2024-07-04
«Il nuovo piano pandemico conferma le mancanze di chi gestì l’emergenza»
Consuelo Locati (Imagoeconomica)
Consuelo Locati, l’avvocato dei familiari delle vittime sulla nostra anticipazione: «Il documento accentra le decisioni, escludendo i dpcm, e assicura interventi tempestivi».Consuelo Locati è un avvocato, membro dell’Associazione Familiari delle vittime Covid-19. Da anni battaglia nelle aule di tribunale a difesa dei diritti lesi durante l’emergenza pandemica.Avvocato, ieri la Verità ha anticipato in esclusiva alcuni contenuti del nuovo piano pandemico. È soddisfatta di quanto ha letto?«Sicuramente siamo di fronte a un altro documento rispetto alla bozza circolata qualche mese fa. Da quel che emerge sembra un piano pandemico chiaro, che considera l’attuazione e l’attuabilità di quanto previsto. Si parla di efficacia, di trasparenza, di comunicazione reale alla popolazione in caso di rischio epidemiologico o pandemico. Si parla di rispetto e dignità delle persone. Di fatto il nuovo piano accoglie quanto previsto dal Regolamento sanitario internazionale del 2005, che avrebbe già dovuto essere recepito dal piano pandemico nazionale del 2006. Dalla lettura si capisce che c’è una sorta di centralizzazione delle decisioni che devono essere tempestivamente adottate in caso di pandemia o epidemia, e quindi si escluderebbe il ricorso a tutte quelle serie di dpcm e atti promanati da diverse autorità a cui abbiamo assistito durante l’emergenza Covid. Mi permetto di aggiungere anche che il contenuto di questo piano pandemico non fa altro che confermare la fondatezza delle contestazioni rivolte contro gli indagati in sede penale dalla Procura di Bergamo, ma anche di quanto mosso contro le istituzioni dai familiari delle vittime (rappresentate da noi legali nella causa civile a Roma), perché non ricalca per niente il piano pandemico precedente. Quindi conferma che prima non c’era nulla». Ci sono altre novità che reputa importanti? «Dovrebbe esserci la costituzione di questo comitato di gestione delle pandemie, che è un elemento nuovo e ricalca la funzione che era stata determinata dal Regolamento sanitario internazionale. È un passaggio molto importante, perché si tratta dell’organo deputato a dare le direttive giuste, al primo allarme, per mettere in sicurezza il Paese. La bergamasca è stata falcidiata proprio perché nessuno ha deciso di intervenire e cercare di bloccare la diffusione del virus. La comunicazione dei rischi secondo me è anche molto importante, così come la legislazione sanitaria internazionale. Queste, secondo me, sono note concrete e importanti, anche se la trasparenza nella comunicazione e la tutela della dignità delle persone non dovrebbero essere elementi nuovi, ma permeare ogni atto proveniente dalle autorità e dalle istituzioni. Diventano una novità adesso perché abbiamo avuto la prova che sono mancati, e questa è la cosa grave. I dpcm sono stati una conseguenza della non preparazione, dell’assenza di interventi tempestivi che avrebbero evitato un lockdown nazionale, che fu una cieca misura di disperazione». Nel frattempo però non si è ancora chiusa la vicenda del vecchio piano pandemico. A che punto è il processo in corso?«Il 20 giugno si è svolta un’udienza davanti gip del tribunale penale di Roma in cui si è discussa l’opposizione, da parte di alcuni familiari delle vittime (tra cui la sottoscritta), alla richiesta di archiviazione del pm relativa ai reati contestati, ossia il mancato adeguamento del piano pandemico nazionale, la mancata attuazione del piano pandemico nazionale e il falso ideologico per quanto riguarda le risposte date nei questionari autovalutativi inviati a Oms e Ue. Noi abbiamo ribadito quella che è la nostra posizione, e cioè che ci sono tutti gli elementi per un’imputazione coatta. Questo significherebbe arrivare a un processo e quindi dare tutela anche penale ai diritti lesi. La difesa ha invece sostenuto che il processo serve solo come contenitore in cui riversare il dolore e come vetrina mediatica per i legali, mentre ha ripetuto che non esisteva una legge o un atto vincolante per l’Italia che obbligasse i direttori generali della prevenzione ad adeguare il piano