2020-05-26
«Nello spazio sapevo del virus a novembre»
Luca Parmitano (Alexander Ryumin\TASS via Getty Images)
L'astronauta Luca Parmitano ha ammesso, in due trasmissioni Rai, di essere stato informato in orbita di una pandemia che «si allargava a macchia d'olio». La rivelazione getta più di un'ombra su Giuseppe Conte, che ha tenuto la delega ai servizi segreti: ci ha nascosto qualcosa?Il muro del silenzio sulla genesi del Coronavirus comincia a sgretolarsi come un biscotto della fortuna uscito male. A conferma di quello che risultava da tempo ai servizi segreti americani e britannici, i più lesti a non bersi le favolette in arrivo da Pechino sulla «pronta e leale collaborazione» cinese, l'astronauta italiano Luca Parmitano sapeva della pandemia cinese già a fine novembre e con i colleghi della Stazione spaziale internazionale (Iss) ne seguiva l'espansione a macchia d'olio. Il colonnello dell'Aeronautica militare, citato da Sergio Mattarella come esempio «dell'Italia migliore» nel discorso di Capodanno, lo ha già raccontato pubblicamente in almeno due occasioni. L'uomo della passeggiate spaziali era informato solo dai colleghi astronauti russi e americani, oppure sapeva di Covid-19 dal nostro governo? A imbarazzare il premier Giuseppe Conte, che ha delega sui servizi segreti, e a chiamare indirettamente in causa il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro, che è l'autorità di governo per la politica spaziale, è la rivista difesaonline.it, che ha rimesso in fila le rivelazioni di Parmitano. Il 25 aprile scorso, l'astronauta ha detto a Petrolio, su Rai1: «A bordo abbiamo un collegamento quotidiano con le realtà terrestri; abbiamo anche accesso alla rete Internet; possiamo comunicare con i centri di controllo e già da novembre, avevamo iniziato a seguire i primi contagi, inizialmente soltanto nei Paesi asiatici, poi al mio rientro i primi contagi in Europa…». I giornaloni, impegnati a dar conto delle generose donazioni di mascherine e tute da parte del governo cinese, hanno ignorato questa prima ammissione. E allora, dopo due settimane, Parmitano, che ha 25 anni di carriera in divisa, torna alla carica: «Anche prima del mio rientro, già da novembre eravamo al corrente di questo probabile contagio pandemico e soprattutto della gravità che si andava allargando a macchia d'olio proprio in Europa poco prima del mio rientro» (9 maggio 2020 - TG2 Storie). Parmitano è stato il primo italiano uscire a lavorare nello spazio il 9 luglio 2013, con sei ore e sette minuti di «passeggiata», e il primo italiano a guidare l'Iss durante la Expedition 61. Insomma, non è un avvistatore di ufo e neppure un terrapiattista. Va quindi preso sul serio quando svela che oltre due mesi prima dell'allarme lanciato a fine gennaio dall'Organizzazione mondiale della sanità, in Italia, qualcuno sapeva che cosa ci aspettava. Già aveva suscitato più di una perplessità il fatto che il 12 febbraio, al ministero della Salute retto da Roberto Speranza, girasse un'analisi «a fini interni» che nello scenario peggiore ipotizzava «tra i 600.000 e gli 800.000 morti». Il direttore generale della Programmazione sanitaria, Andrea Urbani, per difendere il ministero dall'accusa di aver perso tempo nella gestione dell'emergenza si è poi giustificato così: «Non venne reso noto perché si è deciso di non gettare nel panico la popolazione» (22 aprile, Corriere). Se Parmitano non ha riferito confidenze di astronauti russi o statunitensi con i quali ha lavorato, allora, già a novembre, era stato correttamente informato da Palazzo Chigi di questo virus made in China. Ammesso che il nostro governo sapesse. Di sicuro, come ha scritto innumerevoli volte la stampa anglosassone, l'intelligence Usa avvertì gli alleati e altri governi, fra cui quello israeliano, proprio a novembre, quando il Partito comunista cinese non dichiarava ufficialmente alcuna epidemia da coronavirus. Epidemia che ora è impegnato ad addebitare agli Usa o all'Italia. Non è da escludere, a questo punto, che il Copasir, il comitato parlamentare che vigila sui Servizi, chieda al comandante Parmitano da chi ebbe quella notizia che, se confermata, getterebbe un'ombra un po' sinistra sulla maldestra gestione della pandemia da parte di questo governo. Anche perché se davvero l'astronauta, a novembre, ne sapeva più del suo premier, ci sarebbe da preoccuparsi per lo stato della nostra intelligence.Del resto, che la Cina abbia giocato sporco con le informazioni fin da subito ormai lo pensano in molti, tra i governi occidentali. Una ricostruzione dell'intelligence britannica, che la Verità ha potuto consultare, osserva: «Nel dicembre 2019 e nel gennaio 2020 la Repubblica popolare cinese (Prc) ha egoisticamente comprato equipaggiamento protettivo personale in giro per il mondo e l'ha riportato in Cina». E con questo accaparramento dovuto a una smaccata «asimmetria informativa» di Pechino, «i cittadini di queste nazioni (dove sono state comprate, ndr) sono stati messi in gran pericolo visto che il Covid-19 è comparso da loro e tutto l'equipaggiamento protettivo era stato comprato e portato in Cina». Non solo, se il presidente Xi Jinping ha presieduto un incontro su Covid-19 il 7 gennaio, «allora era sicuramente nei radar delle autorità da ben prima». E per chiudere il mercato del bestiame di Wuhan il primo gennaio era necessario che «i medici cinesi stessero studiando la malattia già da inizio dicembre». Senza l'aiuto degli astronauti.
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Ll’Assemblea nazionale francese (Ansa)