2025-06-10
«Scuola di sogni», un viaggio di assoluto fascino negli archetipi dell’onirico
La copertina dell'ultimo libro di Claudio Risé. Dietro, «Il sogno di Giacobbe», Cornelis Jacobsz Delff, collezione del Museo Prinsenhof di Delft (Getty)
Il nuovo volume di Claudio Risé spiega come le visioni che arrivano nel sonno siano il teatro delle vicende della vita. Non a caso vengono da sempre studiate in tutte le culture.Perché guardare ai sogni? Perché essi sono, da sempre, il principale strumento (la «via regia», anche secondo Freud e Jung, che su questo erano d’accordo), per comunicare con l’inconscio. Che è appunto fra le cose che mi interessano di più, fin da bambino. Perché ciò che già conosco mi è noto, ciò che voglio sapere posso impararlo; ma ogni giorno sono anche interessato a conoscere meglio le parti della mia psiche più lontane dalla coscienza: il mio inconscio, gli aspetti miei magari mimetizzati nel resto della vita quotidiana e del mondo intorno.Nella mia esperienza, lo strumento più originale e fecondo dello psicanalista (che vi sia stato opportunamente formato, attraverso molteplici e profonde esperienze didattiche), è appunto quello dell’interprete dei sogni, l’oniromante, come è stato chiamato nei diversi campi che se ne sono occupati: le psicologie, le religioni, le diverse filosofie. Perché è proprio questo, il difficilmente afferrabile sogno, con i suoi messaggi misteriosi e profondi, il tesoro più personale e spesso ancora sconosciuto dei pazienti; il concretissimo libro che racconta tutto della loro vita, ma inizialmente essi non sono in grado di leggere. [...]L’analisi è quindi, nel mio lavoro, soprattutto iniziazione al sogno, grande mappa e tesoro nascosto del sognatore. Una ricchezza alla quale comunque l’essere umano che voleva saperne di più su sé stesso si interessò da sempre e in tutte le culture; mentre quella che chiamiamo psicoanalisi ha solo poco più di un secolo, e non lo porta neppure tanto bene. Il sognatore entra nel mondo dei sogni osservandone e meditandone le immagini e imparando a decifrarle. E a volte raccontandole agli interpreti dei sogni formati nelle varie culture: sacerdoti, rabbini, sciamani, n’zangoma e medici popolari africani o delle varie latitudini, e tanti altri. È per questo che i direttori spirituali preparati dalle varie religioni e i medici competenti nelle varie parti del mondo hanno sempre studiato e onorato i sogni come espressioni significative e non aggirabili delle personalità umane, da interpretare e comprendere.È abbastanza nota la posizione del Talmud, col trattato delle Benedizioni dove Rav Hisdà afferma che «un sogno non interpretato è come una lettera non letta». Un’informazione di origine superiore, divina, che se non accolta va perduta. Posizioni simili ci sono nell’islamismo, nel cristianesimo (naturalmente assieme ad altre, invece contrarie al sogno), e nella maggior parte delle religioni, dove il sogno è visto come una comunicazione che ci viene dal piano trascendente, e che quindi sarebbe sciocco, oltre che empio, trascurare. Lo stesso Jung (nella cui visione e esperienza mi sono formato al lavoro analitico), muovendo da una posizione psicologica non confessionale, insiste però sulla caratteristica del sogno come fonte d’informazione importante, che è pericoloso cancellare una volta che si è manifestata, e quindi afferma con precisione: «Ogni sogno è un organo di informazione e di controllo» su di noi e sulla realtà. Ci fornisce informazioni necessarie che dalle profondità della notte arrivano così fino a noi e così facendo ci consente di conoscere, accompagnare, e quando occorre controllare con maggiore competenza il nostro funzionamento psicologico. Naturalmente per utilizzare in modo appropriato il sogno occorre però accoglierlo per quello che è, senza travisarlo o restringerlo all’interno di schemi interpretativi più ristretti della sua ampia e precisa natura di messaggio dell’inconscio profondo: una dimensione che rappresenta sempre livelli dell’esistenza molto più estesi e complessi della coscienza personale. Anzi, questa maggiore ampiezza di sguardo è proprio una delle risorse più preziose del sogno, che arriva per ampliare il livello di libertà del sognatore rispetto ai propri vincoli e dipendenze nevrotiche, caratteriali e sociali, e quindi la sua salute. Il sogno è, da millenni, un aspetto autonomo dalla coscienza; e proprio per questo, decisivo della vita della persona umana.Come Schopenhauer sosteneva già 200 anni fa, e oggi ribadiscono e confermano le neuroscienze, «la coscienza è soltanto la superficie della nostra mente della quale, come della terra, noi non conosciamo l’interno, ma solo l’involucro». Tutti, da sempre, sognano, anche se dalla rivoluzione industriale in poi (e ancora di più dopo lo sviluppo dell’elettronica e di Internet) raramente se ne accorgono, anche perché dormono male o assumono farmaci, e finiscono così col perdere ogni contatto personale con questa profonda produzione del loro corpo-mente. L’emarginazione del sogno (come la maggior parte delle rotture con le Tradizioni, per fortuna finora limitata all’Occidente) è una perdita non da poco.Nel corso della storia umana infatti il sogno ha sempre fornito al sognatore il punto di vista più indicato per guardare e conoscere sé stesso, il più profondo e autonomo dalla coscienza di veglia e dai