2022-02-16
Nessuno confonda il martirio cristiano col suicidio islamico
Il cardinale Robert Sarah (Ansa)
La prefazione del cardinal Sarah al libro di Mosebach dove si raccontano le storie dei 21 copti uccisi dall’Isis nel 2015.Pubblichiamo alcuni stralci della prefazione del cardinale Robert Sarah al volume I 21. Viaggio nella terra dei martiri copti di Martin Mosebach (Cantagalli, 264 pagine, 22 euro). Si tratta di una approfondita inchiesta del giornalista e studioso tedesco Martin Mosebach che si è recato in Egitto per parlare con i familiari dei 21 copti uccisi dall’Isis nel febbraio 2015. Decapitati su una spiaggia a Sirte (Libia), i 21 uomini non rinnegarono la propria fede ed è per questo motivo che furono subito riconosciuti come martiri. Già nel 2015 il patriarca Tawadros inserì i nomi delle 21 vittime nel Sinassario, l’equivalente orientale del martirologio romano. E il presidente egiziano Al-Sisi fece costruire una chiesa in loro onore: è la chiesa dei Martiri della fede e della patria e si trova ad El-Aour in Egitto.Lo scrittore tedesco Martin Mosebach ci offre un libro che è allo stesso tempo toccante, esigente e di incomparabile ricchezza spirituale. Membro dell’Accademia di Berlino, insignito di uno dei più prestigiosi premi letterari del suo Paese (il Premio Georg-Büchner), l’Autore ci invita a un viaggio - o, per meglio dire, a un «pellegrinaggio» - che consiste nella scoperta della comunità cristiana egiziana dei Ventuno martiri copti, giustiziati il 15 febbraio 2015 su una spiaggia di Sirte, in Libia, da parte di alcuni miliziani dello Stato Islamico. […] Ed è con gioia e onore grande che presento l’edizione italiana di quest’opera dal titolo: I 21. Viaggio nella terra dei martiri copti, già pubblicata in tedesco, inglese, olandese, e ora anche in italiano. Lo faccio con immenso rispetto e non senza un certo timore di fronte all’indescrivibile forza d’animo di questi martiri che hanno reso testimonianza a Gesù Cristo, e hanno mescolato il proprio sangue con il Sangue divino dell’Agnello senza macchia. [...] Quando è stata pubblicata online, dai mezzi di propaganda dell’Isis, la decapitazione di questi uomini che indossavano una tuta arancione brillante, i media e i siti web sono rimasti inorriditi, e ben presto tutto il mondo è rabbrividito per l’orrore di questa barbarie senza fine. Sei giorni dopo, il 21 febbraio 2015, il Primate della Chiesa Copta Ortodossa, Tawadros II, [...] ha annunciato l’iscrizione delle ventuno vittime nel Martirologio dei santi copti. Il Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha subito reso nota l’intenzione di costruire a spese dello Stato una chiesa loro dedicata ad Al-Minya. L’edificio di 4.000 metri quadrati fu inaugurato il 15 febbraio 2018 alla presenza del Primate Tawadros II e del Presidente egiziano. Vi sono ora esposte, per il culto dei fedeli, le spoglie dei martiri, dal loro ritorno in Egitto, il 14 maggio 2018. Per la maggior parte erano giovani, nati tra il 1986 e il 1991: il più anziano, Tawadros Youssef, era nato nel 1968, e il più giovane, Girgis (detto «il minore») Milad Seniut, nel 1992. Tra questi egiziani ricordiamo anche un ghanese, Matthew Ayariga, del quale non si conosce la data di nascita, né se fosse già stato battezzato o se fosse catecumeno. Come ha giustamente dichiarato Tawadros II, si può a buon diritto ritenere che questo ghanese abbia ricevuto il battesimo di sangue. […] Anzitutto, bisogna sapere che il termine «martire», che in greco significa «testimone» (martus), è stato completamente stravolto dai fondamentalisti islamici. Come spiega Annie Laurent, nell’Islam, il martire (chahid: testimone) è certamente colui che acconsente a sacrificare la propria vita, ma l’amore di Dio, il perdono e la gratuità sono estranei a questa realtà. Il martire islamico non muore per testimoniare il proprio credo [...]; muore, invece, nel contesto del jihad, perché l’Islam possa trionfare, o per una causa affine, quale per esempio «la liberazione della Palestina» e per «guadagnare» il paradiso. Questa morte è considerata sacra anche quando assume la forma di un attentato suicida, con l’accesso al