2025-10-06
Ucraina declassata, su Gaza occhi al dopo. La nuova America teme soltanto la Cina
Xi Jinping (Getty Images)
L’imprevedibilità di Trump può portare vantaggi immediati, ma l’incoerenza rischia di destabilizzare. E Pechino lo sa bene.La seconda presidenza di Donald Trump ha inaugurato una fase radicalmente nuova nella politica estera americana. L’approccio transazionale, fondato su scambi immediati e vantaggi tangibili, ha sostituito la tradizionale strategia di risoluta presenza che per decenni aveva guidato Washington. La diplomazia del nuovo inquilino della Casa Bianca è un gioco di mosse improvvise, dove il vantaggio immediato, l’annuncio spiazzante, conta più della coerenza strategica.Con grande sconcerto degli esperti di geopolitica al di qua e al di là dell’Atlantico, Trump non sembra badare molto alla coerenza delle posizioni, quanto piuttosto alla leva negoziale. La sua imprevedibilità, da lui stesso rivendicata come virtù («Non voglio che sappiano cosa sto pensando»), è diventata il fulcro di una diplomazia che disorienta alleati e avversari.Per molto tempo, i leader americani hanno fatto pressioni sui Paesi Nato per aumentare la spesa militare, ma solo Trump è riuscito a impegnare gli alleati europei a portare la spesa per la difesa al 5% del Pil. Come? Mettendo in dubbio la difesa collettiva. Questo sembra avere un costo, rendere più fragile l’alleanza atlantica, ma tale indebolimento è reale o è solo ipotetico? Speriamo di non doverlo verificare mai.Trump ha rinnegato l’accordo commerciale con Messico e Canada, da lui stesso sottoscritto nel suo primo mandato, e ha imposto dazi all’Unione europea, costringendo Bruxelles a concessioni fino a poco tempo prima impensabili. In altri termini, gli Stati Uniti non hanno più intenzione di fare da garante dell’ordine (o disordine) globale, ma si stanno ritagliando il ruolo di giocatore che gareggia per sé. Lo ha detto il segretario di Stato Marco Rubio, quando ha definito l’ordine internazionale «obsoleto» e «un’arma usata contro gli Stati Uniti». Trump è stato tranchant nel suo discorso alle Nazioni Unite del 23 settembre, quando ha deriso l’istituzione per «aver creato nuovi problemi da risolvere».Nel frattempo, la Cina osserva e agisce. Pechino non sfida apertamente il sistema, anzi: lo occupa, sfruttando la volontaria ritirata di Washington. Xi Jinping propone il suo Paese come difensore dell’ordine internazionale, consolidando il proprio prestigio nelle istituzioni multilaterali. Nel suo dialogo con la Cina, Trump punta sul rapporto personale con Xi e su un accordo bilaterale ancora in fieri. Se il negoziato premiasse la resistenza cinese, l’idea di una leadership americana in declino si rafforzerebbe, provocando un effetto a catena in cui la Cina sarebbe il catalizzatore.La guerra in Ucraina, declassata a scenario periferico, è un esempio emblematico. Trump ha oscillato tra irritazione nei confronti del presidente ucraino Volodimir Zelensky e sostegno, sospendendo gli aiuti a Kiev per poi dichiarare di appoggiare la riconquista dei territori occupati. La sensazione è che Washington consideri persa la guerra in Ucraina, ma che un’ammissione in questo senso sarebbe un grave segno di debolezza. Ecco perché Trump si pone come mediatore terzo, anche se tutti sanno che gli Usa sostengono l’Ucraina nei suoi sforzi militari.La politica estera americana è orientata a contenere l’espansione cinese, anche a costo di sacrificare altri fronti. Maggiore attenzione emerge sul Medio Oriente, però.Il piano di pace per Gaza, presentato da Trump, è stato apprezzato anche dal Papa e di fatto rappresenta oggi l’unico tentativo diplomatico serio di fermare una situazione drammatica. Gli Stati Uniti si propongono come mediatori attivi, ma con una visione pragmatica. I punti chiave dell’accordo sono un cessate il fuoco, la liberazione degli ostaggi, il disarmo di Hamas, l’amnistia o esilio per i suoi leader e una governance apolitica sotto supervisione internazionale. Israele non occuperà Gaza e la sicurezza sarà affidata a una forza mista con partecipazione araba. Resta però la vaghezza di molti importanti dettagli e l’indeterminatezza dei tempi.I leader stranieri, smarriti dall’andamento ondivago del tycoon, hanno fatto ricorso spesso all’adulazione nei suoi confronti, ma alla lunga questo metodo smette di funzionare. Trump non si lascia incasellare e questo rende difficile ogni previsione. Il bombardamento dell’Iran, che ha frenato per ora le ambizioni nucleari di Teheran, è un esempio di come l’imprevedibilità americana attuale possa produrre risultati. Ma il costo di una simile strategia è alto, poiché genera in sé stessa instabilità e confusione.Se da una parte i Brics, in teoria, stanno espandendo il proprio raggio di azione (da poco la Colombia ha aderito alla Via della Seta cinese), nella pratica gli Stati Uniti si stanno ritirando a difesa di sé. Alla riunione con centinaia di capi militari americani a Quantico di fine settembre, il segretario alla Difesa Pete Hegseth ha detto: «Il nostro compito è prepararci alla guerra e vincerla». Mentre gli Stati Uniti ridisegnano la loro proiezione internazionale, l’Europa si trova davanti a una scelta: adattarsi, resistere o reinventarsi. Il mondo post Trump non è lontano e occorre prepararsi da ora.
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Getty Images
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