
A Figline finisce in tribunale la lite tra maggioranza e presidente del Consiglio, tutti dem. Faide da fine impero anche a Rignano.Figline Valdarno, enclave fiorentina al confine con la provincia di Arezzo, non è certo l'ombelico del mondo. È però l'ombelico del renzismo, o di quello che ne resta. Le coordinate, qui, portano tutte all'ex premier. Nella piazza del paese, negli anni Novanta, Matteo Renzi giovanissimo fece il suo esordio pubblico a sostegno dei comitati per Romano Prodi; questa terra contigua a Rignano, il comune dove ancora abita il babbo Tiziano, raccolse i primi seguaci, fra cui David Ermini, appena qualche giorno fa indicato in quota pd come membro del Csm. Perfino il parroco è una propaggine della narrazione renziana: don Giovanni Sassolini, a cui il giovane Matteo ha servito la messa e da cui ha ricevuto la prima comunione. A Figline incombe infine la costellazione boschiana della vicina Laterina, già provincia di Arezzo, dove l'ex zarina del Pd, Maria Elena Boschi, ha le radici e i grattacapi maggiori, per via della Banca Etruria. Ecco, in questo luogo del giglio magico il Pd si dilania fra ex, pentiti, rampanti, riposizionati che ne stracciano le spoglie. È l'immagine speculare del Nazareno: il Pd prigioniero di un re senza corona. E come succede in questi casi, quando la politica si incattivisce, va a finire in tribunale.La presidente del Consiglio comunale di Rignano, Cristina Simoni, renziana, ha denunciato ai carabinieri di essere stata aggredita verbalmente e poi spintonata da un assessore del suo stesso partito, dopo la discussione sulla regolarità dell'erogazione di contributi concessi dal Comune ad alcune associazioni aretine. E soprattutto dopo che la presidente aveva preannunciato il suo voto di astensione sul rendiconto, sulla cui legittimità peraltro - ha spiegato attraverso l'avvocato Guglielmo Mossuto a cui si è rivolta - «aveva già espresso perplessità alla commissione competente». La vicenda è degenerata anche perché, sempre nel racconto della presidente Simoni, qualche giorno dopo «ho trovato sul lunotto della mia auto un messaggio intimidatorio, con tanto di croce e disegno di una sepoltura, e la scritta: “Dimettiti, ti merita"».Per rimuovere l'imbarazzo, la maggioranza pd della città, governata da un sindaco antirenziano, Giulia Mugnai, che è dem ma vicina a Leu, ha pensato bene di schierarsi contro la presidente Simoni e di fare di tutto per costringerla alle dimissioni, con una mozione di sfiducia nella quale le addossa un «comportamento non adeguato al ruolo istituzionale». Insomma: dopo averla eletta quattro anni fa, hanno scoperto che non sarebbe all'altezza dell'incarico. Così sono stati coinvolti i carabinieri, il Tar, dove le opposizioni hanno denunciato questa situazione destabilizzante, e il prefetto. Cercasi leaderMa quello che interessa è il fronte politico, e a questo proposito il politburo locale del Pd si è precipitato a sostenere che non è come sembra: «Non si tratta di uno scontro nel Pd». Ma intanto per rovesciare la presidente e votare la sfiducia, i consiglieri comunali hanno colto il momento in cui era assente, pare ricoverata al pronto soccorso, e mentre l'opposizione era uscita dall'aula. Ci saranno ripercussioni pesanti, perché la Simoni è stata la più votata alle ultime elezioni. Siccome nella prossima primavera si tornerà alle urne, c'è il rischio, per il Pd, che si presenti con una sua lista e, visto il patrimonio di consensi, che gli procuri seri danni. Il mondo dem è una pentola in ebollizione nella quale convivono, ormai da separati in casa, gli ultimi renziani, tenuti in vita dall'esistenza del loro stesso leader che li ha creati dal nulla, e gli antirenziani, cioè attualmente la stragrande maggioranza del partito. È questo gruppo, disorientato, confuso e impaurito, svuotato della gestione cesaristica dell'ex leader, che non ha finora trovato la forza e nemmeno il coraggio di rovesciare il vecchio regime, perché manca una vera guida che si contrapponga al sovrano (apparentemente) deposto; che abbia la capacità di tirare dalla sua parte quanti, cioè quasi tutti, vorrebbero ma non possono. La presenza stessa di Renzi è diventata un elemento divisivo proprio a partire da qui, dalla sua Rignano. Il paese si è spezzato in due, il sindaco Daniele Lorenzini, renziano pentito e arrabbiato, s'è messo in proprio e ha vinto le elezioni, battendo sonoramente il Pd che si identificava con Tiziano Renzi. Raccontano di famiglie che ancora faticano a salutarsi quando si incontrano per strada, rignanesi che non parlano più fra loro per via di quelli strappo violento fra i Renzi e il resto del paese. A Figline, altra patria renziana, feudo appunto del neo membro del Csm David Ermini, il clima è tesissimo, pronto a esplodere prima della prossima campagna elettorale, tanto più che ora il M5s ha chiesto il commissariamento del Comune come conseguenza della crisi istituzionale. Del resto Renzi come si muove peggiora lo stato del partito: avverte la minoranza che uscirà sconfitta dal prossimo congresso invece di cercare il dialogo; riunisce i suoi pasdaran a Roma sull'Aventino (giovedì scorso presenti in 140 fra deputati e senatori) per riorganizzare le fila e annunciare che in autunno, dalla Leopolda, partirà