2023-04-16
Noi finanziamo briscola e cimiteri. E intanto queste restano incompiute
Mentre i fondi del Pnrr si disperdono in mille rivoli improduttivi, ben 379 grandi opere (tra cui dighe, autostrade e ospedali) sono bloccate. A volte da decenni.L’ispettore Settimo Martinello,: «Manca ancora un’anagrafe completa, ma la gran parte del patrimonio risale a mezzo secolo fa. Per metterlo in sicurezza servirebbero decine di miliardi».Lo speciale contiene due articoliMentre finanziamo centri di bocce, campi da golf, piste per skateboard, cimiteri, o addirittura tornei di briscola per far socializzare gli anziani, ci sono 379 grandi opere del valore economico complessivo di 1,82 miliardi, ferme e che rischiano di trasformarsi in cattedrali nel deserto. Eppure l’obiettivo primario del Pnrr è di mettere soldi in quei settori strategici per l’economia e in grado di incidere sul Pil, non di far divertire qualche arzillo ottantenne o regalare piste di divertimento ai giovanissimi. Il problema è che i fondi europei dovranno esser restituiti, e con gli interessi, e se nel frattempo non avranno contribuito allo sviluppo del Paese, ci saremo indebitati per niente. Creare invece un sistema infrastrutturale moderno, influisce sulla crescita aumentando i posti di lavoro e attirando gli investimenti, anche esteri, in zone finora di scarso interesse per chi vuole fare impresa. Gli analisti di Silvi Costruzioni Edili, società leader dal 1970 nella progettazione, costruzione, ristrutturazione e manutenzione di fabbricati, hanno aggregato i dati dell’anagrafe delle opere incompiute pubblicata l’anno scorso dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Ne è risultata una geografia della situazione con 379 infrastrutture ferme che richiederebbero meno di 2 miliardi per essere completate. Nel 2019 erano 640 per un valore di 4 miliardi, il doppio del valore odierno. Raccordi stradali, dighe, ponti, nessuna Regione si salva. Il maggior numero di cantieri non conclusi si trova nel Centro-Sud. Al primo posto si colloca la Sicilia con 138 lavori non ultimati (il 36,4% del totale nazionale), seguita dalla Sardegna (47, ovvero il 12,4%. Erano 86 nel 2019), la Puglia (al 7,1% con 27 opere incompiute, contro le 54 del 2019) ed il Lazio (al 6,9% con 26 cantieri fermi, erano 45 nel 2019).Migliora la situazione in Campania che passa dal quinto al quindicesimo posto (all’1,3% con le attuali 5 opere incompiute, contro le 41 del 2019). Mentre peggiora la Calabria che avanza dal tredicesimo al quinto posto (al 5,3% con le attuali 20 opere incompiute, contro le 15 del 2019). Va peggio rispetto a quattro anni fa, anche la Lombardia che dall’ottavo sale al sesto posto, seppure le sue performance siano migliorate passando dalle 27 opere incompiute del 2019 alle attuali 19, pari al 5% sul dato generale.Le rilevazioni dicono che l’84% delle opere ferme, risulta bloccato prima dell’apertura dei cantieri per cause procedurali amministrative (nel 43% dei casi), per cause finanziarie (36%) o per decisioni politiche che non arrivano prima della gara (19%). Per un terzo dei casi si presenta più di una causa.Secondo l’Ance lo Stato impiega 15 anni per un’opera medio grande e quasi 6 per una di piccole dimensioni e il 54% del tempo riguarda i tempi morti determinati dalla burocrazia. Un esempio di mala burocrazia è la Diga di Pietrarossa, in Sicilia. La posa della prima pietra risale al 1989, i lavori furono poi bloccati nel 1997. Dopo oltre vent’anni la Regione Siciliana ha riavviato l’iter, firmando un accordo col ministero delle Infrastrutture per rendere operativa la struttura e recentemente è stata aggiudicata la gara per il completamento dell’opera.Vediamo quali sono i casi più eclatanti. In Lombardia l’autostrada Cremona-Mantova, è tornata tra le priorità del presidente della Regione, Fontana. Il progetto risale a più di 20 anni fa, ha succhiato circa 25 milioni ma non si è mai concretizzato. Tra le cause del ritardo un braccio di ferro tra la concessionaria Stradivaria e l’azienda regionale Aria a colpi di carte bollate. Il governatore Attilio Fontana l’ha messo tra le priorità del nuovo mandato.In Sicilia, dove si conta il maggior numero di cantieri non ultimati, troviamo sul versante Nord dell’Etna, la «Strada Costa» che attende di essere completata da più di trent’anni. Il valore stimato è di 22,73 milioni e per aprirla al