2019-10-03
Non sarà la rinuncia al celibato dei preti a nascondere la crisi di fede della Chiesa
Se il Sinodo sull'Amazzonia sacrificherà il sacerdozio, la vita religiosa perderà valore. Senza risolvere il calo delle vocazioni.Prefetto della Congregazione per i vescoviLa diminuzione delle vocazioni al sacerdozio dipende da una quantità di fattori d'ordine statistico, culturale ed ecclesiologico, ma non si può negare ch'essa dipende anche, e senza dubbio in primo luogo, da una crisi della fede. Famiglie meno numerose, rivalorizzazione del matrimonio e della sessualità, reintegrazione del presbiterato in un nuovo quadro ecclesiologico, tutto questo gioca un ruolo non trascurabile, ma la crisi della fede, legata a un deficit cristologico e dunque trinitario, mina alla base la motivazione decisiva per rispondere a un appello a lasciar tutto per seguire Cristo. Se ciò è vero, occorre prevedere che l'abbandono da parte della Chiesa della sua disciplina del celibato per i suoi ministri del secondo grado del sacerdozio avrebbe un incalcolabile impatto e tutto sommato prevedibile sulle vocazioni alla vita consacrata sotto ogni sua forma. Se il celibato non è più un valore decisivo per l'esercizio del ministero sacerdotale, la vita religiosa stessa ne vien fuori svalorizzata e relegata in secondo piano a vantaggio della funzione ministeriale. Sarebbe opportuno porsi la domanda seguente: cosa rimane di vita consacrata nel celibato nelle comunità di tradizione protestante?Oggi più che mai la saggezza pastorale della Chiesa e la creatività teologica devono prevalere su una mentalità razionalista che domina molti ambienti accademici e banchi di prova pastorali, per rilanciare la cultura vocazionale e l'avvenire del ministero sacerdotale a partire da una visione coerente del celibato come stato di vita che sia capace di entusiasmare, di motivare e di rendere capaci non solo di agire con una convinzione contagiosa, ma anche di soffrire il rifiuto e la persecuzione sul modello della vita apostolica delle origini. L'annuncio della parola di Dio e la celebrazione dei sacramenti hanno un altro impatto quando la fede del ministro è in primo luogo proclamata dal suo stato di vita, che conferisce alla sua predicazione un peso o un fuoco, che scaturisce dallo spirito, dalla sua vita completamente donata al suo Signore nel ministero. Ciò è comprovato in Amazzonia da preti che fanno l'esperienza di essere accolti e integrati nelle comunità locali proprio a motivo del loro celibato. Ci si può allora porre almeno il problema di sapere se non sarebbe controproducente per l'evangelizzazione introdurre un'alternativa al celibato sacerdotale. La vita apostolica delle origini nulla ha perduto della sua attualità: quanto Gesù ha instaurato quale testimonianza di continenza totale come sposo dell'umanità, e che ha preteso dai suoi apostoli e dai loro successori, rimane la forma di vita evangelica che incarna la comunione trinitaria offerta all'umanità sua sposa. A riprova, lo statuto e lo stile di vita dei vescovi che, nel corso dei secoli, rimane invariabile e incontestato in Oriente come in Occidente. Esso rimane anche l'ideale per i preti che partecipano al secondo grado del sacerdozio ministeriale, in quanto rappresentanti del Cristo capo e sposo, volendo amare la Chiesa sposa dello stesso amore con cui essa è amata dal suo Signore e sposo.L'ora presente della Chiesa «in uscita» non trarrebbe guadagno, a mio vedere, dalla riduzione delle esigenze del sacerdozio in nome di imperativi culturali e pastorali regionali, al fine di garantire dei sedicenti servizi essenziali che non sono più sentiti come tali nei Paesi di provenienza dei missionari. Varrebbe meglio puntare su una rinnovata proclamazione del kerigma, vale a dire della parola di Dio che è Cristo, per far vedere in lui con gli occhi dello spirito la kenosi di Dio nella storia, che immerge il vero credente in un abisso di adorazione e di disponibilità senza limiti, affinché quest'amore non rimanga senza risposta, ch'esso esige a pieno giusto titolo, che renda pienamente amanti di Gesù e desiderosi d'identificarsi con lui in piena umiltà e verità, per l'amore dell'Amore.La missione in Amazzonia come altrove non può avanzare su una base di slogan più o meno ideologici, poggiati su considerazioni valide ma secondarie a confronto dell'obiettivo essenziale dell'evangelizzazione: donare Cristo. Le nuove vie della missione per comporre un volto autoctono