Crescono salari e ore lavorate e diminuiscono gli inattivi Lezione alla Cgil: le paghe aumentano se rinnovi i contratti.
Crescono salari e ore lavorate e diminuiscono gli inattivi Lezione alla Cgil: le paghe aumentano se rinnovi i contratti.riportato dall’Istat sul costo delle ore lavoratore per unità equivalente. Sale dell’1,3% nella componente retributiva e del 2,2 in quella che va sotto la voce contributi sociali. Un panorama che cozza alquanto con il racconto fatto dai sostenitori del referendum, secondo cui senza un cambio di passo ci saremmo dovuti attendere un aumento dei licenziamenti e ulteriore precarizzazione. Certo, non è tutto oro quello che luccica. E il motto si presta benissimo alla situazione attuale. Infatti, nell’ultimo trimestre si è registrato anche un aumento della cassa integrazione e, anche se sembra un paradosso, la spiegazione non poi così complessa.La situazione finanziaria e l’impossibilità di comprimere la politica monetaria spinge molte aziende a «svalutare» le buste paga facendo ricorso agli ammortizzatori. Una scelta che ovviamente penalizza la produttività. Ed è su questo aspetto che si gioca il futuro del mercato del lavoro italiano. Da questo punto di vista è bene dirsi per fortuna i quesiti sul lavoro non sono passati. Non lo diciamo noi ma un economista come Tito Boeri che certo non è consulente della maggioranza di governo. L’ispiratore della legge che ha riformato il mercato del lavoro nelle ultime settimane si è detto convinto che l’eventuale vittoria del sì non avrebbe fatto altro che peggiorare il livello dei salari, il grande male italiano. «L’occupazione sale, i salari continuano a restare bassi. Perché?», aveva spiegato Boeri, «sono due facce della stessa medaglia: se il costo del lavoro diminuisce, le imprese tendono ad assumere di più. Purtroppo i salari in Italia non hanno tenuto il passo dell’inflazione come in altri Paesi: stiamo parlando di una perdita del potere d’acquisto del dieci per cento rispetto a quattro anni fa, soprattutto nei servizi». Parole lapidarie. Se i quesiti fossero passati, sarebbe stato l’ennesimo disincentivo agli investimenti di imprese innovative in Italia. «Per essere innovativi bisogna prendere grandi rischi di fallire: in questo modo», aveva concluso in una lunga intervista, «aumenterebbero invece i costi dei fallimenti». Avviando in pratica un ulteriore circolo vizioso. Non è quindi un caso che quando si tratta di entrare nel merito e lasciare la parola ai lavoratori emerge il buon senso. L’altro ieri le 582 Rsa degli stabilimenti di Stellantis in Italia hanno votato per il rinnovo del contratto: circa 140 euro in più al mese. Il sì si è registrato in 560 Rsa lasciando la Fiom-Cgil in netta minoranza. La sigla che fa riferimento a Maurizio Landini da tempo cercava di bloccare gli aumenti lamentando problematiche varie e scarso impegno finanziario da parte dell’impresa. Certo, 300 euro sarebbero stati da preferire, ma parliamo di un obiettivo irrealizzabile. La stessa logica la Cgil la sta applicando a quasi tutti i contratti della Pubblica amministrazione. Sono così fermi fondi per circa 20 miliardi e il rischio è che parte di questi fondi venga usato per il taglio delle tasse del ceto medio, annunciato due giorni fa da Giorgia Meloni. Sarebbe uno smacco per le sigle. Ma al di là del fatto che ormai Landini si muove da leader politico e non da sostenitore dei lavoratori c’è una postilla dell’Istat che dovrebbe fare aprire gli occhi. Nel passaggio del report dedicato all’aumento delle retribuzioni (che nel complesso segna + 4,1%) si scrive espressamente che l’inversione di tendenza è dovuta a due fattori. Il primo è l’esaurimento di alcune agevolazioni contributive e il secondo è il rinnovo di un discreto numero di contratti nazionali. Esattamente la strada che va perseguita per evitare che l’economia italiana viva in pieno dualismo. Spread basso e apprezzamento da parte dei mercati per una politica fiscale che sposa in pieno il Patto di stabilità e dall’altra parte un Pil che migliora ma non decolla proprio per via della bassa produttività del lavoro. Che a sua volta risente dell’inflazione. Basti pensare che un punto e mezzo di aumento del costo del lavoro quasi azzera i benefici della riforma Irpef. Sono temi complessi e intrecciati che meriterebbero un tavolo congiunto tra maggioranza e opposizione. per prima cosa, andrebbero rinnovati tutti i contratti nazionali per poi, in un momento successivo, puntare sui contratti di secondo livello migliorando anche la qualità della domanda e dell’offerta. Cioè, fare in modo che le aziende siano in grado di trovare personale idoneo e in grado di soddisfare le esigenze produttive. Il che significa una volta per tutte rilanciare le politiche attive e la formazione scolastica ed extra scolastica. Il lavoro è cambiato e quindi vanno cambiate anche le dinamiche della concertazione. Finché i sindacati non mollano il vecchio modello (temono di non avere più rappresentanza) sarà però difficile fare un passo in avanti.
Brunello Cucinelli (Ansa)
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Emmanuel Macron e Friedrich Merz (Ansa)
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