traffico ne basterebbero altri due. C’è la diga di Piano del Campo, sul fiume Belice, a Palermo, con un valore stimato che sfiora i 60 milioni di euro e una lunga storia iniziata nel 1987. Manca un stima delle somme necessarie a ultimare l’opera che ha uno stato di avanzamento di appena il 14,10%. L’appalto da 116 miliardi di lire venne affidato nel 1988 dall’allora Consorzio Alto Belice, per conto della Regione Sicilia, a una grande impresa edile tedesca. Ma dopo due anni scoppiò un contenzioso legale tra questi due soggetti e i lavori si bloccarono. Ora la stazione appaltante è il nuovo Consorzio di Bonifica Palermo 2 ma prima di riavviare i lavori va risolta la controversia. Sempre in Sicilia, è stata realizzata solo per il 38% la rete di radiocomunicazione del Corpo Forestale che fa parte di un sistema di videosorveglianza a tutela del patrimonio boschivo. Servirebbero circa 17 milioni di euro per ultimarla ma tra il 2015 e il 2018 si è generato un contenzioso giudiziario che ha congelato l’appalto e bloccato i lavori. Per riprendere i lavori è necessario che si esaurisca la vicenda legale. A Reggio Calabria tutto fermo per la costruzione del nuovo palazzo di Giustizia, iniziato vent’anni fa. Stessa sorte per quello di Locri. A dieci anni dall’avvio dei lavori, sono stati spesi 6 milioni di euro a fronte di un finanziamento iniziale di 12 milioni. Oggi per completare l’opera sono stati stanziati 20 milioni ma l’edificio è uno scheletro assediato dai rovi. Il progetto iniziale era di creare una sorta di Cittadella della Giustizia, realizzando altre due strutture dedicate alla Guardia di Finanza e ai carabinieri forestali. Si trascinano da oltre vent’anni anche i lavori per il teatro di Siderno, oltre 500 posti a sedere al centro della città. I lavori eseguiti per il 38% sono fermi per mancanza di fondi. A Palmi l’ospedale della Piana da 15 anni è solo un progetto rimasto sulla carta, una speranza svanita per un territorio che avrebbe bisogno di potenziare l’offerta sanitaria. L’idrovia Venezia-Padova è costata 30 milioni ed è bloccata al 10%. Il progetto risale al 2016, dopo la realizzazione del primo tratto e dei primi cavalcavia, che oggi sono sospesi sul nulla, i lavori sono stati interrotti e posticipati a data da destinarsi a causa di mancanze di fondi. Uno studio di professionisti ha realizzato un’indagine dalla quale è emerso che a fronte di 500 milioni di euro che oggi servirebbero per completare l’opera, non ci sarebbe un vero miglioramento della viabilità su strada in quanto le chiatte per il trasporto delle merci impiegherebbero comunque 5 ore per 27 chilometri. L’idrovia servirebbe non come via di trasporto, ma come opera idraulica a tutela del territorio, considerati i problemi di siccità. Il Molise conta 11 opere incompiute certificate dal ministero delle Infrastrutture, che oggi avrebbero bisogno di 121 milioni di euro per essere completate. Il nuovo Ospedale di Agnone, avrebbe dovuto essere, con oltre 200 posti letto, la struttura di riferimento di un vasto territorio tra Molise e Abruzzo. I lavori partiti 36 anni fa si sono bloccati a inizio anni Novanta. L’opera è ferma al 9% e per completarla servirebbero 42 milioni di euro. Sempre in Molise, la strada di collegamento tra il comune di Castelmauro (Campobasso) e la fondovalle del Biferno, è rimasta a metà nonostante il finanziamento di 13 miliardi di lire, risalga al lontano 1989. Per completarla servirebbero 7 milioni di euro. Tra le incompiute la piramide di Poggio Sannita che doveva essere convertita in centro di accoglienza, la piscina di Palata e le case Iacp di Agnone, Venafro e Roccaravindola. Grande incompiuta la Diga di Arcichiaro progettata nel 1975 e finanziata con oltre 70 miliardi di lire della Cassa per il Mezzogiorno, non è mai entrata in funzione anche se servirebbe per far fronte all’emergenza idrica. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/noi-finanziamo-briscola-e-cimiteri-e-intanto-queste-restano-incompiute-2659862948.