pandemico». Quali sono i prossimi appuntamenti? «Nel procedimento civile siamo in attesa - dall’ultima udienza del 5 giugno scorso - della decisione del giudice, che deve stabilire se ammettere (ed eventualmente quali) le prove che abbiamo richiesto negli atti depositati tra settembre e novembre 2023. Il 5 luglio, invece, c’è l’udienza di prosecuzione del procedimento di cui parlavo prima, in cui devono finire i propri interventi i difensori degli indagati. Dopodiché il giudice avrà dai 30 ai 90 giorni per emettere la propria decisione. Se, come noi ci auguriamo, disporrà l’imputazione coatta, si aprirà un’ulteriore fase processuale e probabilmente si potrebbe aprire un processo vero e proprio». In conclusione, su che cosa hanno mentito rispetto al vecchio piano pandemico? «Hanno mentito su tutto. A partire da gennaio del 2020, quando hanno detto che il virus era poco più di una banale influenza. Cosa ribadita anche tra la metà e la fine di febbraio, quando però già sapevano che c’era un eccesso di mortalità rispetto all’influenza. Hanno mentito quando hanno dichiarato che eravamo pronti ad affrontare qualsiasi rischio e quando hanno affermato che non c’era un piano pandemico. Ma hanno mentito anche successivamente, per esempio con i vaccini, quando hanno omesso di informare le persone sia dei benefici sia degli effetti avversi. Hanno costretto le persone a firmare dei consensi informati senza informarle».
(Guardia di Finanza)
In particolare, i Baschi verdi del Gruppo Pronto Impiego, hanno analizzato i flussi delle importazioni attraverso gli spedizionieri presenti in città, al fine di individuare i principali importatori di prodotti da fumo e la successiva distribuzione ai canali di vendita, che, dal 2020, è prerogativa esclusiva dei tabaccai per i quali è previsto il versamento all’erario di un’imposta di consumo.
Dall’esame delle importazioni della merce nel capoluogo siciliano, i finanzieri hanno scoperto come, oltre ai canali ufficiali che vedevano quali clienti le rivendite di tabacchi regolarmente autorizzate da licenza rilasciata dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ci fosse un vero e proprio mercato parallelo gestito da società riconducibili a soggetti extracomunitari.
Infatti, è emerso come un unico grande importatore di tali prodotti, con sede a Partinico, rifornisse numerosi negozi di oggettistica e articoli per la casa privi di licenza di vendita. I finanzieri, quindi, seguendo le consegne effettuate dall’importatore, hanno scoperto ben 11 esercizi commerciali che vendevano abitualmente sigarette elettroniche, cartine e filtri senza alcuna licenza e in totale evasione di imposta sui consumi.
Durante l’accesso presso la sede e i magazzini sia dell’importatore che di tutti i negozi individuati in pieno centro a Palermo, i militari hanno individuato la presenza di poche scatole esposte per la vendita, in alcuni casi anche occultate sotto i banconi, mentre il grosso dei prodotti veniva conservato, opportunamente nascosto, in magazzini secondari nelle vicinanze dei negozi.
Pertanto, oltre al sequestro della merce, i titolari dei 12 esercizi commerciali sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria e le attività sono state segnalate all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, per le sanzioni accessorie previste, tra le quali la chiusura dell’esercizio commerciale.
La vendita attraverso canali non controllati e non autorizzati da regolare licenza espone peraltro a possibili pericoli per la salute gli utilizzatori finali, quasi esclusivamente minorenni, che comprano i prodotti a prezzi più bassi ma senza avere alcuna garanzia sulla qualità degli stessi.
L’operazione segna un importante colpo a questa nuova forma di contrabbando che, al passo con i tempi, pare abbia sostituito le vecchie “bionde” con i nuovi prodotti da fumo.
Le ipotesi investigative delineate sono state formulate nel rispetto del principio della presunzione d’innocenza delle persone sottoposte a indagini e la responsabilità degli indagati dovrà essere definitivamente accertata nel corso del procedimento e solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.
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