
Al posto di Marco Alverà arriverà Stefano Venier. Paolo Gallo invece confermato per il terzo mandato.Sarà Stefano Venier il nuovo amministratore delegato di Snam, società che gestisce i gasdotti che portano il metano in Italia da Russia e Africa. Prenderà il posto di Marco Alverà che era stato nominato nel 2016, durante il governo di Paolo Gentiloni. A indicarlo è stata Cassa depositi e prestiti nelle liste dei candidati dei board per le nostre controllate energetiche. Oltre a riportare i nuovi nomi dei vertici di Snam è stato confermato Paolo Gallo alla guida di Italgas. La conferma di Gallo era nell’aria da tempo, mentre per sostituire Alverà erano circolati altri nomi, forse troppo vicini ai partiti, che alla fine sono stati accantonati. Eppure chi aveva seguito il dossier in questi giorni mai avrebbe pensato a una soluzione di questo tipo. È passata con tutta probabilità la linea voluta dal Mef e da Cdp sui tecnici, amministratori sottotraccia e impegnati a lavorare. Venier arriva da Hera, gruppo che vanta una capitalizzazione di 5,8 miliardi di euro, un fatturato di 7,4 miliardi di euro e oltre 9.000 dipendenti. Ma ha avuto un passato in alcune società di shipping nel settore gas. Per la presidenza di Snam Via Goito ha proposto Monica De Virgiliis, già presente nel board della società tra il 2016 e il 2019. Per Italgas il presidente indicato è Benedetta Navarra, avvocato e commercialista, con un passato in Cdp reti e Italo: è anche nel consiglio di amministrazione della Roma. Il governo aveva molto puntato sull’alternanza maschile e femminile tra amministratori delegati e presidenti. Alverà, che lascia una società in salute con un incremento del dividendo per azione del 5%, ora dovrebbe impegnarsi in una impresa imprenditoriale in ambito energetico. Quella di ieri è stata la prima tornata di nomine. Bisognerà aspettare poi metà aprile per conoscere le sorti di Fincantieri e le altre controllate in scadenza. Ieri Cdp ha anche presentato il bilancio. Nel 2021 sono state «impegnate risorse per 23,6 miliardi di euro a livello di Cdp e 23,8 miliardi a livello di gruppo a beneficio di imprese, infrastrutture, pubblica amministrazione e cooperazione internazionale, in aumento sia rispetto ai 21,7 miliardi della capogruppo (+8%), sia ai 21,9 miliardi del gruppo relativi all’anno precedente (+9%)». Il risparmio postale risulta in crescita del 2,5% rispetto ai 274,6 miliardi dello scorso esercizio, raggiungendo i 281,5 miliardi di euro, «anche grazie a una raccolta netta Cdp positiva per oltre 3 miliardi. Sempre sul fronte della raccolta, si è proseguito nella diversificazione delle fonti: a fine giugno è stato emesso un nuovo social bond da 500 milioni di euro. La raccolta complessiva è di 381,9 miliardi, in aumento di 3,6 miliardi rispetto al 2020». Rispetto «ai risultati economici, l’utile netto consolidato è pari a 5,3 miliardi di euro (+4,1 miliardi rispetto al 2020), principalmente grazie all’andamento della partecipata Eni. Infine «l’utile netto rimane elevato ed è pari a 2,4 miliardi di euro (2,8 miliardi nel 2020), pur scontando gli effetti dei tassi di interesse ai minimi storici, la riduzione dei proventi derivanti dalla gestione del portafoglio titoli e l’adeguamento dei valori di carico delle partecipazioni». Per Giovanni Gorno Tempini, presidente di Cassa depositi e prestiti, «Cdp continua a mettere a disposizione le proprie capacità con grande senso di responsabilità, confermando il proprio impegno per il Paese». L’amministratore Delegato Dario Scannapieco spiega: «Con oltre 23 miliardi di euro di risorse impegnate e 35 miliardi di investimenti complessivamente attivati a favore di imprese, infrastrutture, pubblica amministrazione e cooperazione internazionale, Cdp consolida il suo ruolo di istituzione al servizio della crescita del Paese. Grazie a questi risultati, confermiamo con determinazione il percorso annunciato con il piano strategico 2022-2024, che pone al centro dell’attività di Cassa l’impatto generato in termini di benefici economici, sociali e ambientali, anche grazie all’adozione di specifiche policy e principi di sostenibilità».