un'offensiva per «creare una cosa più larga del Pd». Quindi un altro passo verso la nascita di una nuova formazione politica. Il muro insormontabile fra chi sta ancora con Renzi e gli altri è solo apparentemente l'alleanza con i 5 stelle. In realtà la separazione è sulla sopravvivenza del Pd. Di cui al Rottamatore importa il giusto: con il Pd o senza, dentro o fuori, lui continua a prefigurare un futuro di potere per sé e, di riflesso, per i suoi fedeli. Beninteso quelli graduati: parlamentari e amministratori locali che devono mantenersi una poltrona, perché la gente comune - quindi gli elettori - ha capito che il tempo e le illusioni di Matteo sono passati. Con o senza gli altriGli altri, che pure attualmente rimane piuttosto difficile identificare (Martina? Franceschini? Orlando? Cuperlo?), sono ormai consapevoli che finché ci saranno Renzi e il renzismo il Pd avrà le mani legate dal solito progetto di potere e non andrà da nessuna parte. Finché i motivi della sconfitta elettorale continueranno a essere attribuiti esclusivamente agli italiani, responsabili e causa del loro male, cioè di non aver capito quanto erano bravi i governi del centrosinistra (sottinteso: ispirati da Renzi), è difficile recuperare simpatie, fiducia e voti. Eppure, con l'arroganza che gli è propria, Renzi ha sostenuto che «il Pd non esiste senza di me». Mentre dovrebbe riconoscere, con un briciolo di ragionevolezza, l'esatto contrario: «Il Pd può continuare a esistere solo se io mi tiro da parte». Il campo di battaglia è questo. La campagna che si aprirà in autunno e porterà alle elezioni europee e amministrative in primavera è un'incognita: gli scenari sono tutti da delineare. Se il governo gialloblù non commetterà errori devastanti, la sinistra è consapevole di rischiare una batosta definitiva.
Ansa
Dimenticata la «sensibilità istituzionale» che mise al riparo l’Expo dalle inchieste: ora non c’è Renzi ma Meloni e il gip vuole mettere sotto accusa Milano-Cortina. Mentre i colleghi danno l’assalto finale al progetto Albania.
Non siamo più nel 2015, quando Matteo Renzi poteva ringraziare la Procura di Milano per «aver gestito la vicenda dell’Expo con sensibilità istituzionale», ovvero per aver evitato che le indagini sull’esposizione lombarda creassero problemi o ritardi alla manifestazione. All’epoca, con una mossa a sorpresa dall’effetto immediato, in Procura fu creata l’Area omogenea Expo 2015, un’avocazione che tagliò fuori tutti i pm, riservando al titolare dell’ufficio ogni decisione in materia.
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Dopo il Ponte tocca ai Giochi. Per il gip sarebbe «incostituzionale» il decreto con cui il governo ha reso «ente di diritto privato» la Fondazione Milano-Cortina. Palla alla Consulta. Si rifà viva la Corte dei Conti: la legge sugli affitti brevi favorirà il sommerso.
Da luglio la decisione sembrava bloccata nei cassetti del tribunale. Poi, due giorni dopo l’articolo della Verità che segnalava la paralisi, qualcosa si è sbloccato. E così il giudice delle indagini preliminari Patrizia Nobile ha accolto la richiesta della Procura di Milano e ha deciso di rimettere alla Corte Costituzionale il decreto legge del governo Meloni che, nell’estate 2024, aveva qualificato la Fondazione Milano-Cortina 2026 come «ente di diritto privato». La norma era stata pensata per mettere la macchina olimpica al riparo da inchieste e blocchi amministrativi, ma ora finisce sotto la lente della Consulta per possibile incostituzionalità.
Il ministro della giustizia libico Halima Abdel Rahman (Getty Images)
Il ministro della giustizia libico, Halima Abdel Rahman, alla «Verità»: «L’arresto del generale dimostra che il tempo dei gruppi armati fuori controllo è finito e che anche la Rada deve sottostare al governo di Tripoli». Pd e M5s attaccano ancora l’esecutivo. Conte: «Italia umiliata».
Il caso di Osama Almasri Anjim, arrestato e rinviato a giudizio delle autorità libiche ha scatenato una dura polemica politica fra governo e opposizione. L’ex capo di una delle più potenti milizie di Tripoli a gennaio scorso era stato rimpatriato con un volo di Stato dopo essere stato arrestato in esecuzione di un mandato d’arresto internazionale emesso dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità. Il governo aveva motivato il suo allontanamento con la pericolosità del soggetto, che era stato accolto a Tripoli da centinaia dei suoi fedelissimi con bandiere e scariche di kalashnikov.
Ansa
Raid Idf contro Hezbollah. Witkoff: «Il Kazakistan aderirà agli Accordi di Abramo».
Uno dei principali esponenti di Hamas, Moussa Abu Marzouk, ha rivelato che la sua organizzazione e l’Autorità nazionale palestinese (Anp) hanno raggiunto un’intesa preliminare per la creazione di un comitato provvisorio incaricato di gestire la Striscia di Gaza in nome dell’Anp. La notizia, riportata dal Times of Israel, segna un possibile punto di svolta nella complessa governance dell’enclave palestinese, sebbene permangano numerose incognite. Secondo quanto dichiarato da Abu Marzouk all’emittente amica Al Jazeera, il nuovo organismo avrebbe la responsabilità di sovrintendere ai valichi di frontiera e di coordinare le forze di sicurezza locali, sotto la presidenza di un ministro dell’Anp.






