
La modella forse morta di una malattia rara non diagnosticata o avvelenata da metalli pesanti. Ulteriori esami per verificare.La morte di Imane Fadil non è stata provocata da un avvelenamento da sostanze radioattive. È quanto è emerso ieri dalle prime analisi effettuate sui campioni dei tessuti degli organi prelevati alla ex modella di origine marocchina, morta lo scorso 1 marzo al termine di una lunga agonia. La Procura di Milano indaga per omicidio volontario. Le analisi, si è appreso ieri da fonti qualificate, «escludono tracce di radioattività» nei tessuti della donna, importante teste nel processo Ruby ter, che vede imputato Silvio Berlusconi, alla sbarra insieme ad altre 23 persone. Il leader di Forza Italia è accusato di aver pagato le ragazze che partecipavano alle «cene eleganti» perché ammorbidissero le loro testimonianze.Il risultato delle analisi sulla radioattività rappresenta una svolta importante nell'inchiesta coordinata dal pm Tiziana Siciliano. I test sono stati condotti, su ordine dei magistrati, da un pool di esperti dell'Istituto di medicina legale dell'Università di Milano, guidati da Cristina Cattaneo, e poi dall'Istituto di fisica. Gli esperti si sono avvalsi di una serie di apparecchiature tecniche specifiche messe a disposizione dal Nucleo radiologico e batteriologico dei vigili del fuoco per scongiurare ogni rischio di contaminazione radioattiva.L'esito delle analisi di ieri dovrà essere confermato da nuovi test, che saranno affidati agli esperti dell'Enea, ma a questo punto restano due le ipotesi in campo: Imane Fadil è stata avvelenata con metalli pesanti o è morta in seguito a malattia. L'ipotesi di un avvelenamento da sostanze radioattive, circolata sin dal momento in cui è stata resa pubblica, dal procuratore capo di Milano, Francesco Greco, la notizia del decesso della giovane, aveva scatenato opinionisti e commentatori. In molti, in maniera più o meno velata, avevano paragonato la morte di Imane Fadil a quella dell'agente russo Aleksandr Litvinenko, avvelenato nel 2006 con il polonio. Qualcuno si è spinto a dipingere scenari da spy story, accostando la morte della modella al suo ruolo di teste nel processo a carico di Berlusconi. La Fadil aveva rivelato particolari piccanti delle «cene eleganti» che si svolgevano ad Arcore, alle quali aveva preso parte per otto volte. Esclusa la pista di un avvelenamento da sostanze radioattive, resta da sciogliere il nodo delle cause della morte di Imane Fadil.Come detto, restano in piedi solo due ipotesi: la ragazza è deceduta perché avvelenata con metalli pesanti, o per una malattia rara. Dalle analisi di sangue e urine, sono emersi valori alti, ma non letali per alcuni metalli, tra cui cadmio, cromo, molibdeno e antimonio. Imane potrebbe anche essere stata uccisa da una malattia rara, autoimmune, che i medici dell'Humanitas di Rozzano, dove la giovane è rimasta ricoverata per un mese, potrebbero non essere riusciti a diagnosticare.Imane Fadil è stata ricoverata all'Humanitas il 29 gennaio scorso, per una gravissima disfunzione del midollo osseo che aveva smesso di produrre globuli bianchi, rossi e piastrine. Il 28 febbraio è entrata in coma, ed è morta il 1° marzo. Solo 15 giorni dopo, il procuratore Francesco Greco ha reso nota la notizia del decesso. Nei giorni immediatamente precedenti, l'aggiunto Tiziana Siciliano e il pm Luca Gaglio avevano ascoltato alcuni testimoni, tra i quali il fratello e il legale della povera Imane, i quali hanno raccontato ai giudici che la ragazza aveva ripetuto più volte di temere di «essere stata avvelenata». Nella cartella clinica sequestrata dalla Procura si parla di forti dolori al ventre e «cedimento progressivo degli organi».In ogni caso, ora che sono state escluse tracce di radioattività, sarà possibile effettuare in sicurezza, forse già sabato prossimo, l'autopsia per capire le cause della morte della modella. Ieri, Il Giornale ha riportato alcune riflessioni degli inquirenti: «All'80 per cento», avrebbero confidato, «possiamo dire che Imane è morta di cause naturali. Vedrete che alla fine si scoprirà che è solo un caso di colpa medica». Il quotidiano sostiene che Imane potrebbe essere stata affetta da Les, lupus eritematoso sistemico, una malattia cronica che può restare latente e poi scatenarsi, molto difficile da individuare.Un altro spunto lo ha fornito Souad Sbai, ex deputata del Pdl e presidente dell'Associazione delle donne marocchine in Italia, che a Repubblica aveva parlato di una «pista marocchina», dicendosi convinta che Imane «sapeva tanto e per questo è stata uccisa». La Sbai è stata sentita in Procura come persona informata dei fatti, ha detto di volersi costituire parte civile nel processo sulla morte di Imane e ha detto che il caso le ricorda «un'esperienza personale di cui porto ancora le conseguenze».
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.
Maria Rita Parsi critica la gestione del caso “famiglia nel bosco”: nessun pericolo reale per i bambini, scelta brusca e dannosa, sistema dei minori da ripensare profondamente.






