Stanotte il vertice tra Bibi e Donald. Hezbollah minaccia ancora Israele
Il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu è partito ieri pomeriggio per un viaggio ufficiale a Washington, dove oggi incontrerà il presidente Donald Trump alle 18.30 (le 2.30 in Italia) di oggi. L’orario dell’incontro non è stato ancora confermato in via ufficiale. Durante l’assenza del premier, il governo ha annunciato che il ministro della Difesa, Israel Katz, assumerà temporaneamente il ruolo di vice primo ministro nelle riunioni del Gabinetto ristretto, mentre il ministro della Giustizia, Yariv Levin, lo sostituirà nelle sedute del governo.
Nel frattempo, la delegazione israeliana incaricata dei negoziati è partita per Doha, dove sono previsti colloqui indiretti con Hamas - sotto la mediazione di Qatar, Stati Uniti ed Egitto - con l’obiettivo di giungere a un cessate il fuoco di due mesi nella Striscia di Gaza. Durante questa tregua si discuteranno i termini di un accordo più ampio per porre fine al conflitto. Resta il nodo delle modifiche richieste da Hamas alla proposta avanzata dall’inviato americano Steve Witkoff, giudicate «inaccettabili» da Netanyahu. Tra le condizioni poste dal movimento islamista figurano il ritiro completo delle forze di difesa israeliane (Idf) dalla Striscia di Gaza e l’affidamento della gestione degli aiuti umanitari ad agenzie delle Nazioni Unite. Il gabinetto di sicurezza israeliano ha deliberato l’autorizzazione alla distribuzione di aiuti umanitari nella zona settentrionale della Striscia di Gaza. La notizia è stata diffusa dall’emittente Channel 12, che tuttavia non specifica se le operazioni saranno condotte dalla Gaza humanitarian foundation - sostenuta da Stati Uniti e Israele - o da organizzazioni legate alle Nazioni Unite, come richiesto da Hamas. Secondo quanto riferito dall’emittente, i ministri Bezalel Smotrich (Finanze) e Itamar Ben-Gvir (Sicurezza nazionale) si sono opposti alla decisione, sostenendo che l’invio di aiuti potrebbe compromettere gli sforzi in corso per spostare la popolazione palestinese verso le aree meridionali della Striscia.
Ieri mattina il comandante delle forze navali di Hamas nel Nord della Striscia di Gaza, Ramadan Abd Ali Saleh, è stato ucciso in un raid aereo israeliano che ha colpito un Internet cafè a Gaza City. Lo hanno comunicato in una nota congiunta l’Idf e lo Shin Bet, precisando che nell’attacco sono rimasti uccisi anche altri esponenti dell’organizzazione.
Sempre alta la tensione con il Libano dove Hezbollah ha ribadito che non si arrenderà né deporrà le armi sotto la pressione di Israele. Lo ha ribadito il leader del movimento sciita libanese, Naim Qassem: «Le minacce non ci faranno capitolare né ci spingeranno a consegnare le nostre armi». Qassem ha, inoltre, sottolineato che qualsiasi passo in tal senso potrà avvenire solo dopo la fine dell’«aggressione» israeliana.
Infine, cinque sceicchi di Hebron, in Cisgiordania, hanno espresso sostegno agli Accordi di Abramo con Israele, dichiarandosi contrari alla soluzione dei due Stati. Secondo il Wall Street Journal, i leader tribali hanno inviato una lettera al ministro israeliano dell’Economia, Nir Barkat, manifestando l’intenzione di aderire agli accordi promossi da Donald Trump. Nella missiva propongono la creazione di un emirato di Hebron che riconosca Israele come Stato nazionale del popolo ebraico, ricevendo in cambio il riconoscimento israeliano come rappresentanti degli arabi del distretto. L’accordo è descritto come «equo e dignitoso», e visto come un’alternativa agli Accordi di Oslo, definiti «fonte di morte, distruzione economica e disastro».




