
Ai tempi di Marco Minniti, il responsabile della cyber sicurezza al Viminale era Marco Mayer, professore nell'ateneo al centro del Russiagate. Il renziano Gennaro Migliore ci ha lavorato un quinquennio, incrociando il misterioso prof. Non solo grillini alla corte della Link Campus University, l'ateneo privato al centro dello scandalo internazionale Spygate. Una delle convinzioni più radicate riguardo alla discussa università romana - non a caso considerata la fucina della classe dirigente pentastellata - riguarda per l'appunto i legami con il Movimento 5 stelle. Ma la falange grillina non è stata l'unica a timbrare, politicamente parlando, il cartellino della Link. Pure Matteo Renzi e il Partito democratico, sebbene oggi si guardino bene dal vantarsene, hanno avuto modo di pescare dagli scaffali del pensatoio capitolino. La figura più importante, anche in virtù del delicatissimo ruolo svolto, è quella di Marco Minniti, ministro dell'Interno nell'esecutivo guidato da Paolo Gentiloni da dicembre 2016 a giugno 2018. Cosa ancora più importante, Minniti è stato titolare della delega ai servizi segreti da maggio 2013 fino alla sua nomina al Viminale, vale a dire per tutta la durata dei governi Letta e Renzi. Un arco temporale che copre dunque tutta la vicenda Spygate. La fondazione Icsa, da lui istituita nel 2009 insieme all'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, risulta (anche se il sito non è più raggiungibile) tra i finanziatori del Criss, il consorzio della Link nel settore dell'alta tecnologia, dell'intelligence e della sicurezza. Nel 2011 fu proprio Minniti a inaugurare il master in intelligence dell'ateneo romano. Un legame mai interrotto, basti pensare che qualche mese dopo l'ascesa al Viminale il ministro nominò suo consigliere per la cybersecurity Marco Mayer, attuale direttore del master in intelligence e sicurezza della Link. Pochi mesi di lavoro che hanno fruttato a Mayer la discreta cifra di 65.000 euro.Certo, smentire la correlazione tra l'ateneo di Vincenzo Scotti e i pentastellati è affare davvero arduo. Difficile pensare che la scelta di Luigi Di Maio di illustrare, il 6 febbraio 2018, il programma di politica estera del M5s proprio presso la Link Campus fosse casuale. Così come non può essere una coincidenza che abbiano solcato le aule del Casale di San Pio nell'ordine: Emanuela Trenta, ex ministro della Difesa, direttore scientifico del master per la Pubblica amministrazione «European fund managers» e docente in vari altri corsi, nonché dipendente presso la società di gestione dell'ateneo Gem srl con la qualifica di responsabile dei progetti speciali; Emanuela Del Re, viceministro degli Esteri e docente di Decision making nel 2015 per il master «Innovation and technology. Innovation and Finance»; Paola Giannetakis, docente alla Link nel ruolo di direttore del dipartimento per la Ricerca e ministro in pectore scelto da Di Maio per il Viminale. Più di una domanda la desta poi la presenza di Guido Alpa, mentore del premier Giuseppe Conte nonché membro del consiglio editoriale della Eurilink University Press, casa editrice dell'ateneo. Lo stesso Alpa era presente, insieme al futuro ministro dell'Economia Giovanni Tria, all'incontro sul G7 organizzato dalla Link e svoltosi a Roma a maggio del 2017. Conferenza alla quale risulta abbia partecipato anche il misterioso professore maltese Joseph Mifsud, il quale a sua volta poco più di un anno prima avrebbe millantato a George Papadopoulos la possibilità di fornirgli migliaia di e-mail compromettenti su Hillary Clinton.C'è però un altro renziano folgorato sulla via di Damasco dal verbo del bullo di Rignano. Stiamo parlando di Gennaro Migliore, ex Rifondazione comunista, ex Sel e da qualche anno entrato a far parte dell'entourage di Renzi. La carriera politica di Migliore inizia con la militanza nell'estrema sinistra, dove si fa largo prima tra i Giovani comunisti e poi nella direzione del partito nazionale. Nel 2006, a 37 anni, l'elezione alla Camera. Ma la legislatura finisce dopo appena due anni e Gennarino, fallita la rielezione con la Sinistra arcobaleno, si trova senza lavoro. E indovinate un po' dove approda? Guarda caso proprio alla Link campus university, dove ricopre il ruolo (così si legge sul suo curriculum) di collaboratore nel settore insegnamento post universitario. Cinque anni pieni - da maggio 2008 a febbraio 2013 - che corrispondono esattamente con la XVI legislatura del Parlamento. Nel 2013 il ritorno tra i banchi di Montecitorio grazie a Sel, che addirittura lo sceglie come capogruppo. Poi l'epifania: a giugno del 2014 lascia l'incarico per abbracciare, a ottobre dello stesso anno, la causa del Pd. Da comunista a fan di Marchionne e del jobs act, un passaggio che in molti fanno fatica a digerire (memoriale l'editoriale dell'epoca «Migliore di nome peggiore di fatto» a firma Marco Travaglio). Ma la strada è tracciata e passati pochi mesi, grazie al rimpasto nel governo Renzi, ecco arrivare la nomina a sottosegretario alla Giustizia, ruolo confermato anche nella squadra di Paolo Gentiloni. Quando lo scorso mese Matteo Renzi fonda Italia viva, Migliore è tra i primi a manifestare pubblicamente la sua adesione al nuovo soggetto. Ma i legami con la Link non cessano di certo in contemporanea con gli obblighi contrattuali. Nel novembre 2017, Migliore chiude i lavori del convegno «Mafie, globalizzazione e stati» organizzato dall'ateneo a Pozzuoli. Presente all'evento anche il patron Vincenzo Scotti. Solo pochi giorni fa, invece, Migliore era alla Link per presenziare al workshop sul decreto legge sulla cybersecurity. A guidare i lavori, guarda caso, tale Marco Mayer. Un altro dei tanti cerchi che si chiude.
