2020-06-17
Nuovo deficit per 50 miliardi. Pagare la Cig non basta: la priorità è tagliare le tasse
Ernesto Maria Ruffini (Getty images)
Gli ammortizzatori non possono rilanciare l'economia: va ridotta la pressione fiscale I commercialisti: «Intervenire subito contro l'affollamento di scadenze tributarie».Non è frequente che le associazioni dei commercialisti (Adc - Aidc - Anc - Andoc - Fiddoc - Sic - Unagraco - Ugdcec - Unico) prendano tutte insieme carta e penna per lanciare un vero e proprio grido d'allarme al governo: «Come abbiamo già segnalato oltre un mese fa, è ormai determinato un preoccupante affollamento di scadenze tributarie che rischiano di avere ripercussioni gravi su professionisti e imprese. Oltre alle scadenze di imposte annuali, oltre a quanto è stato rinviato nei mesi di lockdown, in cui comunque gli studi sono stati impegnati nella gestione degli adempimenti connessi alle misure di cassa integrazione e di richiesta di finanziamenti del decreto liquidità, vengono ora anche a scadenza le misure previste dal decreto Rilancio. Il rischio è che studi professionali e uffici amministrativi si ritrovino di fronte a una massa ingestibile di dati da elaborare. L'invito è a prendere atto della grave situazione, già da tempo segnalata e prevedibile, e intervenire tempestivamente, evitando le dispettose e irrispettose proroghe dell'ultimo minuto».E il messaggio al governo è duplice: per un verso c'è un tema organizzativo, un autentico delirio burocratico, un ingorgo di adempimenti (una vera e propria beffa, mentre agli Stati generali si ripetono stancamente le solite giaculatorie sulla sburocratizzazione); ma per altro verso c'è il tema del «quantum», cioè del peso insostenibile delle scadenze fiscali. Ieri, 16 giugno, è già arrivata la mazzata Imu: 11 miliardi, la metà dell'importo annuale della esosa patrimoniale sugli immobili. Ma il peggio deve ancora venire: tutte insieme, le scadenze fiscali di giugno varranno - secondo le stime - tra i 25 e i 29 miliardi. E si tratta di un onere insopportabile per un'economia ferma, con famiglie e imprese già in crisi di liquidità. E non è ancora nulla se si considera la data del 16 settembre, vera e propria apocalisse fiscale, con la scadenza di tutto ciò che è stato rinviato da marzo in poi. Non si vede con quale liquidità gli italiani potranno far fronte a questi impegni: né sembra seriamente praticabile l'unica alternativa per ora offerta dal governo, e cioè quella di quattro rate mensili da pagare tra settembre e dicembre (anche in quel caso milioni di aziende e di singoli contribuenti non ce la faranno, prevedibilmente, a pagare il dovuto). Intanto ieri Il Sole 24 Ore, con una sorta di operazione verità, ha parlato di altri 50 miliardi di deficit, di fatto moltiplicando per cinque la stima inadeguata avanzata nei giorni scorsi dal viceministro grillino Laura Castelli, che si era attestata sull'ipotesi di uno sforamento di altri 10 miliardi. Ma se è così, occorre cambiare schema e obiettivi. Non ha senso, posto che lo sforamento avvenga e in misura assai superiore alle previsioni della Castelli, limitarsi a mettere qualche toppa per la cassa integrazione (che per ora, come La Verità ha spiegato, non è stata affatto estesa nel tempo ma solo anticipata per ciò che riguarda le quattro settimane che in teoria sarebbero dovute scattare a settembre: ma complessivamente si tratta sempre delle stesse 14 settimane più quattro, e la coperta era e resta cortissima). A questo punto, invece, se ci sarà un nuovo e più consistente sforamento, il denaro fresco va impiegato in primo luogo in un mega taglio di tasse: sia per stabilire un rinvio più lungo e consistente delle prossime scadenze tributarie, sia per avviare un abbassamento strutturale di alcune aliquote con l'obiettivo di dare energia alla ripresa. E altre risorse sarebbe bene dedicarle a rendere meno impalpabile il contributo a fondo perduto a favore delle imprese danneggiate dall'emergenza coronavirus, che per ora si limita (secondo il decreto Rilancio) ad appena il 20% della differenza di fatturato tra aprile 2020 e aprile 2019: una somma minima per imprese che non hanno incassato nulla a febbraio, marzo, aprile, maggio, e che da giugno a dicembre hanno la prospettiva di incassare appena tra il 30 e il 50% del ricavato dell'anno precedente. Dinanzi a una simile voragine, quel 20%, equivalente nella maggioranza dei casi a poche migliaia di euro, rischia di non servire a nulla. O comunque di non scongiurare i rischi autunnali di chiusura definitiva di moltissime aziende. Ricapitolando: servono rinvii più consistenti di tasse, riduzioni strutturali di alcune aliquote, più risorse a fondo perduto, e naturalmente cassa integrazione. Queste esigenze incidono anche sulla strumentazione da adottare per farvi fronte. I fantomatici fondi europei (che non ci saranno per molto tempo, come La Verità spiega da oltre un mese) saranno vincolati ad alcuni specifici utilizzi, anche quando piano piano (e con il contagocce) cominceranno ad arrivare. Se invece si vogliono perseguire gli obiettivi necessari qui e ora (a partire da un taglio fiscale), c'è una sola via maestra: deficit, emissione di titoli da collocare sul mercato, ed eventualmente da far acquistare alla Bce, facendo tesoro del rinnovato impegno di Francoforte a prolungare e potenziare il suo programma di acquisti.
Nel riquadro il professor Andrea Fiorillo, presidente dell’Ente Europeo di Psichiatria e testimonial scientifico della giornata palermitana (iStock)
Il 10 ottobre Palermo celebra la Giornata Mondiale della Salute Mentale con eventi artistici, scientifici e culturali per denunciare abbandono e stigma e promuovere inclusione e cura, su iniziativa della Fondazione Tommaso Dragotto.
Il 10 ottobre, Palermo non sfila: agisce. In occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale, la città lancerà per il secondo anno consecutivo un messaggio inequivocabile: basta con l’abbandono, basta con i tagli, basta con lo stigma. Agire, tutti insieme, con la forza dei fatti e non l’ipocrisia delle parole. Sul palco dell’evento – reale e simbolico – si alterneranno concerti di musica classica, teatro militante, spettacoli di attori provenienti dal mondo della salute mentale, insieme con tavoli scientifici di livello internazionale e momenti di riflessione pubblica.
Di nuovo «capitale della salute mentale» in un Paese che troppo spesso lascia soli i più fragili, a Palermo si costruirà un racconto, fatto di inclusione reale, solidarietà vera, e cultura della comunità come cura. Organizzato dalla Fondazione Tommaso Dragotto e realizzato da Big Mama Production, non sarà solo un evento, ma una denuncia trasformata in proposta concreta. E forse, anche una lezione per tutta l’Italia che alla voce sceglie il silenzio, tra parole come quelle del professor Andrea Fiorillo, presidente dell’Ente Europeo di Psichiatria e testimonial scientifico della giornata palermitana che ha detto: «I trattamenti farmacologici e psicoterapici che abbiamo oggi a disposizione sono tra i più efficaci tra quelli disponibili in tutta la medicina. È vero che in molti casi si parla di trattamenti sintomatici e non curativi, ma molto spesso l’eliminazione del sintomo è di per sé stesso curativo. È bene - continua Fiorillo - diffondere il messaggio che oggi si può guarire dai disturbi mentali, anche dai più gravi, ma solo con un approccio globale che miri alla persona e non alla malattia».
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