2022-11-03
Per l’energia si va oltre la propaganda col magnete russo che può fare miracoli
Laboratorio Iter a Saint-Paul-les-Durance, nei pressi di Marsiglia (Getty Images)
Da San Pietroburgo a Marsiglia un componente cruciale per il consorzio Iter che replica una fonte simile al sole. La guerra in Ucraina non ferma la ricerca sulla fusione nucleare alla quale partecipa anche la Russia. Ieri, dal porto di San Pietroburgo, è partito un cargo diretto verso Marsiglia con a bordo uno dei sei magneti giganti, destinati al programma di studi condotto dal consorzio internazionale Iter. Tale ente è nato da un accordo firmato nel 2006 dall’Unione Europea e da altri sei Paesi: Cina, Russia, Stati Uniti, India, Giappone e Corea. Questi sette soggetti internazionali hanno deciso di condividere risorse finanziarie e conoscenze tecnologiche con l’obiettivo di riprodurre la fonte di energia del sole e delle stelle. La notizia dell’arrivo del magnete gigante sembra mostrare che - almeno in ambito scientifico - l’Europa riesce a fare la differenza tra le tensioni geopolitiche e il proprio avvenire energetico. In questo senso, l’arrivo del cargo russo destinato ad Iter dimostra che è possibile condannare l’aggressione dell’Ucraina voluta da Vladimir Putin e, allo stesso tempo, non trattare tutto ciò che è russo come qualcosa di barbaro.D’altra parte nel campo della ricerca le tensioni internazionali spesso non si sentono, oppure vengono percepite in moto attutito. Questo è accaduto anche per la ricerca sulla fusione nucleare, come ha confermatoa alla Verità una fonte interna al consorzio Iter. «Non abbiamo mai sofferto delle tensioni esterne. L’Iter rappresenta una specie di isola di pace dove si collabora in ambito scientifico e non si avvertono le tensioni politiche». Concretamente questo si traduce in un modus operandi che permette di lavorare senza troppi intoppi. Nonostante la guerra, spiega ancora la nostra fonte «i russi stanno rispettando i propri impegni. Questo vale sia dal punto di vista dei tempi di consegna che da quello dei costi. Questo è accaduto anche ai tempi della Crimea». Per il nostro interlocutore «i russi dispongono di un altissimo livello tecnico-scientifico, di cui noi abbiamo bisogno». In effetti se l’Europa ponesse fine ad Iter, rischierebbe di rimetterci due volte. In primo luogo rinunciando a partecipare a una scoperta scientifica - potenzialmente - di vitale importanza per il futuro energetico dell’umanità e poi perché manderebbe all’aria un investimento già importante. In effetti, nell’ambito dell’accordo che ha dato vita a Iter, l’Europa si è fatta carico della maggior parte dei costi di costruzione e installazione. Come indica il sito del consorzio, il 45,6% di questi costi sono a carico dei Paesi del Vecchio continente, il resto è stato ripartito equamente (9,1%) tra Cina, India, Giappone, Corea, Russia e Stati Uniti. Certo, va precisato che il contributo è essenzialmente «in natura» mentre quello finanziario rappresenta solo il 10% della partecipazione di ogni Paese.Per capire l’importanza rappresentata dal magnete gigante partito da San Pietroburgo, basta parlare delle dimensioni di questa bobina a forma di anello: 9 metri di diametro per 200 tonnellate di peso. Il componente, insieme ad altri sei uguali, sarà utilizzato per costruire una macchia sperimentale chiamata «Tokamak». Essa sarà impiegata per gestire la produzione dell’energia ottenuta dalla fusione dell’idrogeno. Secondo le informazioni pubblicate da Iter, la Tokamak riuscirà a gestire un plasma che potrà arrivare alla temperatura di 150 milioni di gradi centigradi. Questo processo servirà a produrre 500 Megawatt.La macchina sarà costruita vicino ad Aix-en-Provence e Marsiglia. Per questo, il cargo partito l’altro ieri arriverà nel porto mediterraneo entro un paio di settimane, dopo un passaggio ad Amsterdam, come riportato dall’agenzia France Presse. La fonte interna ad Iter contattata dal nostro giornale auspica che l’esempio di collaborazione fornito dal consorzio internazionale «possa diventare una fonte di ispirazione anche per altri progetti perché la collaborazione scientifico-tecnologico riesce ad abbattere le barriere. Ma c’è da sperare che Iter diventi un modello di collaborazione pacifica anche per la politica».Il proseguimento delle attività del consorzio Iter anche nel mezzo di un conflitto mostra l’attenzione dei principali soggetti internazionali nei confronti dell’energia nucleare. Anche in Francia - Paese che dispone già di 57 reattori - il governo ha appena presentato un progetto di legge per accelerare la costruzione di nuove centrali nucleari. L’esecutivo guidato da Elisabeth Borne intende semplificare le procedure amministrative richieste per la costruzione di nuovi reattori. Va ricordato anche che, già lo scorso febbraio, Emmanuel Macron aveva annunciato l’intenzione di costruire sei reattori Epr di nuova generazione. Tali impianti saranno installati in centrali già esistenti, come quelle di Bucey e Tricastin, poste nella valle del Rodano a qualche centinaia di chilometri dai confini italiani. Se persino la Francia ritiene di non avere abbastanza reattori per assicurare la propria sovranità energetica, l’Italia dovrebbe porsi rapidamente una domanda fondamentale: è davvero possibile continuare a non produrre energia nucleare ?
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