2018-08-01
Obiezione di coscienza per i farmacisti: dopo l’aborto spunta il gender
Cvs Pharmacy, la seconda più grande catena farmaceutica degli Stati Uniti, ha licenziato un farmacista che nei mesi scorsi si era rifiutato di vendere un farmaco per il trattamento ormonale finalizzato alla transizione di genere. In seguito ai reclami dell’interessato, la Cvs ha rilasciato pubbliche scuse specificando, in relazione al comportamento del farmacista: «Non riflette i nostri valori e il nostro impegno per l'inclusione, la non discriminazione e la fornitura di un'assistenza eccellente ai pazienti». Pertanto, il sig. «Hilde» Hall non ha intrapreso azioni legali.Non essendoci un processo in corso è difficile conoscere i dettagli della vicenda, al di là dei quali, in ogni caso, l’episodio resta di grande rilevanza per due ragioni: da un lato solleva ancora una volta la questione del diritto all’obiezione di coscienza per i farmacisti; dall’altro estende il dibattito oltre i confini entro i quali si è tenuto finora. Il problema, infatti, comincia a porsi al di fuori dell’ambito abortivo/eutanasico, per toccare anche la dimensione del gender. La legge dell'Arizona, dov’è accaduto il fatto, protegge espressamente il diritto di coscienza dei farmacisti di non applicare prescrizioni relative all'aborto, ma non prevede il diritto di rifiutare altre prescrizioni controverse, come i trattamenti ormonali alle persone trans.La questione è pertinente: sul piano metafisico tocca la visione della persona umana in quanto sessuata, sulla base di una determinazione oggettiva proveniente dalla natura (e non soggettiva, proveniente dalla psiche); sul piano religioso, investe il disegno di Dio sull’umanità che fu divisa in «maschio e femmina» (Gn 1, 27); sul piano sociale, si estende a tutte le conseguenze che derivano dallo sdoganamento dell’ideologia del gender (che in questa sede non è possibile approfondire); sul piano sanitario, coinvolge l’effettivo benessere dell’individuo. A tal proposito ricordiamo, a titolo meramente esemplificativo, il recente studio, pubblicato sugli Annals of Internal Medicine, che ha rilevato, per i trans in terapia ormonale, una probabilità dall'80% al 90% in più di subire un ictus o un attacco cardiaco rispetto alle donne. Ora, nel nostro ordinamento ancora non c’è una normativa che disciplini il diritto all’obiezione di coscienza per i farmacisti, neanche in relazione alle pillole abortive. Eppure, già nel lontano 1991 la Corte Costituzionale, con la sent. n. 467, aveva consacrato questo diritto come incomprimibile «rispetto al fine della garanzia del nucleo essenziale di uno o più diritti inviolabili dell’uomo, quale, ad esempio, la libertà di manifestazione dei propri convincimenti morali o filosofici (art. 21 della Costituzione) o della propria fede religiosa (art. 19 della Costituzione)». È evidente che, per l’operatività del principio, il conflitto tra obbligo giuridico e coscienza personale deve sfociare nella necessità di salvaguardia di diritti altrettanto “inviolabili”, quali il diritto alla vita o all’integrità psico-fisica. Va da sé, poi, che la coscienza dev’essere formata alla luce dei princìpi universali della legge naturale, per evitare ogni deriva relativistica.Ci sembra che il discorso, così impostato, si applichi anche al tema dell’ideologia del gender, e non solo limitatamente al settore medico/farmaceutico in relazione al cambiamento di sesso, ma anche, ad esempio, sull’insegnamento di questa teoria che, per la profondità con cui incide sulla persona e sulla società, presenta un profilo eversivo dello stesso ordine pubblico.
Gattuso e la Nazionale lasciano San SIro al termine del match perso per 4-1 contro la Norvegia (Ansa)
(Arma dei Carabinieri)
L’organizzazione era strutturata per assicurare un costante approvvigionamento e una capillare distribuzione della droga nelle principali piazze di spaccio del capoluogo e della provincia, oltre che in Veneto e Lombardia. Il canale di rifornimento, rimasto invariato per l’intero periodo dell’indagine, si trovava in Olanda, mentre la gestione dei contatti e degli accordi per l’invio della droga in Italia era affidata al capo dell'organizzazione, individuato nel corso dell’attività investigativa. L’importazione della droga dai Paesi Bassi verso l’Italia avveniva attraverso corrieri ovulatori (o “body packer”) i quali, previa ingestione degli ovuli contenenti lo stupefacente, raggiungevano il territorio nazionale passando dalla Francia e attraversando la frontiera di Ventimiglia a bordo di treni passeggeri.
Lo schema operativo si ripeteva con regolarità, secondo una cadenza settimanale: ogni corriere trasportava circa 1 chilogrammo di droga (cocaina o eroina), suddiviso in ovuli termosaldati del peso di circa 11 grammi ciascuno. Su ogni ovulo era impressa, con pennarello, una sigla identificativa dell’acquirente finale, elemento che ha permesso di tracciare la rete di distribuzione locale. Tutti i soggetti interessati dal provvedimento cautelare risultano coinvolti, a vario titolo, nella redistribuzione dello stupefacente destinato alle piazze di spaccio cittadine.
Dopo due anni di indagini, i Carabinieri sono stati in grado di ricostruire tutta la filiera del traffico di stupefacenti: dal fornitore olandese al promotore che in Italia coordinava la distribuzione alla rete di corrieri che trasportavano la droga in ovuli fino ai distributori locali incaricati dello spaccio al dettaglio.
Nel corso delle indagini è stato inoltre possibile decodificare il linguaggio in codice utilizzato dagli indagati nelle loro comunicazioni: il termine «Top» era riferito alla cocaina, «Spa» all’eroina, «Pantaloncino»alle dosi da 5grammi, mentre «Fogli di caramelle» si riferiva al contante. Il sequestro di quaderni contabili ha documentato incassi giornalieri e movimentazioni di denaro riconducibili a un importante giro d’affari, con pagamenti effettuati tramite bonifici internazionali verso conti correnti nigeriani per importi di decine di migliaia di euro.
Il Gip del Tribunale di Venezia ha disposto la custodia cautelare in carcere per tutti i venti indagati, evidenziando la «pericolosa professionalità» del gruppo e il concreto rischio di fuga, considerati anche i numerosi precedenti specifici a carico di alcuni appartenenti all’organizzazione.
L’esecuzione dei provvedimenti restrittivi e delle perquisizioni è stata condotta con il concorso di Carabinieri di rinforzo provenienti da tutti i Comandi Provinciali del Veneto, con il supporto dei Reparti Mobili e Speciali dell’Arma, delle Unità Cinofile Antidroga e del Nucleo Elicotteri Carabinieri, che hanno garantito la copertura aerea durante le operazioni.
L’Operazione «Marshall» rappresenta un importante risultato dell’attività di contrasto al narcotraffico internazionale e alle organizzazioni criminali transnazionali, confermando l’impegno costante dell’Arma dei Carabinieri nel presidio del territorio e nella tutela della collettività.
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