2021-04-18
Le notizie si danno. Ma non tutti lo capiscono
La Procura di Roma ha chiarito che il nostro servizio sul Miur non è istigazione al suicidio né violazione del segreto d'ufficio. Eppure invidiosi e indignati di professione non smettono di pescare nel torbido. Strumentalizzando il gesto estremo di una donna.Come i lettori sanno, La Verità pubblica spesso notizie esclusive. Il merito di quelli che in gergo si chiamano «scoop» non è mio, ma di alcuni coraggiosi colleghi i quali, quando fiutano qualche cosa di interessante, non mollano l'osso, lavorando senza sosta e senza farsi intimidire dalle pressioni e, talvolta, dalle minacce. La premessa era d'obbligo per spiegare come mai sul quotidiano che avete tra le mani leggete ciò che altrove non c'è. Naturalmente, i nostri scoop non passano inosservati e soprattutto non sono molto graditi, sia dalla politica, di cui ci occupiamo con una certa frequenza, sia dagli altri giornalisti, che non di rado sono rosi dall'invidia per i successi conseguiti da una testata che non ha padrini né padroni. Vi state chiedendo dove voglia andare a parare con questi discorsi? Ve lo spiego subito. Qualche giorno fa, in totale solitudine abbiamo riferito di una perquisizione al ministero della Pubblica istruzione, quello che in gergo chiamano Miur. Nelle prime ore del mattino, un drappello di finanzieri ha bussato alla porta di alcuni funzionari, tra i quali il direttore del dipartimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali. In ordine d'importanza, diciamo che stiamo parlando di un dirigente tra i più alti in grado, che qualcuno azzarda non abbia meno potere un ministro. I militari avevano l'ordine di perquisire gli uffici del palazzo di viale Trastevere, ma anche gli appartamenti privati degli indagati, inoltre era richiesto il sequestro dei telefonini e di eventuali supporti informatici. Un nutrito gruppo di finanzieri che esibisce un mandato con l'accusa di corruzione salendo ai piani alti di un ministero è cosa che non si vede tutti i giorni, e soprattutto non è faccenda che passi inosservata. Tuttavia, il giorno dopo, il solo giornale che ha raccontato l'episodio, segnalando l'inchiesta, è stato il nostro che, senza tacere nulla, neanche il nome degli indagati, ha riportato i fatti.Ovviamente, così come è successo quando abbiamo riferito in esclusiva le inchieste a carico di Matteo Renzi, dei suoi genitori e dei suoi ministri, o quando abbiamo anticipato quella per peculato che ha nel mirino l'ex commissario all'emergenza Covid, Domenico Arcuri, molti giornalisti si sono mangiati le mani, anche perché gli scoop si accompagnano da tempo a un aumento delle copie vendute, cosa che non si registra nella maggior parte delle redazioni. Mercoledì, giorno in cui abbiamo dato conto dell'indagine della Procura di Roma, è però accaduto qualcosa di molto grave. Verso sera, una delle persone che il giorno prima avevano ricevuto la notifica dalla Guardia di finanza si è recata nello studio del suo avvocato e si è buttata dalla finestra. Per fortuna, la donna non è morta e ci auguriamo che superi il brutto momento anche perché, a prescindere dal fatto che abbia commesso o meno il reato di cui è accusata, la vita merita sempre di essere vissuta, soprattutto quando si ha una figlia piccola da accudire. Tuttavia, la disperata reazione di Giovanna Boda, questo il nome della dirigente del Miur, ha spinto qualche collega e qualche politico a sostenere alcune sciocchezze riguardo al nostro lavoro, accusandoci di sciacallaggio e, addirittura, ipotizzando l'istigazione al suicidio. La nostra colpa? Aver pubblicato la notizia dell'inchiesta giudiziaria e aver raccontato i fatti. Qualche sprovveduto ha scritto che la dirigente avrebbe appreso dal nostro articolo la notizia di essere indagata. Qualcun altro si è lanciato all'inseguimento delle talpe che ci avrebbero spifferato la notizia. Concita De Gregorio, addirittura, si è scagliata contro chi ha «ispirato» gli accertamenti dei magistrati: dando corpo alla voce che la denuncia sia partita da dentro il ministero, l'ex direttrice dell'Unità se l'è presa con i delatori, dicendo che denunciare un reato - perché la corruzione è un reato - è una cosa ignobile e «non basta pensare che chi di soffiata ferisce, di soffiata perisce». Matteo Renzi (il Bullo poteva tacere? Ovvio che no) se l'è presa con la gogna mediatica che stritola la vita delle persone e ha sentenziato - senza aver letto le carte - che quella su cui si indaga «sarebbe la corruzione più assurda del mondo». A tutti costoro sarà però bene spiegare alcune cose. 1 L'indagine non era segreta, perché se spedisci dieci finanzieri a perquisire un ministero, anche i sassi sanno che la cosa non può passare inosservata. O meglio: passa inosservata solo ai cronisti che dormono e non fanno il loro mestiere, ma altro. 2 Giovanna Boda, la dirigente che ha tentato il suicidio, non ha avuto notizia dell'inchiesta a suo carico da un articolo di giornale, ma le è stata notificata a mezzo di un ufficiale di polizia giudiziaria il giorno prima, come avrebbe intuito anche un cronista alle prime armi. 3 Quella che Concita la drita chiama delazione - ammesso e non concesso che ci sia stata - è semplicemente ciò che un cittadino onesto ha il dovere di fare: se hai notizia di un reato, presenti una denuncia alla magistratura, altrimenti sei complice. Ci vuole coraggio a riferire all'autorità giudiziaria (anche perché se i fatti denunciati non corrispondessero al vero si rischierebbe l'incriminazione per calunnia), di sicuro molto più di quello richiesto quando si scrivono stupidaggini. 4 La Procura non è una buca delle lettere, dove il primo che passa segnala il collega di cui è invidioso: pensare che i pm spediscano i finanzieri a perquisire un ministero perché il vicino geloso ha scritto una lettera anonima, lo può credere solo la curatrice di una rubrica rosa. 5 Renzi sostiene che un Paese civile dovrebbe impedire la gogna mediatica. Premesso che in un Paese civile non ci sarebbe un senatore della Repubblica che bacia la pantofola a un tizio accusato di aver fatto strangolare e fare a pezzi un giornalista, lui che è stato al governo per anni che cosa ha fatto per impedire la gogna mediatica? Ve lo dico io: tranne minacciare qualche cronista, niente.Comunque, se i signori indignati speciali avranno la pazienza di leggere il comunicato che la Procura di Roma ha diffuso ieri scopriranno nell'ordine: che «non esiste alcun procedimento penale per istigazione al suicidio in relazione al tentativo della dottoressa Giovanni Boda» e che «la pubblicazione di notizie su un atto di indagine già notificato alla parte interessata, sulla base delle vigenti disposizioni, non costituisce violazione del segreto d'ufficio». Dunque, nell'ordine: non c'è alcuna talpa da cercare, non c'è chi abbia istigato una persona al suicidio, non ci sono delatori e, infine, non c'è neppure la gogna mediatica. Ci sono solo due cose: una banda di cialtroni che scrive e parla di cose che non conosce e un'inchiesta giudiziaria che commenteremo quando ne vedremo gli esiti.
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