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="si-lesina-pure-sui-controlli-ogni-anno-crollano-20-ponti" data-post-id="2659862948" data-published-at="1681632579" data-use-pagination="False"> «Si lesina pure sui controlli: ogni anno crollano 20 ponti» Manca un’anagrafe completa dei ponti, dei viadotti e delle gallerie. Secondo alcune stime i ponti sarebbero oltre 500.000 e calcolando le campate si arriverebbe a oltre 1 milione di strutture. Ma sull’Archivio delle opere pubbliche ne risultano solo 52.570 (33.750 ponti, viadotti e cavalcavia stradali e 18.820 ferroviari). Riguardo allo stato di salute di queste infrastrutture, il maggior numero di ispezioni registrato riguarda i ponti, viadotti e cavalcavia stradali su strade statali (157.336), seguiti da quelle sui ponti, viadotti e cavalcavia su rete ferroviaria (53.029) ed infine da quelle sui ponti, viadotti e cavalcavia stradali sulle autostrade (49.363). Sono cifre marginali rispetto al patrimonio complessivo. Il sistema di segnalazione presso il ministero delle Infrastrutture è farraginoso, richiede conoscenze informatiche che non sono alla portata di piccoli enti locali alle prese con personale scarso e poco qualificato. Sicché mancando un censimento completo dei ponti e delle loro condizioni, molte amministrazioni non sono nelle condizioni per richiedere quei fondi necessari, e messi a disposizione, per la riqualificazione delle strutture previste dal Pnrr. «Ogni anno si rendono intransitabili (crollano o mostrano segnali di cedimenti gravi) una ventina di ponti, solo che non fanno notizia perché non sono grandi come il Morandi di Genova» spiega Settimo Martinello, uno che la situazione di queste infrastrutture la conosce bene: è direttore generale di 4 Emme Spa, società che si occupa di ispezioni e verifiche sullo stato dei ponti da oltre trent’anni, e componente del Cias, il Centro Internazionale di Aggiornamento Sperimentale-Scientifico, creato da un pool di docenti universitari nel 1992. Il Cias ha sviluppato per primo quell’insieme di indicazioni tecniche ad uso delle amministrazioni per censire i ponti e valutare le loro condizioni, producendo già nell’anno 2000 il Manuale per la Valutazione dei Ponti. «Da questo è nata la piattaforma WeBridge avviata da 4 Emme. Nel 2019 il ministero ha definito le linee guida per gestire vari livelli di conoscenza e permettere di accedere ai finanziamenti. Entro la metà del 2024 devono essere definite una serie di operazioni tra le quali il censimento e lo stato di salute dei ponti». Un traguardo molto ravvicinato. Ce la faranno le amministrazioni? «Difficile ma possibile. Le amministrazioni dovrebbero caricare la mappa dei ponti del loro territorio sulla piattaforma di Ainop, l’Archivio infrastrutture nazionale opere pubbliche, indicando le caratteristiche e facendo richiesta dei fondi. Il sistema informatico è complesso. Una soluzione è il passaggio attraverso la piattaforma WeBridge e da questa confluire sul portale del ministero». Quanti enti locali hanno inserito i dati? «Al momento solo 142 e di questi solo un centinaio li hanno caricati sulla piattaforma governativa. Circa il 50% sta completando anche la prima ispezione ed una buona parte di questi sta completando le indagini di conoscenza per i ponti più importanti o in condizioni peggiori». Che accade a chi è fuori? «Per migliorare la sicurezza di ponti, viadotti e tunnel sulla rete viaria nazionale principale, sono stati destinati 450 milioni di euro del Piano Nazionale Complementare. Questi fondi consentono di realizzare interventi straordinari di manutenzione e sistemi di monitoraggio per il controllo da remoto. È evidente che questo riguarda le strutture note al ministero per le quali si potranno richiedere tali fondi». Quanti sono i ponti censiti? «Sulla piattaforma WeBridge risultano 72.000 campate di ponti. Va precisato che un ponte (viadotto) può avere più campate. Circa l’80% delle infrastrutture sono delle piccole amministrazioni (Regioni, Province, Comuni, Enti agrari) e le restanti di Anas e Autostrade». Si può fare una stima di quante strutture andrebbero revisionate? «La gran parte del patrimonio infrastrutturale risale agli anni Sessanta-Ottanta e da quel momento è stato, sostanzialmente, abbandonato a se stesso. Questi ponti sono in gran parte in calcestruzzo armato. L’armatura d’acciaio per sua natura tende a corrodersi, per via del processo chimico dell’umidità. La corrosione produce una riduzione dell’aderenza ferro-calcestruzzo e può portare alla rottura». Ma se il problema è così grande bastano 450 milioni? «Certamente no. Servono decine di miliardi nell’arco di dieci-venti anni per mettere in sicurezza i nostri ponti».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.