2022-07-26
«In nome del cielo», Disney+ annuncia una nuova data
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«In nome del cielo» (Disney+)
Il debutto della miniserie tratta dal bestseller true crime di Jon Krakauer sugli eventi che hanno condotto all'omicidio nel 1984 di Brenda Wright Lafferty e di sua figlia in un sobborgo di Salt Lake Valley, nello Utah, era previsto per domani, mercoledì 27 luglio. La piattaforma di video on demand ha comunicato proprio oggi che i sette episodi con Andrew Garfield protagonista saranno disponibili dal 31 agosto. Quella di Brenda Wright Lafferty è una storia vera, una storia tremenda, i cui dettagli – da soli – basterebbero a spogliare chi la ascolti di ogni certezza. Eppure, quando Ron Howard, nelle vesti di produttore, ha deciso di farne una serie televisiva, ha parimenti deciso di portare quell’orrore un po’ più in là, dove al male potesse essere trovato un suo uso, qualcosa di simile ad un’utilità pratica. La storia di Brenda Wright Lafferty, sgozzata insieme alla figlioletta di quindici mesi dalle persone che più avrebbero dovuto contribuire a proteggerla, allora si è trasformata in altro: nello spunto di una riflessione urgente, attuale, nel motore di un meccanismo introspettivo cui nessuno spettatore, nemmeno il più cinico, può evitare di abbandonarsi. Non guardando In nome del cielo, su Disney+ dal 31 luglio. La serie televisiva, tratta dal best-seller omonimo di Jon Krakauer, è il racconto breve di un orrore che si è consumato nell’estate calda del 1984. Brenda Wright Lafferty, all’epoca, aveva ventiquattro anni, un matrimonio felice, una bambina, Erica, cui aveva deciso di dedicare la sua intera vita. Non avrebbe più lavorato come giornalista televisiva, non nell’immediato. Sarebbe rientrata un domani, quando la bambina fosse stata grande e autonoma. Ma quel domani cui Brenda guardava con l’ottimismo dei suoi anni non sarebbe mai arrivato. Brenda Wright Lafferty sarebbe morta la sera del 24 luglio 1984, ammazzata insieme alla sua piccola Erica dai cognati, Ron e Dan Lafferty. «Al centro della vicenda, ci sono un manipolo di persone straordinarie, persone di successo, le cui vite prendono svolte che definire tragiche è riduttivo. Quella Lafferty è una vicenda che dimostra come le nostre credenze possano essere manipolate e distorte così da giustificare atti di oppressione e di violenza inauditi», ha cercato di spiegare Ron Howard, giustificando attraverso la ricerca dell’universalità la decisione di ripercorrere i fatti che hanno portato a quella violenza. «Potrebbe succedere a chiunque», ha detto ancora il produttore, decontestualizzando così l’orrore dei Lafferty, un orrore che si è consumato all’interno di una comunità mormone, nello Utah. Brenda, come il marito, Allen, aveva una fede profonda. Ma la fede non era la stessa, non fino in fondo. Era una fede diversa, qualcosa che i fratelli di Allen, Ron e Dan, sostenevano non bastasse. Avrebbe dovuto essere più estremista, Brenda, e permettere che il suo Allen si unisse insieme a loro alla setta nota come Scuola dei Profeti, una frangia fondamentalista nata in seno ai mormoni. Avrebbe dovuto accettare, mettere da parte il suo credo per fare spazio a quello della famiglia di cui aveva preso il cognome, Lafferty. Ma Brenda, caparbia nei suoi ventiquattro anni, non ha ceduto alle pressioni, condannando se stessa ad un destino infame. Ron e Dan Lafferty, mossi da quella che poi avrebbero descritto come una «rivelazione divina», hanno deciso di ammazzare la cognata e la nipotina, di sgozzarle senza alcuna pietà, protagonisti fanatici della storia che In nome del cielo ripercorre. La serie televisiva, sette episodi con Andrew Garfield nei panni del detective Jeb Pyre, ricorda Brenda e la sua Erica, ricorda la mattanza di cui sono state vittime. Ricorda l’assurdità degli eventi, la pretesa di aver avuto un ordine impartito da Dio. Ma, a quel ricordo, non si ferma. In nome del cielo invita chi guardi a scavare e scavare ancora, a cercare quel «Perché?» che nessuna parola potrà mai soddisfare. È una serie complessa, uno sprone all’azione introspettiva. Chiede, e lo fa con ritmo incalzante, di guardarsi dentro e interrogarsi sulle umane inclinazioni, le derive della fede – sia politica o religiosa –, sulla protervia e l’arroganza, su una pretesa di superiorità che non è in Utah, con la comunità mormone di cui Brenda Wright Lafferty era parte. È con l’uomo, un uomo che con In nome del cielo si trova a dover fare i conti con se stesso e i propri abissi.
Jose Mourinho (Getty Images)