della Chiesa devono partire, là come altrove, dalla parola di Dio contemplata in tutta la sua bellezza, che può rapire persone di tutte le culture e ispirare in loro il desiderio di abbracciare il celibato come una testimonianza d'amore, in uno stato di vita che suppone un superamento dei valori della prima creazione in virtù della grazia della nuova creazione in Cristo.Le precedenti considerazioni non hanno affatto l'intenzione di frenare lo slancio e la creatività del Sinodo sull'Amazzonia che a giusto titolo propone una ricerca audace di vie nuove d'inculturazione e di presenza missionaria, affinché la Chiesa vi acquisisca il volto che corrisponde a un'evangelizzazione integrale.Queste riflessioni critiche intendono soprattutto approfondire il suo proposito essenziale, e mettere in guardia contro il pericolo di fermarsi a una creatività superficiale. Evitiamo la tentazione di barattare l'audacia evangelica dei grandi santi che ispirano papa Francesco (Francesco d'Assisi, Ignazio di Loyola, Teresa di Gesù bambino, la Santa famiglia di Nazareth) per delle novità umane approssimative e incerte che rischiano di rendere insipido il sale del Vangelo invece che rendere la Chiesa più evangelizzatrice e irradiante nelle e per le culture locali, perché più impegnata in tutti i suoi membri in una relazione sponsale con Cristo.Questo obiettivo sarà raggiunto a medio e lungo termine se si promuove con grande impegno la vocazione sacerdotale integrale, vale a dire la comunione tra il sacerdozio comune dei battezzati e il sacerdozio gerarchico dei ministri del Vangelo. Che questo avvenga presso le famiglie orientando verso il sacramento del matrimonio e proteggendo contro ogni violenza fatta alle donne e ai bambini, che questo avvenga presso la gioventù esposta nei nostri giorni a tutte le distrazioni e deviazioni e condannata alla pigrizia o al vagabondaggio sul Web, che questo avvenga negli ambienti di lavoro, di evasione o di vita pubblica, la predicazione vigorosa e la frequentazione contemplativa della parola di Dio devono generare una cultura vocazionale in cui la vita stessa è compresa come vocazione e posta quindi in prospettiva di dialogo, di alleanza e di missione. Una simile cultura vocazionale suppone una pastorale vocazionale articolata e animata, tra l'altro, da sacerdoti celibatari e felici di esserlo nonostante tutti gli scivolamenti e tutto il rumore in senso contrario.
Kim Jong-un (Getty Images)
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È stato pubblicato sul portale governativo InPA il quarto Maxi Avviso ASMEL, aperto da oggi fino al 30 settembre. L’iniziativa, promossa dall’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali (ASMEL), punta a creare e aggiornare le liste di 37 profili professionali, rivolti a laureati, diplomati e operai specializzati. Potranno candidarsi tutti gli interessati accedendo al sito www.asmelab.it.
I 4.678 Comuni soci ASMEL potranno attingere a queste graduatorie per le proprie assunzioni. La procedura, introdotta nel 2021 con il Decreto Reclutamento e subito adottata dagli enti ASMEL, ha già permesso l’assunzione di 1.000 figure professionali, con altre 500 selezioni attualmente in corso. I candidati affrontano una selezione nazionale online: chi supera le prove viene inserito negli Elenchi Idonei, da cui i Comuni possono attingere in qualsiasi momento attraverso procedure snelle, i cosiddetti interpelli.
Un aspetto centrale è la territorialità. Gli iscritti possono scegliere di lavorare nei Comuni del proprio territorio, coniugando esigenze professionali e familiari. Per gli enti locali questo significa personale radicato, motivato e capace di rafforzare il rapporto tra amministrazione e comunità.
Il segretario generale di ASMEL, Francesco Pinto, sottolinea i vantaggi della procedura: «L’esperienza maturata dimostra che questa modalità assicura ai Comuni soci un processo selettivo della durata di sole quattro settimane, grazie a una digitalizzazione sempre più spinta. Inoltre, consente ai funzionari comunali di lavorare vicino alle proprie comunità, garantendo continuità, fidelizzazione e servizi migliori. I dati confermano che chi viene assunto tramite ASMEL ha un tasso di dimissioni significativamente più basso rispetto ai concorsi tradizionali, a dimostrazione di una maggiore stabilità e soddisfazione».
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Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)