2025-10-06
Mosca in affanno: l’Africa Corps non riesce a rimpiazzare Wagner
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Getty Images
Il progetto russo di espandere l’influenza nel continente vacilla: dopo la fine di Wagner, l’Africa Corps non riesce a garantirne il ruolo, mentre jihadisti avanzano e Usa ed Europa provano a riconquistare spazio.
Il progetto russo di espandere l’influenza nel continente vacilla: dopo la fine di Wagner, l’Africa Corps non riesce a garantirne il ruolo, mentre jihadisti avanzano e Usa ed Europa provano a riconquistare spazio.Per anni la Russia ha coltivato l’ambizione di diventare una potenza militare e politica di primo piano in Africa, presentandosi come alternativa all’Occidente e come partner pronto a offrire protezione e investimenti in cambio di risorse naturali. Oggi, però, quel disegno appare incrinato. Il Cremlino fatica a mantenere la propria influenza e la nuova forza ufficiale, l’«Africa Corps», non riesce a replicare i successi politici ed economici ottenuti dal gruppo Wagner, la compagnia di mercenari che per quasi un decennio ha operato come braccio armato di Mosca in diverse crisi africane.La morte del leader Yevgeny Prigozhin, precipitato nel 2023 con il suo aereo dopo la ribellione contro Vladimir Putin, ha segnato un punto di non ritorno. Con lui è crollata gran parte della rete che garantiva alla Russia presenza capillare, legami economici e accesso diretto ai governi militari di Mali, Niger e Burkina Faso. Quei regimi, dopo aver cacciato francesi e americani, avevano accolto con entusiasmo i mercenari russi, ma oggi – secondo fonti del Pentagono – vivono un evidente «rimorso dell’acquirente». Le milizie jihadiste continuano a espandersi, gli attentati non si fermano e la promessa di sicurezza non è stata mantenuta.«Stanno iniziando a chiedere aiuto, soprattutto i maliani», ha dichiarato a Jeune Afrique un alto ufficiale statunitense, sottolineando che qualsiasi supporto da parte occidentale arriverebbe probabilmente sotto forma di addestramento. Proprio perché le leggi americane vietano cooperazione diretta con giunte salite al potere con colpi di Stato, a Washington si valuta una strada alternativa: far addestrare gli eserciti africani da Paesi terzi, con il Marocco individuato come candidato privilegiato. Parallelamente, secondo fonti diplomatiche, Erik Prince – controverso fondatore di Blackwater e oggi consulente di sicurezza vicino all’ex presidente Trump – ha avviato contatti per offrire servizi diretti alle giunte del Sahel.Il Sahel, lunga fascia semidesertica che corre dall’Atlantico al Corno d’Africa, è oggi considerato il fronte più instabile della lotta globale al jihadismo. Secondo l’Africa Center for Strategic Studies, quasi 11.000 persone sono morte nell’ultimo anno per cause legate all’insurrezione islamista, metà delle quali uccise in combattimenti diretti. La rivolta, esplosa in Mali oltre un decennio fa, si è ormai estesa al Burkina Faso e minaccia i Paesi costieri del Golfo di Guinea, fondamentali per i commerci atlantici.In questo scenario Wagner avrebbe dovuto rappresentare la soluzione. Invece la sua presenza ha aggravato il caos. Le operazioni brutali dei mercenari, spesso condotte contro villaggi civili accusati di fiancheggiare i jihadisti, hanno minato la fiducia delle popolazioni e alimentato la narrativa degli insorti. Il risultato è stato l’opposto di quello atteso: più reclute per al Qaeda e lo Stato islamico, meno collaborazione con i governi locali.Un’inchiesta del gruppo Sentry, ha definito la missione un disastro sotto ogni punto di vista. Sul piano economico Wagner sperava di trarre profitti dall’estrazione dell’oro, ma non ha mai potuto mettere piede in un ricco giacimento maliano perché l’area era troppo pericolosa. Pagati fino a 10 milioni di dollari al mese da Bamako, i mille mercenari non hanno fermato l’avanzata jihadista e si sono ritrovati a corto di fondi. Alla fine del 2025 hanno lasciato il Paese con la reputazione in pezzi e accuse pesantissime di massacri di civili. Per colmare il vuoto, il Cremlino ha inviato l’Africa Corps, unità formalmente dipendente dal Ministero della Difesa. Ma anche il nuovo strumento non ha mostrato l’efficacia promessa. Pochi giorni dopo il suo dispiegamento, un convoglio congiunto di soldati russi e maliani è caduto in un’imboscata nel Sahara: i ribelli tuareg hanno distrutto metà dei veicoli blindati e ucciso decine di combattenti, confermando la fragilità della presenza russa.Situazioni simili si sono ripetute altrove. In Centrafrica, dove Wagner aveva conquistato spazio nell’estrazione dell’oro e nella protezione personale del presidente Faustin-Archange Touadéra, Mosca spinge ora per sostituire i vecchi accordi con contratti ufficiali in denaro all’Africa Corps. Ma i nuovi istruttori restano confinati nelle caserme, limitandosi all’addestramento delle truppe locali. In Sudan, i tentativi di mantenere il controllo delle miniere d’oro si sono arenati tra bombardamenti del governo, rapine e blocchi logistici: le guardie russe hanno abbandonato le postazioni in primavera. In Burkina Faso, infine, una compagnia mercenaria chiamata Bear è stata ritirata dopo appena tre mesi per essere inviata al fronte ucraino. Rimane solo un piccolo contingente dell’Africa Corps, incaricato di addestrare i militari all’uso dei droni e di proteggere il leader della giunta Ibrahim Traoré. Anche in questo caso, però, le autorità hanno fatto capire di voler ridurre al minimo la presenza russa.Le difficoltà russe rappresentano una finestra di opportunità per Stati Uniti ed Europa. Dopo anni di arretramento, Washington e Parigi stanno cercando di riconquistare influenza. A luglio Rudolph Atallah, consigliere antiterrorismo dell’amministrazione Trump, ha visitato Bamako, mentre il generale francese Pascal Ianni ha incontrato le autorità della Repubblica Centrafricana per discutere la ripresa della cooperazione militare. Diversi ufficiali locali sono già stati inviati in Francia per la formazione. Gli analisti sottolineano come il peso della guerra in Ucraina limiti la capacità del Cremlino di impegnarsi in Africa con risorse adeguate. La narrativa di Mosca come alternativa all’Occidente, incarnata da Wagner negli anni scorsi, è ormai logorata. E i governi africani, pur diffidando spesso dell’Europa, non possono ignorare i fallimenti russi. «I fallimenti di Wagner in Mali dovrebbero servire da monito: la Russia non è un partner affidabile né una soluzione rapida ai problemi di sicurezza del continente», ha ammonito Justyna Gudzowska, direttrice di Sentry. Mentre il Sahel continua a bruciare e la violenza jihadista si allarga, l’Africa Corps non riesce a colmare il vuoto lasciato da Wagner. Per Mosca, che sognava di trasformare il continente in una pedina strategica contro l’Occidente, il rischio concreto è che l’Africa diventi invece il simbolo dei suoi limiti geopolitici.
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