Donald trump e Viktor Orbán (Ansa)
Il premier ungherese è stato ricevuto a pranzo dall’inquilino della Casa Bianca. In agenda anche petrolio russo e guerra in Ucraina. Mosca contro l’Ue sui visti.
Ieri Viktor Orbán è stato ricevuto alla Casa Bianca da Donald Trump, che ha definito il premier ungherese «un grande leader». Di più: tessendo le sue lodi, il tycoon ci ha tenuto a sottolineare che «sull’immigrazione l’Europa ha fatto errori enormi, mentre Orbán non li ha fatti». Durante la visita, in particolare, è stato firmato un nuovo accordo di cooperazione nucleare tra Stati Uniti e Ungheria, destinato a rafforzare i legami energetici e tecnologici fra i due Paesi. In proposito, il ministro degli Esteri magiaro, Péter Szijjártó, ha sottolineato che la partnership con Washington non preclude il diritto di Budapest a mantenere rapporti con Mosca sul piano energetico. «Considerata la nostra realtà geografica, mantenere la possibilità di acquistare energia dalla Russia senza sanzioni o restrizioni legali è essenziale per la sicurezza energetica dell’Ungheria», ha dichiarato il ministro.
Bivacco di immigrati in Francia. Nel riquadro, Jean Eudes Gannat (Getty Images)
Inquietante caso di censura: prelevato dalla polizia per un video TikTok il figlio di un collaboratore storico di Jean-Marie Le Pen, Gannat. Intanto i media invitano la Sweeney a chiedere perdono per lo spot dei jeans.
Sarà pure che, come sostengono in molti, il wokismo è morto e il politicamente corretto ha subito qualche battuta d’arresto. Ma sembra proprio che la nefasta influenza da essi esercitata per anni sulla cultura occidentale abbia prodotto conseguenze pesanti e durature. Lo testimoniano due recentissimi casi di diversa portata ma di analoga origine. Il primo e più inquietante è quello che coinvolge Jean Eudes Gannat, trentunenne attivista e giornalista destrorso francese, figlio di Pascal Gannat, storico collaboratore di Jean-Marie Le Pen. Giovedì sera, Gannat è stato preso in custodia dalla polizia e trattenuto fino a ieri mattina, il tutto a causa di un video pubblicato su TikTok.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Il ministro fa cadere l’illusione dei «soldi a pioggia» da Bruxelles: «Questi prestiti non sono gratis». Il Mef avrebbe potuto fare meglio, ma abbiamo voluto legarci a un mostro burocratico che ci ha limitato.
«Questi prestiti non sono gratis, costano in questo momento […] poco sopra il 3%». Finalmente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti fa luce, seppure parzialmente, sul grande mistero del costo dei prestiti che la Commissione ha erogato alla Repubblica italiana per finanziare il Pnrr. Su un totale inizialmente accordato di 122,6 miliardi, ad oggi abbiamo incassato complessivamente 104,6 miliardi erogati in sette rate a partire dall’aprile 2022. L’ottava rata potrebbe essere incassata entro fine anno, portando così a 118 miliardi il totale del prestito. La parte residua è legata agli obiettivi ed ai traguardi della nona e decima rata e dovrà essere richiesta entro il 31 agosto 2026.
I tagli del governo degli ultimi anni hanno favorito soprattutto le fasce di reddito più basse. Ora viene attuato un riequilibrio.
Man mano che si chiariscono i dettagli della legge di bilancio, emerge che i provvedimenti vanno in direzione di una maggiore attenzione al ceto medio. Ma è una impostazione che si spiega guardandola in prospettiva, in quanto viene dopo due manovre che si erano concentrate sui percettori di redditi più bassi e, quindi, più sfavoriti. Anche le analisi di istituti autorevoli come la Banca d’Italia e l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) tengono conto dei provvedimenti varati negli anni passati.





