
Josep Borrell a parole persegue la «terza via» tra i giganti, in realtà fa il gioco dei cinesi. Lunedì un bilaterale per blindare gli affari.Incontrando ieri in video conferenza il Segretario di Stato americano Mike Pompeo, Josep Borrell, l'Alto Rappresentante per la Politica estera e Sicurezza comune dell'Unione europea, ha ribadito che l'Ue chiede agli Usa di voler riconsiderare l'annuncio di ritirarsi dall'Organizzazione mondiale della sanità in quanto problemi globali quali il coronavirus pretendono soluzioni globali. La richiesta ha trovato ben poca attenzione nella controparte statunitense. Washington, non fosse per cortesia diplomatica, preferirebbe evitare gli incontri con l'ex ministro per gli Affari esteri spagnolo secondo il quale la Repubblica Popolare cinese, il principale antagonista degli Stati Uniti, non è un rivale sistemico dell'Ue e il continuo sviluppo del suo potenziale militare non minaccia la stabilità del nostro mondo. Questa è infatti la sintesi del colloquio di quattro ore tenutosi la scorsa settimana tra Borrell ed il ministro degli affari esteri di Pechino Wang Fu pubblicata dal capo della diplomazia europea sul suo blog ufficiale. Borrell, succeduto a Bruxelles alla poltrona della compagna di partito Federica Mogherini, si sente talmente autonomo e potente da ridefinire di sua spontanea volontà e senza alcuna previa consultazione con i governi del Continente la linea politica ufficiale dell'Unione. Questa indica nei suoi documenti, senza mezzi termini, il gigante asiatico come rivale sistemico. Inoltre nel blog Borrell informa il pubblico internazionale, alla vigilia dell'incontro con Pompeo, di sostenere la tesi secondo la quale l'Ue non dovrebbe prendere posizione nello scontro tra Washington e Pechino per il predominio del mondo ma solamente guardare ai propri interessi. Così facendo Borrell non fa altro che cristallizzare il pensiero espresso a fine maggio alla conferenza annuale degli ambasciatori tedeschi durante la quale si disse convinto che il futuro geopolitico del mondo sia in mano a Pechino e che l'impero globale statunitense sia in declino. In verità, non prendendo alcuna posizione l'Ue si schiererebbe dalla parte della Cina comunista e ne favorirebbe, l'ipotetica, ascesa. Nel comunicato dell'Alto rappresentante traspare un certo senso di ebbrezza, di autocompiacimento, nel passaggio nel quale si nota che il sistema mediatico ha già battezzato le sue posizioni come dottrina Sinatra richiamandosi alla nota canzone My way del crooner americano. Peccando di ulteriore superbia Borrell, sempre nel comunicato, vede l'Ue come terzo attore geopolitico insieme a Cina e Usa dimostrando così di costruire la sua visione internazionale su basi irreali non potendo in alcun modo un'organizzazione intergovernativa porsi sul medesimo piano di due Stati con interessi nazionali ben definiti. Per lunedì prossimo è previsto un vertice bilaterale tra Ue e Cina dal quale Pechino vorrebbe fortemente portare a casa alcuni accordi di cooperazione per i prossimi cinque anni. Tuttavia, nel frattempo i capi delle singole diplomazie facenti parte dell'Unione europea, indifferentemente dalle loro posizione nei confronti della Cina, stanno iniziando a prendere in serio esame l'attivismo di Josep Borrell. Con le sue dichiarazioni egli sta travalicando i limiti del mandato affidatogli ponendo in forti difficoltà numerose capitali del continente e minando pericolosamente le fondamenta geopolitiche dell'Ue. L'Alto rappresentante, a cui nessuno nega il diritto ad una certa flessibilità tattica nel perseguire gli scopi predefiniti, non detiene alcun mandato a cambiare unilateralmente la strategia politica comune e men che meno il diritto di influenzare, fuori dalle competenti sedi istituzionali di dialogo intergovernativo dell'Ue, la postura internazionale dei Paesi membri. Le convinzioni anti americane di Borrell sono la negazione dello sviluppo storico e delle motivazioni esistenziali dell'Unione europea che, pur avendo una sana radice filosofica nostrana, è in massima parte il prodotto della strategia imperiale americana. L'Ue è il pilastro economico del mondo transatlantico. Non esisterebbe senza il fondamento del Patto atlantico, non si espanderebbe senza l'espansione della Nato e non sopravviverebbe senza il collante della Nato. Ignorare questa realtà geopolitica schierandosi a favore dell'ascesa di un sistema rivale, portatore di valori politici e sociali antitetici, significa preparare la strada al suicidio, che è esattamente ciò che la Cina desidera. Lo scollamento del mondo transatlantico è lo scopo perseguito dall'azione diplomatica di Pechino che pare trovare in Borrell il perfetto esecutore. L'impero americano, come tutti gli imperi, non sarà eterno ma pensare che sia prossimo alla fine e che la Cina sia il futuro significa peccare di ignoranza storica e strategica. Xi Jinping ha spinto la Cina a massimizzare l'avanzata del suo Paese in tutti i settori. Lo scontro con gli Usa era praticamente ineludibile e l'approccio di Washington non cambierà anche se vincere le prossime elezioni dovesse essere Joe Biden perché come ha chiarito in una recente conferenza stampa Mike Pompeo gli Stati Uniti non ritengono il governo cinese equivalente in quanto negli Usa esiste lo Stato di diritto e la possibilità di manifestare. In Cina non esiste né l'uno, né l'altra.
Ansa
Dieci anni fa scoppiò il Dieselgate, la truffa di Volkswagen sulle emissioni scoperta dagli statunitensi, già in guerra commerciale con Berlino. Per riprendersi, l’azienda puntò sull’elettrico e ottenne il sostegno di Ursula. Ma ad approfittarne sono stati i cinesi.
Alice Weidel (Ansa)
I Maga sfidano le censure del Vecchio continente: la vice di Alice Weidel e un militante escluso dalle elezioni per sospetti sulla sua «lealtà alla Costituzione» vanno a Washington dai funzionari di Marco Rubio e di Jd Vance.
Paolo Longobardi (Getty images)
Il presidente di Unimpresa: «Va data sicurezza alle transazioni delle pmi che operano in più valute. L’Occidente imponga standard di qualità contro la concorrenza sleale».
Mario Draghi (Ansa)
L’ex premier si accorge soltanto ora che gli obiettivi green sono «irrealizzabili». Poi critica la burocrazia continentale: «Troppo lenta, potrebbe non riuscire a riformarsi». Il suo piano B: alcuni Stati facciano da sé.