2018-10-20
Non c’è alternativa ai gialloblù, pensino a fare bene
Non fatevi impressionare dal teatrino di questi giorni: i due litiganti sono condannati a stare insieme. Sì, Luigi Di Maio e Matteo Salvini se potessero si accopperebbero, perché a distanza di sei mesi da quando si sono ufficialmente fidanzati, già non si sopportano, perché ognuno dei due vorrebbe comandare sull'altro. E tuttavia la convivenza del vicepremier a 5 stelle con il vicepremier leghista non ha alternativa, perché in questo momento non esiste la possibilità di fare alcun altro governo che quello che c'è.È vero, in passato si era ventilata la possibilità di un innaturale accoppiamento fra il Movimento fondato da Beppe Grillo, il Pd e Liberi e uguali, per dare vita a un esecutivo che fosse turbo comunista. Ma oggi i numeri non ci sarebbero. Ve lo vedete il Partito democratico di Renzi che dopo aver detto (...)(...) peste e corna di Di Maio gli bacia la pantofola e gli fa passare il reddito di cittadinanza, il condono sulle case abusive e la riforma della riforma Fornero? È vero che in politica le capriole sono all'ordine del giorno e la nostra è una Repubblica fondata sui voltagabbana, ma a tutto c'è un limite e visto che siamo già in prossimità delle elezioni europee è difficile immaginare che 5 stelle, Pd e Leu abbiano tutta questa voglia di prendersi una legnata nell'urna. E poi, ve lo immaginate Renzi che spiega ai compagni perché sia giusto fare più deficit dopo aver detto che non lo è? Certo, lui è un campione mondiale nel rimangiarsi la parola data, prova ne sia che da due anni - cioè dal 4 dicembre del 2016 - aspettiamo che si ritiri dalla politica, ma a forza di dire il contrario di quel che ha promesso rischia che non lo votino più neppure in famiglia. Insomma, per quanto l'idea di mollare la Lega per accasarsi a sinistra piaccia al presidente della Camera, Roberto Fico, che come tutti gli inquilini di Montecitorio da quando si è seduto su quella sedia fa la fronda al governo, le possibilità che a Palazzo Chigi si installi un esecutivo giallorosso sono ridotte al lumicino. Tralasciamo di prendere in considerazione l'ipotesi di un gabinetto sostenuto da Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia con l'appoggio esterno del Pd perché non rientra nel novero delle possibilità. Renzi non accetterebbe mai di fare la stampella a nessuna maggioranza che preveda un presidente del Consiglio diverso da lui. Di appoggiare Salvini premier dunque neanche a parlarne e credo che l'ipotesi non faccia fare salti di gioia neppure a Berlusconi, il quale quando auspica la riunione del centrodestra ha l'ambizione di essere lui a guidarla. Per mancanza di numeri scartiamo anche la possibilità che si formi un esecutivo tutto di centrodestra, che come si era detto a inizio legislatura si cerchi i voti in Parlamento. Per quanto le nostre Camere siano popolate da personaggi pronti a cambiare casacca al solo scopo di mantenere strapuntino e stipendio, trovare una trentina di senatori e una sessantina di deputati pronti al salto della quaglia non è facile.Dunque, eliminate dal tavolo le unioni contronatura, non rimangono che due soluzioni. La prima è la più semplice e si spiega in poche parole: se il governo non c'è bisogna tornare a votare. Ovviamente questa è la via d'uscita dalla crisi che tutti aborrono, non solo gli onorevoli che rischierebbero di tornare a casa, ma anche Sergio Mattarella, l'Europa, i mercati e dunque anche gli investitori. Scartiamo perciò l'idea di restituire la parola agli italiani (non sia mai!) affinché dirimano la diatriba fra Di Maio e Salvini: a quelli che contano non piace. A questo punto rimane solo la carta Cottarelli o se preferite Monti, ossia un tecnico teleguidato dal Quirinale e da Bruxelles che decida per noi come sia giusto tassarci, a quali servizi pubblici sia opportuno rinunciare per far quadrare i conti e piacere alla gente che piace. Che ovviamente sono i burocrati del Fondo monetario, della Bce e dell'Europa. Ecco, passate in rassegna tutte le possibili vie di fuga dal governo gialloblù, si capisce che, per quanto non si sopportino, per quanto dopo pochi mesi si sia già ai piatti rotti, con l'uno che denuncia l'esistenza di manine e l'altro che non vuole passare per scemo, Di Maio e Salvini sono costretti a trovare l'intesa. E dato che, come avrebbe detto Umberto Bossi, bisogna trovare la quadra, facciano anche quadrare i conti, riequilibrando un po' la manovra con tagli alle tasse e meno soldi a stranieri e rom. Ne guadagnerà il bilancio pubblico ma soprattutto l'umore degli elettori che hanno creduto e credono nel cambiamento.