2023-06-25
«Niente controlli alle mascherine di Arcuri»
Via libera incondizionato al passaggio in dogana della merce destinata al commissario per l’emergenza Covid. La rivelazione in uno dei procedimenti a carico di Marcello Minenna, ex dg di Adm. Le bacchettate del gip per l’uso personale delle supercar confiscate. Un via libera incondizionato al passaggio in dogana alle forniture per l’emergenza Covid destinate alla struttura commissariale allora guidata da Domenico Arcuri. La rivelazione clamorosa è contenuta in un documento interno all’Agenzia delle dogane e dei monopoli, che secondo quanto risulta alla Verità è stato depositato da un whistleblower (autore dall’interno di segnalazioni di reati o irregolarità) alla Procura di Roma in uno dei procedimenti aperti a carico dell’ex dg di Adm Marcello Minenna, finito agli arresti domiciliari due giorni fa nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Forlì su una fornitura di mascherine. Il documento è datato 24 giugno 2020. In quei giorni erano atterrati all’aeroporto di Malpensa gli ultimi voli contenenti i lotti finali della maxicommessa da 850 milioni di mascherine, costate 1,2 miliardi di euro. Dispositivi che poi verranno in parte sequestrati, prima dalla Procura di Gorizia e poi da quella di Roma, per la loro pericolosità. A scrivere alla direzione Antifrode e controlli di Adm è Patrizia Preiti, direttore a interim a Malpensa proprio della sezione antifrode e controlli. Il documento contiene una serie di proposte per riorganizzare le procedure di sdoganamento per il materiale destinato all’emergenza. Con una norma ad personam: «Da ultimo, nelle more dell’attivazione della White list, si chiede di voler valutare l’abbattimento dei controlli nei confronti del Commissario straordinario, per il quale questo ufficio regista numerose operazioni quotidianamente». Un canale privilegiato riservato alla sola struttura commissariale (che secondo quanto risulta alla Verità ha avuto il via libera da Adm), precluso ad esempio alle Regioni. Una corsia preferenziale per quel materiale già evidenziata a proposito della maxi commessa dalla Procura di Roma, che accusa Arcuri di aver favorito i mediatori «concedendo alle società cinesi intermediate da Tommasi (Vincenzo, proprio uno dei mediatori, ndr) anticipazioni dei pagamenti a carico di merce in Cina, prima di ogni verifica in Italia sulla qualità delle forniture e validità dei documenti di accompagnamento». Torniamo alla nota firmata dalla Preiti. Prosegue così: «Trattandosi di merci per le quali si è proceduto ad acquisire i contratti e i pareri del Cts (Comitato tecnico scientifico), non si ravvisano rischi né sotto il profilo tributario né tantomeno sotto il profilo extra tributario». Un tema quest’ultimo, che non tocca l’erario, ma la salute dei cittadini, visto che venivano a mancare i controlli sulla qualità. Un grosso problema, visto che secondo la Procura di Roma i pareri del Cts sarebbero viziati dal fatto che al comitato sarebbero giunti certificati dei dispositivi «non genuini». Intanto, dalle carte dell’inchiesta di Forlì emergono nuovi elementi sulla gestione delle Dogane da parte di Minenna. A partire da un’innovativa idea delle relazioni istituzionali, basata sulla distribuzione di supercar sequestrate.«Al fine di accreditarsi presso la Lega so che venne data, su sua espressa disposizione (di Minenna, ndr), una Lexus e altre auto a Brunetta (Renato Brunetta, ex ministro della Pubblica amministrazione e attuale presidente del Cnel, ndr) e ad altri ministri attuali», dichiara ai magistrati Alessandro Canali, ex braccio destro di Minenna. Un’auto era stata affidata anche Massimo Garavaglia, ex ministro del Turismo. Una supercar, una Porsche Macan, poi, era finita al presidente di Patrimonio del Trentino Andrea Villotti. Per «consolidare la sua immagine nell’ambiente politico», valutano gli inquirenti. Minenna chiama l’ex ministro dell’Economia Vincenzo Visco: «Enzo, io sto cercando di tessere alleanze con tutti i partiti». Visco lo anticipa: «L’ho capito dalla distribuzione delle auto... Ma a quello gli dovevi dare una Porsche?». E Minenna: «Enzo, perché ognuno si sceglie l’auto che vuole». «Tra il 2020 ed il 2022, Minenna» sottolinea il gip nell’ordinanza, «assegnava le autoin violazione di qualunque normativa di riferimento e con il solo fine di accrescere la propria personale sfera di influenza su esponenti politici e/o alti rappresentanti delle istituzioni, ha consegnato svariate autovetture confiscate dall’Agenzia delle dogane e deimonopoli disponendone come se fossero suoi beni personali». Una conferma alle attività investigative, ritengono gli inquirenti, sarebbe arrivata con l’acquisizione di una nota firmata dall’ex capo dell’Ufficio legislativo del ministero delle Finanze, Glauco Zaccardi, ora tornato al suo ruolo di giudice del Lavoro a Roma: «La nota citata», evidenzia il gip, «sottolinea chiaramente la non conformità di tale usanza, […] , di concedere gratuitamente, senza prima aver espletato aste pubbliche, auto anche di grossa cilindrata a esponenti politici o ad alti rappresentanti delle istituzioni».E, così, scattò un invito ad «annullare in autotutela tutte le assegnazioni