2023-08-19
I dubbi dell’Ecowas sull’invasione: ci sono pochi uomini e costi troppo alti
A disposizione solo 5.000 soldati per 2,3 miliardi di dollari l’anno In più, ci sono i jihadisti e l’incognita della reazione popolare.L’Ecowas è pronta a intervenire militarmente in Niger «se la diplomazia fallirà nei suoi tentativi di ripristinare l’ordine costituzionale» dopo il golpe del 26 luglio scorso. Così ieri il commissario per gli Affari politici, la pace e la sicurezza della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, Abdel-Fatau Moussa, che ha anche aggiunto: «Nessuno dubiti che se tutto il resto fallisce, le varie forze dell’Africa occidentale, sia la componente militare che quella civile, sono pronte a intervenire». Quello che accadrà nei prossimi giorni è impossibile da prevedere, tuttavia i membri dell’Ecowas, riuniti ad Accra (Ghana), non si fanno illusioni sulla giunta golpista nigerina che -per usare le parole di Moussa - «sta usando il dialogo per guadagnare tempo e far accettare il colpo di Stato». C’è però la questione dei costi dell’intervento armato. Si stima che una forza di 5.000 soldati, non i 25.000 evocati la settimana scorsa, costerebbe all’Ecowas 2,3 miliardi di dollari all’anno, un fatto che solleva alcune domande: chi pagherà per tutto questo? Di sicuro la Nigeria, che è la più bellicosa in questa fase. Ma non può farsi carico dell’operazione, visto che nel 2024 potrebbe andare in default, trascinata da una gestione dissennata della spesa pubblica e dalle sue banche che sono in grande sofferenza. Gli altri 10 Paesi pronti all’intervento militare in Niger non se la passano meglio, tanto che se non fosse per il sostegno degli Usa, «dell’odiata Francia» e della cooperazione internazionale, crollerebbero in una meno di settimana. Altra questione non certo secondaria è legata al numero degli uomini previsti per l’operazione. Una forza di 5.000 uomini di Costa d’Avorio, Benin e Nigeria è davvero sufficiente per intervenire in uno dei Paesi più grandi dell’Africa, composto da 1.267.000 chilometri quadrati? È evidente che, dopo aver rimosso la giunta golpista, i militari dovrebbero prendere il controllo del territorio e non bisogna essere dei raffinati analisti militari per comprendere che questo è impossibile. Infine, nessuno è in grado di sapere quanto sostegno abbia realmente la giunta golpista tra la popolazione locale, ad esempio fuori dalla capitale Niamey, che sembra essere tutta con gli insorti, viste le manifestazioni popolari. Uno scenario non certo assurdo potrebbe vedere i cosiddetti liberatori venir attaccati dai civili oltre che dalle milizie jihadiste, che non vedono l’ora di impadronirsi di pezzi di territorio che al Niger non manca. Nemmeno i golpisti si fidano dell’Ecowas, tanto che l’altra notte, secondo i media locali, hanno inviato altre truppe al confine con il Benin e la Nigeria. Testimoni oculari affermano che i soldati «si stanno piazzando in particolare nelle città di Gaya e di Birni n’Konni». Chi invece crede che l’intervento militare alla fine ci sarà sono i produttori e i trafficanti di armi, come il nigeriano Aboubacar Hima, detto Petit Boubé, che vive a Niamey ed è presente in diversi mercati dell’Africa occidentale, dal Senegal al Niger passando per la Guinea. Petit Boubé, pur essendo inseguito dalla giustizia nigeriana, è molto attivo in questi giorni attraverso i suoi uomini e lo stesso vale per Ivor Ichikowitz, di passaporto sudafricano, e il franco-libanese Rafi Dermardirossian. Il primo è potentissimo, tanto che si era proposto di mediare tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky, svolge molte attività filantropiche mentre possiede la Paramount Group, che è la più grande compagnia di armi del continente; il secondo è un commerciante che si è stabilito a Ouagadougou (Burkina Faso) nel 2010. Nonostante tutto c’è chi continua ad aiutare la popolazione che è già allo stremo ed è l’Onu che «intende proseguire i contatti con le autorità de facto del Niger per portare avanti il nostro lavoro all’interno del Paese». A questo proposito, Stephane Dujarric, portavoce del segretario generale delle Nazioni Unite, ha affermato: «Come in tutte le situazioni simili, ci sono contatti operativi per assicurarsi che le nostre attività umanitarie possano funzionare. In luoghi dove ci sono stati cambiamenti di governo non democratici o veri e propri colpi di Stato». Altro tema poco raccontato in questi giorni è la sicurezza del Niger, che dal giorno del golpe è peggiorata sensibilmente. La giunta golpista nasconde quanto sta accadendo in diversi villaggi nel Sud Ovest (vicino al Mali), dove negli ultimi giorni sono stati uccisi almeno 28 civili. All’Associated Press un alto funzionario della regione di Tillabéri, dove si sono verificate le violenze, ha detto che, «per il momento, abbiamo registrato almeno 28 morti in totale, ma il bilancio potrebbe essere cambiato. Alcuni corpi sono stati portati via dal fiume Niger». Chi è stato ? L’Isis oppure al-Qaeda? A Le Monde, «un attore della società civile di Tillabéri» ha detto che questa violenza è dovuta a un ciclo di rappresaglie tra pastori Fulani e sedentari Djerma che convivono nella zona. Secondo le autorità locali, già nel maggio scorso nei villaggi che si affacciano sul fiume Niger c’erano stati violenti scontri, che avevano provocato una decina di morti, feriti e migliaia di sfollati. Subito dopo, secondo un giornalista di una radio locale che ha parlato con l’Ap, sono seguiti «diversi omicidi di abitanti del villaggio da parte di sospetti jihadisti che rubano anche bestiame e richiedono il pagamento di una tassa». Anche questo è quello che troveranno coloro che vogliono intervenire militarmente in Niger e, visti i fatti, la sensazione è che si andrebbe incontro a un fallimento pericoloso.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)