suoi pregiudizi fabbricati intellettualmente. Ad esempio in periodi ricchi come i secoli più vivaci dell’antichità greco e latina fiorì, prima in Grecia e poi in tutto il Mediterraneo, il metodo «dell’incubazione», nel quale il sognatore che voleva indicazioni dai mondi superiori si ritirava per il sonno in templi consacrati ad un Dio, spesso Asclepio-Esculapio versione latina del greco Apollo, dio della profezia e della conoscenza di sé. La persona si recava nel tempio dove chiedeva al dio, prima di addormentarsi, il dono del sogno destinato a chiarire al sognatore situazioni e problemi specifici, o anche temi più ampi, su come condurre la propria vita. Prima del sonno, il sacerdote o oniromante raccomandava alla persona di guardare con la massima attenzione possibile al sogno che sarebbe arrivato, per riferirne poi al risveglio e riceverne l’interpretazione. Questo metodo, già noto in epoca sumerica, poi diffuso in Grecia, ebbe nei secoli successivi uno straordinario successo in tutto il bacino mediterraneo; ed è continuato ancora oggi, come in Marocco e nei monasteri greci. […]Per Freud il sogno rappresenta un desiderio di chi lo fa, mascherato e trasposto in immagini, azioni e parole. I simboli che vi compaiono rimandano soltanto alle nevrosi del sognatore, per la maggior parte - secondo Freud - di origine sessuale. In tal modo però, lamenta (per esempio) il filosofo e psicoanalista Erich Fromm (1973), si perde di vista la polivalenza del significato del simbolo. Fromm e molta cultura contemporanea considerano il ridurre i sogni ai codici interpretativi delle varie scuole freudiane una grave perdita nella comprensione sviluppata da millenni dei sogni ed altre produzioni simboliche: «Al contrario io sono del parere», precisa Fromm, «che il linguaggio simbolico sia la prima lingua straniera che ognuno di noi dovrebbe imparare. Il decifrarlo ci mette in contatto con una delle più importanti fonti di saggezza, cioè il mito, e con gli strati più profondi della personalità». Chi ha però condotto la più argomentata critica alla visione freudiana, considerata ideologica e riduttiva rispetto al vasto e importante sapere accumulato sul sogno nella storia dell’umanità, è stato Carl Gustav Jung, in precedenza allievo e delfino di Freud. In Psicologia e religione, richiamando il Talmud dove è detto che il sogno è la sua propria interpretazione, afferma: «Dubito molto che si possa pensare al sogno come qualcosa di diverso da ciò che appare. (Nel mio lavoro) io prendo il sogno per quello che è». [...] Rispetto ai tradizionali Trattati sui sogni delle varie culture, l’interpretazione freudiana trascura - in particolare - il peso nel sogno dei contenuti dell’inconscio collettivo presenti in esso e nel tempo in cui il sogno compare. Nell’interpretazione di Freud il principale oggetto del sogno sono sempre le perversioni sessuali del passato del sognatore, che si sarebbero originate all’interno della famiglia. Nella realtà il sogno parla spesso di tutt’altro, e spesso, oggi, non avrebbe più bisogno di rotolarsi nel «disincanto», in cui caddero le figure genitoriali assieme a quelle divine; una sventura di cui appunto si nutrì la psicoanalisi nella prima metà del novecento, e anche dopo. Nei lavori sviluppati nella loro ricerca sull’anti Edipo, poi, lo psicoanalista Felix Guattari e il filosofo Gilles Deleuze hanno messo in rilievo come nella «macchina interpretativa» di Freud tutte le categorie collettive, riguardanti lo spazio-tempo, le culture, le specie, le razze, i popoli etc. vengano scartate e ridotte al solo «teatro famigliare» e ai suoi componenti. [...] Rispetto alle riduzioni dell’ideologia psicoanalitica freudiana, l’interesse del sogno è rappresentato invece, da sempre, dalla molteplicità delle sue immagini e dei suoi significati, che ne consentono un’interpretazione non schematica ma dialettica e in rapporto con il proprio tempo e le sue dinamiche. Ascoltarli è indispensabile all’esistenza e al benessere, dove è in campo una molteplicità di forze che i diversi aspetti e funzioni della personalità individuale sono chiamati a organizzare e governare e che il sogno mette puntualmente in scena.È questa poi la ricchezza del mondo «immaginale», di tutte le produzioni simboliche dell’inconscio, personale e collettivo che compaiono nei sogni e che dalla crisi freudiana della seconda metà del Novecento in poi la cultura contemporanea è tornata ad apprezzare.Decisiva è poi la questione del tempo. La psicoanalisi freudiana è soprattutto retrospettiva: secondo i suoi criteri tutto si sarebbe originato nel passato (familiare) e sarebbe appunto di ciò che parlano l’analisi ed i sogni che vi compaiono. Però non è cosi, il sogno compare invece nella vita di oggi/ieri per fornire al sognatore immagini, forze e idee che lo aiutino a vivere oggi e domani. E questo che il sogno di oggi sempre propone, se si è disponibili a vederlo, ed e in questo lavoro che è impegnato il corpo-psiche del sognatore. Solo liberando il sogno dalle suggestioni decadenti del disincanto novecentesco della psicoanalisi della prima parte del novecento diventa possibile valorizzare nell’interpretazione gli aspetti propositivi e vitali rivolti al presente-futuro presenti nel sogno di oggi. E aiutare cosi il sognatore a riconoscere e costruire il proprio futuro, come ogni oniromante ha sempre fatto.