è costretti a fermarsi per la troppa vergogna e la sola sanzione nei confronti del Qatar è non assegnare alcuna vittoria, affinché rimanga negli annali la corruzione sistemica di cui l’emirato si è reso protagonista. Come si fa a lasciare che tutto si svolga fino alla proclamazione dei vincitori, quando i discorsi che i politici corrotti facevano in favore dello Stato del Golfo sembrano la fotocopia di quelli pronunciati dai dirigenti della Fifa, quasi fossero stati scritti dalla stessa mano? La federazione e i suoi capi hanno scelto di chiudere gli occhi, probabilmente per convenienza economica, di fronte alle irregolarità e alle violazioni. Lo stesso hanno fatto l’Europarlamento e i suoi onorevoli, grati dei regali e dei denari. Dinnanzi a tutto ciò, l’opinione pubblica non può far finta di niente, abbassando semplicemente lo sguardo. La sola cosa che può fare, per rispetto di chi è sfruttato, ma anche per il disgusto nei confronti di chi ha preso soldi dagli sfruttatori, è spegnere il televisore. Che se la guardino gli emiri la partita che si sono comprati.
(Totaleu)
Lo ha detto l'eurodeputato di Fratelli d'Italia Paolo Inselvini alla sessione plenaria di Strasburgo.
Giornata cruciale per le relazioni economiche tra Italia e Arabia Saudita. Nel quadro del Forum Imprenditoriale Italia–Arabia Saudita, che oggi riunisce a Riyad istituzioni e imprese dei due Paesi, Cassa depositi e prestiti (Cdp), Simest e la Camera di commercio italo-araba (Jiacc) hanno firmato un Memorandum of Understanding volto a rafforzare la cooperazione industriale e commerciale con il mondo arabo. Contestualmente, Simest ha inaugurato la sua nuova antenna nella capitale saudita, alla presenza del vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani.
L’accordo tra Cdp, Simest e Jiacc – sottoscritto alla presenza di Tajani e del ministro degli Investimenti saudita Khalid A. Al Falih – punta a costruire un canale stabile di collaborazione tra imprese italiane e aziende dei Paesi arabi, con particolare attenzione alle opportunità offerte dal mercato saudita. L’obiettivo è facilitare l’accesso delle aziende italiane ai mega-programmi legati alla Vision 2030 e promuovere partnership industriali e commerciali ad alto valore aggiunto.
Il Memorandum prevede iniziative congiunte in quattro aree chiave: business matching, attività di informazione e orientamento ai mercati arabi, eventi e missioni dedicate, e supporto ai processi di internazionalizzazione. «Questo accordo consolida l’impegno di Simest nel supportare l’espansione delle Pmi italiane in un’area strategica e in forte crescita», ha commentato il presidente di Simest, Vittorio De Pedys, sottolineando come la collaborazione con Cdp e Jiacc permetterà di offrire accompagnamento, informazione e strumenti finanziari mirati.
Parallelamente, sempre a Riyad, si è svolta la cerimonia di apertura del nuovo presidio SIMEST, inaugurato dal ministro Tajani insieme al presidente De Pedys e all’amministratore delegato Regina Corradini D’Arienzo. L’antenna nasce per fornire assistenza diretta alle imprese italiane impegnate nei percorsi di ingresso e consolidamento in uno dei mercati più dinamici al mondo, in un Medio Oriente considerato sempre più strategico per la crescita internazionale dell’Italia.
L’Arabia Saudita, al centro di una fase di profonda trasformazione economica, ospita già numerose aziende italiane attive in settori quali infrastrutture, automotive, trasporti sostenibili, edilizia, farmaceutico-medicale, alta tecnologia, agritech, cultura e sport. «L’apertura dell’antenna di Riyad rappresenta un passo decisivo nel rafforzamento della nostra presenza a fianco delle imprese italiane, con un’attenzione particolare alle Pmi», ha dichiarato Corradini D’Arienzo. Un presidio che, ha aggiunto, opererà in stretto coordinamento con la Farnesina, Cdp, Sace, Ice, la Camera di Commercio, Confindustria e l’Ambasciata italiana, con l’obiettivo di facilitare investimenti e cogliere le opportunità offerte dall’economia saudita, anche in settori in cui la filiera italiana sta affrontando difficoltà, come la moda.
Le due iniziative – il Memorandum e l’apertura dell’antenna – rafforzano dunque la presenza del Sistema Italia in una delle aree più strategiche del panorama globale, con l’ambizione di trasformare le opportunità della Vision 2030 in collaborazioni concrete per le imprese italiane.
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