2022-11-06
Non basta un cerotto per le cartelle
L’esecutivo vuole cancellare quelle più basse, ma così rischia di essere troppo timido. Servono una tregua e un intervento radicale per archiviare il passato e ripartire.Alla luce della conferenza stampa di venerdì sera e del (complessivamente ragionevole e positivo) orientamento economico adottato dal governo, è il caso di fare già un passo avanti. Una volta che il Parlamento avrà detto sì al nuovo quadro delineato dall’esecutivo, è realistico immaginare che la prossima settimana sarà adottato il provvedimento di aiuti per le bollette. Poi, nelle settimane successive, partiranno gli altri due veicoli: il disegno di legge di bilancio e molto probabilmente un decreto fiscale allegato. Ecco: è il caso di spingere perché lì trovi posto una misura di tregua fiscale molto più estesa rispetto alle prime indiscrezioni circolate. Diciamolo senza ipocrisia: il tema vero non può essere rappresentato dalle cartelle da 1-2.000 euro. La partita è un’altra: si tratta di consentire a milioni di contribuenti di rimettersi in pista. A scanso di equivoci, giova ricordare che qui non stiamo parlando di evasione: ma di somme regolarmente dichiarate e che però i contribuenti non sono stati in grado di pagare in tempo o di versare interamente.Ciò che si richiede al governo è uno sguardo «olistico»: non si possono considerare le bollette separatamente da tutto il resto, anche perché - famiglia per famiglia, impresa per impresa - il conto corrente e la liquidità a cui attingere sono sempre gli stessi.Ora, se alcune statistiche ci informano del fatto (di per sé eloquente) che nelle principali città spesso già 7 condòmini su 10 non sono in regola con le bollette, non serve un indovino per immaginare quale sarà il livello di inadempimento rispetto alle scadenze fiscali horror di fine anno. Gli appuntamenti più devastanti sono il 16 novembre (Iva trimestrale), il 30 novembre (acconto Irpef), il 16 dicembre (Imu) e il 27 dicembre (acconto Iva).Con sano pragmatismo, è sufficiente interpellare un commercialista per sapere che un numero altissimo di clienti sta già accumulando adesso (oltre alle vecchie cicatrici che magari già aveva) altri ritardi rispetto alle rate Iva trimestrali (quella passata di agosto e quella imminente di novembre) e realisticamente non sarà in grado di versare in tempo o interamente gli acconti di fine novembre e fine dicembre.È per questo che il Mef guidato da Giancarlo Giorgetti, a mio avviso, dovrebbe concepire un provvedimento il più possibile ampio. La misura di tregua non dovrebbe limitarsi alle micro cartelle; non dovrebbe limitarsi alle cicatrici di alcuni anni fa, ma dovrebbe includere anche gli inadempimenti più recenti, compresi quelli del 2022. È ovvio che alcune decisioni andranno annunciate dopo la scadenza (ad esempio, dopo l’acconto del 30 novembre: altrimenti, prima di quella data, non pagherebbe nessuno). Ma il punto è che stavolta ci sono le condizioni soggettive (cioè di maggioranza politica) e oggettive (la crisi è sotto gli occhi di tutti) per non puntare su un «cerotto» ma su un «voltapagina», che consenta a imprese e famiglie di non cominciare il 2023 in ginocchio.Dunque, in primo luogo, occorre fermare il bombardamento di cartelle esattoriali, di lettere di compliance e di cosiddetti avvisi bonari che è stato scatenato dal governo precedente. Continuare a far arrivare ora milioni di queste «bombe» significherebbe aver perso il contatto con la realtà.In secondo luogo (e sarebbe a nostro avviso la strada maestra), si dovrebbe lanciare la misura di tregua. Non piace la parola «sanatoria»? Se ne usi un’altra «politicamente corretta»: ma è indispensabile uno strumento che consenta ai contribuenti di pagare una parte di quanto è loro richiesto e di non essere schiacciati. Sarebbe un buon affare per tutti: per le famiglie e le imprese, e pure per l’Erario (che incasserebbe somme significative). In terzo luogo (se non si vuole accedere alla seconda soluzione), si decida per lo meno l’eliminazione delle sanzioni e si consenta un nuovo piano di rateizzazioni (spalmatissimo: anche fino a dieci anni) in partenza dal primo gennaio del 2023, o preferibilmente da marzo (cioè dalla fine dell’inverno delle superbollette), dando a tutti respiro per organizzarsi e pagare somme ragionevoli con assoluta regolarità. Ci pensi il nuovo governo: se non agirà così, rischierà di ritrovarsi addosso - senza colpa - le conseguenze delle scelte compiute da chi c’era prima.
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)