2023-09-20
La storia dimenticata del generale che non si piegò agli ordini del Reich
Ugo Cavallero (Getty Images)
Ugo Cavallero attraversò da protagonista le due guerre mondiali e fu fidato collaboratore di Benito Mussolini. Pagò con la vita la fedeltà alla patria: dopo il suo rifiuto di guidare l’esercito di Salò, ne fu inscenato il suicidio.«Mi spiace dovervi dire che, in quanto Maresciallo d’Italia, io prendo ordini soltanto dal mio re». Il generale Ugo Cavallero scandisce queste parole deponendo il bicchiere del brindisi e guardando negli occhi Albert Kesselring, che gli aveva appena proposto (anzi cortesemente ordinato) di diventare il comandante dell’esercito di Salò, al servizio del Reich. La sera del 13 settembre 1943 nel quartier generale nazista di Frascati si consuma il destino di un uomo che ha attraversato da protagonista due guerre mondiali: ha vinto la battaglia di Vittorio Veneto, 24 anni dopo ha combattuto e perso quella di El Alamein; ha guidato i fanti italiani nell’offensiva del Piave e più tardi ha accompagnato Erwin Rommel nella cavalcata nel deserto verso Tobruk, arrivando fino a noi in un imbarazzante e immeritato silenzio della Storia.Il rifiuto di quella sera si tramuta in un misterioso suicidio la mattina dopo, quando il corpo senza vita del capo di Stato maggiore italiano viene trovato nel giardino dell’hotel Belvedere di Frascati, riverso su una poltroncina di vimini. Un colpo di pistola che l’agenzia Stefani spiega così: «Non potendo sopportare il disonore del tradimento della sua patria, si è ucciso. L’Italia perde un uomo fedele alle più alte virtù militari, un uomo per il quale una cosa sola contava: l’onore del soldato». La tragedia dell’8 settembre è avvenuta da una settimana, il re Vittorio Emanuele III è scappato a Brindisi, il maresciallo Pietro Badoglio (acerrimo rivale di Cavallero) ha pronunciato la frase «La guerra continua». In questo contesto, il suicidio eccellente viene metabolizzato in fretta, Kesselring pronuncia un elogio funebre teatrale, il giorno del funerale al Celio la corona più vistosa è quella di Adolf Hitler. Con due effetti contraddittori e permanenti: quei fiori sono l’involontaria firma sul colpo di pistola e il gesto che porta alla damnatio memoriae del defunto.Cavallero si è ucciso o è stato eliminato dai tedeschi? Secondo il principe Adalberto di Savoia Genova, suo amico storico, non ci sono dubbi, e lo scrive 20 anni dopo: «Alla radio spiegavano che il generale non aveva potuto sopportare la vergogna del tradimento e della capitolazione ma, conoscendolo, subito la notizia mi sembrò strana. Quando seppi che aveva rifiutato il comando delle forze armate della Repubblica sociale tutto mi fu chiaro: il suicidio era una simulazione nazista abilmente orchestrata, Cavallero era stato vittima di un delitto politico».A 80 anni esatti dagli eventi, il profilo di un uomo chiave di quel periodo (Giordano Bruno Guerri lo definisce «una delle figure più controverse della storia militare, e non solo militare, italiana») è oggetto di studio nella sua terra, Ponzano Monferrato, dove sabato 23 settembre nel castello di famiglia si tiene un affascinante convegno dal titolo «Il mistero Cavallero». La base degli studi è il recupero delle preziose carte ritrovate dai parenti, di parte dei diari, dei memoriali, delle lettere di Kesserling (comandante delle forze tedesche in Italia) affidate all’elaborazione storica del professor Marco Cuzzi, docente di Storia contemporanea all’Università Statale di Milano, e alla studiosa di archivistica Clara Belotti, che lavora al riordino e alla catalogazione dei documenti inediti. Fra i reperti sorprendenti ci sono le mappe delle battaglie, i piani strategici di quella decisiva di Vittorio Veneto nella Grande guerra, gli ordini e i retropensieri dell’uomo che lavò l’onta di Caporetto, ma anche i progetti del senatore del regno che a cavallo degli anni Venti e Trenta diede un decisivo contributo nello sviluppo dell’industria pesante nazionale, dalla Pirelli all’Ansaldo. Cavallero era fascista, stretto collaboratore militare di Benito Mussolini, dimissionato dal Duce che aveva bisogno di un capro espiatorio, incarcerato due volte da Badoglio e liberato prima da Vittorio Emanuele (che era a conoscenza dell’astio fra i due piemontesi, nati a pochi chilometri l’uno dall’altro fra le vigne del Grignolino), poi dai tedeschi nella Roma «città aperta». Era un personaggio controverso, ma come sottolinea lo storico Cuzzi «liquidarlo solo come il generale di Mussolini non rende giustizia a una personalità molto più complessa e sfaccettata di quanto si creda». Vasilij Grossman gli dedicò l’incipit del capolavoro storico «Stalingrado», a conferma che non era propriamente un’apparizione scomparente. Sciocchezza più grande (purtroppo difetto molto italiano) è far depositare la polvere della Storia sulle figure più complesse, che più di altre chiamano il pensiero unico della cultura contemporanea a confrontarsi con la realtà, lontano dal pregiudizio e dai compromessi dell’antifascismo militante. Sciocchezza anche più grande è continuare a giudicare preventivamente fatti e protagonisti, 80 anni dopo, in base ai colori della politica del feroce Secolo Breve oppure a piegare la Storia stessa agli interessi e alle categorie dell’oggi. Ultimo esempio: trasformare il comandante sommergibilista Salvatore Todaro, eroe di guerra, in un proto-scafista buono, poteva riuscire solo agli sceneggiatori di Cinecittà. Quella della famiglia Cavallero è una coraggiosa operazione verità per illuminare ogni sfaccettatura di un protagonista che merita critiche ma anche rispetto al di là dell’ipocrisia collettiva. E che finora non ha ottenuto neppure il riconoscimento pubblico di un’aiuola; nel 2011 un coraggioso sindaco di Casale Monferrato tentò di intitolargliela, ma fu travolto dalle critiche antifa contro il concittadino «colonialista e sterminatore», protagonista della campagna d’Africa orientale, e congelò tutto. È il mistero Cavallero, che si allunga anche sulla parte dei diari scomparsa durante la guerra partigiana e mai più ritrovata. E che riporta là, nel giardino dell’albergo Belvedere, dove il Maresciallo d’Italia fu trovato quella mattina di settembre col mento reclinato sul petto e le mani appoggiate ai braccioli della poltrona di vimini. E una Beretta calibro 9 per terra, alla sua destra. Lui era mancino.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.