già disposte». Le «dazioni» di auto, «in assenza del previo espletamento di aste pubbliche per l’attribuzione onerosa di tali beni, con esclusione della possibilità dell’autore dell’illecito di ottenerne la restituzione dietro il pagamento del suo valore e dei suoi diritti, appaiono illegittime e produttive di rilevante danno erariale per l’amministrazione pubblica». In sostanza, Minenna avrebbe usato le auto come se fossero beni suoi, escludendo al proprietario di ottenerne la restituzione.E per questo motivo, «al Mef», la credibilità di Minenna è «impaludata». Almeno stando a ciò che prospetta al numero uno delle Dogane, il parlamentare del Partito democratico Luciano D’Alfonso. Che appare anche particolarmente informato su ciò che accade a Adm: «Famme di' due, tre cose... intanto complimenti per la battaglietta... sei solo? puoi ascoltarmi bene?» Minenna cerca un po' di privacy: «Allora un attimo che mi sposto... eh! un secondo solo... ora sono solo, dimmi». La premessa di D’Alfonso è questa: «Allora bene, questa cosa è un punto fermo importante... questa cosa del giudice del Lavoro». Il 5 novembre 2011, quando Minenna contatta D’Alfonso non è un giorno qualunque. Quella mattina tre quotidiani riportano la notizia che il dg della Dogane è stato iscritto sul registro degli indagati dalla Procura di Roma, a seguito delle denunce di Canali, e di un ex finanziere, Roberto Fanelli. Minenna, ricostruivano le cronache, era indagato per abuso d’ufficio, per una serie di vicende messe nero su bianco da Canali. Secondo l’ormai ex dirigente, Minenna lo avrebbe licenziato in maniera illegittima, cancellando dall’organigramma di Adm la posizione da lui ricoperta. Il primo dicembre 2021 Canali, già sentito dagli inquirenti, integra la denuncia querela. Nel documento, indirizzato alla pm Claudia Terracina e che riporta il numero del procedimento penale (il 371), è riportata tra le altre cose la notizia dell’affidamento in comodato d’uso di una delle supercar che Minenna dava in giro. Ovvero proprio la Porsche con la quale in Trentino se ne andava in giro Villotti. Secondo Canali infatti la legge limitava «agli enti pubblici non economici la categoria di enti pubblici che possono essere destinatari di beni confiscati» e «il regolamento delle Dogane» non consentirebbe «l’attribuzione di tali beni a società partecipate». Nella richiesta di archiviazione presentata dal pm però l’episodio della Porsche, che come detto secondo il gip di Forlì avviene « in violazione di qualunque normativa di riferimento», non viene toccato. Eppure, in un paragrafo intitolato «le altre vicende segnalate nelle integrazioni di denuncia», vengono ricostruite tutte le successive doglianze dell’ex dirigente. Affrontate con questa premessa: «Nelle integrazioni di denuncia Canali segnalava altre vicende prive di rilevanza penale, tali da non consentire alcuna iscrizione nel registro notizie di reato». E il dem D’Alfonso sembra fare riferimento proprio al procedimento che riguarda Canali. La «battaglietta», insomma, sarebbe quella. Ed ecco i consigli del parlamentare: «La prima cosa che devi fare è controdedurre rispetto a ogni attacco». E gli prepara la linea difensiva: «Il verosimile si impossessa di sostituire la verità. [...] Tu devi scrivere le controdeduzioni, dopodiché il valore a quello che scrivi glielo do io dialogando al Mef, dialogando in Parlamento, tu glielo dai parlando con i tuoi amici giornalisti». Ma il consigliori D’Alfonso non si limita a fare il reputational risk manager. Passa anche alla questione penale: «Tu devi lavorare sul procedimento che è in fase iniziale». E per essere più esplicito usa una figura retorica: «È quando l’ovulo incontra lo spermatozoo, non quando c’è il feto. Nella fase iniziale del procedimento servono i colloqui nei palazzi alti, dove l’avvocato va, parla, prende il caffè e sedimenta l’opinione favorevole». Poi diventa pratico: «Ti consiglio di mettere un avvocato idoneo [...] a Roma, ce ne sono tre o quattro che io non ti devo suggerire». Gli investigatori che hanno captato la telefonata annotano anche il «momento di silenzio» di Minenna, poi il suo «grosso sospiro». D’Alfonso, indossata la toga, si sente già il Cicerone di Minenna e gli annuncia: «Io ti faccio degli assist incredibili, quando si discuterà l’interrogazione su di te al Senato io farò un lavoro che nessuno sa fare come me. Nessuno!». E pochi minuti dopo Minenna contatta il suo legale. La conversazione, ovviamente, è inutilizzabile, e il gip ne dà atto. Poi però evidenzia: «Il dato del contatto telefonico [...] dà contezza della intercorsa conversazione subito dopo i consigli forniti dal parlamentare». D’Alfonso, sentito dalla Verità, ha fornito via Whatsapp la sua versione: «Il riferimento non poteva che essere alla grande quantità di articoli di stampa di quei giorni, perché ponevano numerose domande che a mio avviso meritavano documentalmente risposte puntuali e controdeducenti, senza aspettare i tempi lunghissimi che solitamente caratterizzano gli accertamenti giurisdizionali». Sulla «battaglietta» vinta, però, ha glissato. Uscendosene con un «sulla vicenda della loro amicalità interrotta chieda ai protagonisti della rottura».