paradiso quale ricompensa. Si noti, inoltre, che il significato delle due parole chahid e martus esprime la differenza essenziale e diametralmente opposta tra il martirio previsto nel Corano e il martirio cristiano. La parola chahid ha un significato attivo, il che significa che il martirio è ricercato per sé stesso nell’ambito di un combattimento da portare avanti fino alla morte, e che può essere assimilato anche al suicidio, poiché l’autore dell’assassinio acconsente volentieri al sacrificio supremo, soprattutto nella caso di attentato terroristico. Dall’altra parte, il termine martus ha a prima vista un significato passivo: il martire cristiano non ricerca la morte; egli la accetta volontariamente quando si presenta questa terribile prova.[…] Aggiungo subito, tuttavia, che non bisogna ingannarsi circa il carattere apparentemente passivo del martirio cristiano; ho fatto uso di tale aggettivo solo per distinguerlo dalla natura aggressiva e violenta dello chahid coranico. «Attivo», il martire cristiano lo è in senso pieno: non è affatto seguace di quello che nel XVII secolo verrà chiamato «quietismo», anzi, egli lotta in mezzo alle prove. Si tratta, però, di un altro tipo di combattimento, di natura spirituale, il combattimento della fede, molto aspro, decisivo e dal quale dipende la salvezza della propria anima; un combattimento che non è altro che quello di Cristo sulla Croce. È una lotta spietata contro le forze del male, cioè contro Satana, che va in cerca della sua preda «come leone ruggente» (cfr. 1Pt 5,8), contro la concupiscenza della carne, e anche contro la nostra tendenza - naturale, dopo il peccato originale - a ritrarci con paura di fronte alla sofferenza, in particolare di fronte alla sofferenza che giudichiamo umanamente ingiusta, dovuta ai tormenti del martirio e della morte corporale. Eppure, tutti i martiri, dalla fragile santa Blandina, data in pasto alle belve nell’anfiteatro delle Tre Gallie a Lione, a san Massimiliano Kolbe, nel bunker della fame di Auschwitz, hanno dato prova di un coraggio straordinario, di una forza che superava ogni umana comprensione e provocava stupore, persino l’ammirazione da parte dei loro carnefici... che essi hanno saputo perdonare con sincerità di cuore, come ha fatto Gesù in cima alla Croce gloriosa: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno» (cfr. Lc 23,34). […] Il martire cristiano muore perdonando il proprio carnefice, a imitazione e in unione a Cristo sulla Croce. Se ne può trovare un esempio nelle parole di Mons. Angaelos, vescovo dei copti ortodossi del Regno Unito, che subito dopo la loro uccisione ha dichiarato di essere «pronto» a perdonare i terroristi, anche se ad alcuni la cosa poteva sembrare «incredibile»: «Non perdoniamo l’azione, che è atroce. Ma perdoniamo veramente gli assassini dal profondo del nostro cuore. Altrimenti, saremmo consumati dalla rabbia e dall’odio e alimenteremmo una spirale di violenza che in questo mondo non deve esistere». Infine, ecco l’ultima caratteristica del martirio cristiano: non va ricercato per sé stesso, perché in un certo senso ciò sarebbe come provocare Dio per ottenere il premio del paradiso e fare di Lui ciò Egli non è, vale a dire una sorta di idolo pagano con il quale mercanteggiare per conseguire determinati vantaggi: successo, potere, ricchezza e... salvezza eterna; e non, invece, lasciare che sia come Egli è, ossia un Padre molto amorevole, Sorgente traboccante, infinita e perfetta d’Amore, che sgorga dal Cuore del suo amato Figlio crocifisso, nello Spirito Santo, che ci fa entrare, vivere e comunicare con l’Amore stesso di Dio. Il martirio implica, pertanto, una totale gratuità. […] A mo’ di conclusione, vorrei citare la madre dei due fratelli martiri Samuel e Beshoy: «Sono madre di martiri, e sono orgogliosa di loro. In Cielo intercedono per me e per loro padre». E aggiunge, inoltre, che prega per i seguaci dello Stato islamico e che chiede a Dio «che li illumini e apra i loro occhi alla verità e al bene». Sì, questo famoso apoftegma di Tertulliano è proprio vero: «Sanguis Martyrum, semen Christianorum»: «Il sangue dei martiri è il seme dei cristiani».