(IStock)
Svanisce l’accusa di falso ideologico per una professionista di Roma che aveva esentato alcune persone a rischio. Finisce un calvario fatto di incursioni dei Nas e documenti spacciati per falsi. La storia della pandemia viene riscritta poco alla volta.
Niente falso ideologico. Niente reato. Invece piena assoluzione per un medico di base di Roma che nel 2022 aveva firmato l’esenzione al vaccino anti Covid a quattro pazienti. L’ennesima di una serie di sentenze che ormai, una dopo l’altra, stanno riscrivendo la storia della pandemia in Italia e soprattutto della sua malagestione.
Il caso è quello di una dottoressa accusata perché avrebbe avuto l’ardire di esentare dalla vaccinazione alcune sue pazienti. E di aver prodotto certificazioni false. Documenti che il medico aveva firmato perché le pazienti erano portatrici di una serie di fattori di rischio e se vaccinate, avrebbero potuto sviluppare malattie gravi o incorrere in un peggioramento del loro quadro clinico. Come purtroppo è successo a molti pazienti che dopo la vaccinazione hanno visto l’insorgere di danni collaterali gravi e invalidanti.
Christine Lagarde (Ansa)
Nel consueto bollettino, gli economisti della Bce (a guida francese) parlano di una Ue a due velocità trainata dalla crescita del Pil di Macron & C. Non citano la crisi politica più grave degli ultimi 70 anni, deficit fuori controllo, tagli al rating e spread zero con l’Italia.
Qualche settimana fa (inizio ottobre), era balzato agli onori delle cronache un report degli analisti di Berenberg che per la prima volta parlavano di un vero e proprio scambio di ruoli all’interno dell’Ue: «La Francia sembra la nuova Italia». Dietro a quel giudizio tranchant ci passa un’epoca di almeno tre lustri che parte da un altro mese di ottobre, quello del 2011, e dalla risatina tra gli allora leader di Parigi e Berlino, Sarkozy e Merkel. Il sorrisetto beffardo nascondeva un giudizio di inaffidabilità politica ed economica rispetto alla traballante situazione del governo Berlusconi e ai conti pubblici che a detta dei sostenitori dell’austerity dell’epoca, nel Belpaese non rispettavano gli impegni presi.
Jeffrey Epstein (Getty Images)
Pubblicati i primi file. Il trafficante morto misteriosamente in carcere disse: «Sono l’unico in grado di abbattere Trump».
La torbida vicenda che ruota attorno alla controversa figura di Jeffrey Epstein è tornata di prepotenza al centro del dibattito politico americano: nuovi documenti, nuovi retroscena e nuove accuse. Tutte da verificare, ovviamente. Anche perché dal 2019, anno della morte in carcere del miliardario pedofilo, ci sono ancora troppi coni d’ombra in questa orribile storia fatta di abusi, ricatti, prostituzione minorile, silenzi, depistaggi e misteri. A partire proprio dalle oscure circostanze in cui è morto Epstein: per suicidio, secondo la ricostruzione ufficiale, ma con i secondini addormentati e l’assenza delle riprese delle telecamere di sicurezza.
Nel riquadro, Giancarlo Tulliani in una foto d'archivio
Requisiti una villa, conti correnti accesi in Italia e all’estero e due automobili, di cui una di lusso. I proventi di attività illecite sono stati impiegati nuovamente per acquisizioni di beni immobili e mobili.
Lo Scico della Guardia di finanza ha eseguito ieri un decreto di sequestro per circa 2,2 milioni di euro emesso dal Tribunale di Roma su proposta dei pm della Direzione distrettuale Antimafia, nei confronti di Giancarlo Tulliani, attualmente latitante a Dubai e fratello di Elisabetta Tulliani, compagna dell’ex leader di Alleanza nazionale Gianfranco Fini. La sezione Misure di prevenzione del Tribunale della Capitale ha disposto nei confronti di Tulliani il sequestro di una villa a Roma, di conti correnti accesi in Italia e all’estero e due autovetture di cui una di lusso, per un valore complessivo, come detto, di circa 2,2 milioni di euro. «Il profitto illecito dell’associazione, oggetto di riciclaggio, veniva impiegato, oltre che in attività economiche e finanziarie, anche nell’acquisizione di immobili da parte della famiglia Tulliani, in particolare Giancarlo», spiega una nota. «Quest’ultimo, dopo aver ricevuto, direttamente o per il tramite delle loro società offshore, ingenti trasferimenti di denaro di provenienza illecita, privi di qualsiasi causale o giustificati con documenti contrattuali fittizi, ha trasferito le somme all’estero, utilizzando i propri rapporti bancari.






