2020-01-29
Nel centrodestra si apre la partita sui candidati alle prossime regionali
Gli alleati della Lega vogliono un assestamento e maggior peso nella coalizione: Fi chiede la Campania, Fdi le Marche e la Puglia. Ma la vera battaglia si giocherà in Toscana: si allontana l'ipotesi di Susanna Ceccardi.S'ode a destra uno squillo di tromba. A provocarlo però non è - come scrisse Alessandro Manzoni - il Conte di Carmagnola, ma Giuseppe Conti. Lunedì nella sua conferenza stampa si è incaricato di farci sapere che lui tira a campare e che sul suo malfermo vascello è pronto a imbarcare chiunque serva a sancire la sconfitta di Matteo Salvini. Lo squillo di tromba dovrebbe essere quello della riscossa del centrodestra unito e invece sembra una sorta chiamata alla resa dei conti se non una lusinga di Palazzo Chigi verso possibili «responsabili» berlusconiani. Una similitudine con l poema manzoniano c'è. Il Carmagnola giunto all'apice del potere viene tradito e mandato al patibolo, eppure lui perdona. Nel mezzo ci sono soldati pronti a stare un po' di qua e un po' di là. Come si sa Matteo Salvini sta per essere consegnato al suo giudice e qualche tradimento qua e là si avverte. Sotto inchiesta c'è ciò che resta di Forza Italia. Da un'analisi del voto in Emilia Romagna fatta da Demopolis viene fuori che il 3% dei voti a Stefano Bonaccini arriva da ex elettori di Fi. Già Matteo Richetti, onorevole Pd e sodale di Bonaccini, ha segnalato che non gli era mai capitato di vedere propaganda elettorale che inneggiava al voto disgiunto. Qualcosa deve essere successo se Lucia Borgonzoni ha preso meno voti della coalizione di centrodestra. Da lì cominciano i mal di pancia. A renderli espliciti Andrea Cangini, senatore forzista ma prima direttore dei giornali della famiglia Riffeser Monti, compreso Il Resto del Carlino, che si è sfogato: «La Borgonzoni era un candidato debole. Abbiamo taciuto, ma di certo Matteo Salvini ha impostato la campagna elettorale come un referendum su sé stesso. E come è successo a un altro Matteo lo ha perso». Viene il dubbio che Forza Italia stia facendo di tutto per allontanare da sé i sospetti di «tradimento». Soprattutto ora che ci sono le esplicite lusinghe di Giuseppe Conte in vista magari di un un Conte ter. In realtà all'ipotesi di aggregazione di Fi sta lavorando anche Matteo Renzi che per tenere quanto più lontano può la prospettiva di elezioni anticipate penserebbe a Dario Franceschini come nuovo premier. E se Renzi s'incarica di trattare con Forza Italia un eurodeputato eletto con il Pd in Emilia Romagna, Carlo Calenda, che è in corrispondenza di amorosi sensi con Italia viva, dovrebbe cominciare a parlare con i democrat più sensibili a una prospettiva di rimpasto. Silvio Berlusconi, ringalluzzito dalla vittoria in Calabria, sembra deciso ad alzare la posta con la Lega, tanto che continua a rivendicare la sua centralità nel centrodestra. Per la verità anche Giancarlo Giorgetti - braccio destro di Salvini e stratega della Lega - sembra ritenere necessario un ripensamento. «Ci è mancato», ha detto, «il voto delle città, da quando l'attrazione berlusconina sui ceti borghesi è venuta meno non siamo riusciti a colmare il vuoto». Come a dire: dobbiamo cambiare toni e soprattutto tener dentro anche ciò che resta di Forza Italia. Ma le spinte più forti vengono da Giorgia Meloni. In Emilia Romagna Fratelli d'Italia ha incassato il risultato migliore crescendo fin oltre l'8,6 %. La Meloni ha criticato la «citofonata» di Salvini al Pilastro e nell'analisi post voto ha ribadito che il «risultato di Fratelli d'Italia è esaltante nonostante non avessimo un nostro candidato», ma ha anche aggiunto che aver trasformato le regionali in una sorta di referendum è stato il miglior regalo possibile al governo perché, fallita la spallata, ora Conte può tentare di blindarsi. che può tentare di blindarsi. Eventualità che la Meloni teme tant'è che alla Stampa ha detto: «La polarizzazione sul singolo offre molti alibi agli avversari, sicuramente per il futuro auspico maggiore gioco di squadra». La disputa tra lei e Salvini per la leadership del centrodestra è destinata a crescere e i giochi sono aperti. Non a caso Renato Brunetta - Forza Italia - dai microfoni di La 7 incalza: «Non piacciono gli uomini soli al comando. Salvini ha fatto un'eccellente campagna elettorale in Emilia Romagna, forse troppo forte, troppo contrastante nei contenuti e nei toni, troppo di scala nazionale. Probabilmente se non avesse fatto nulla e avesse confermato il voto delle elezioni europee, il centrodestra avrebbe vinto con 7 punti di vantaggio. Ma è tutta esperienza, per Salvini e per il centrodestra». Ed è con queste fibrillazioni che il centrodestra si appresta a preparare le prossime regionali, ultima occasione per andare in primavera al governo. Sulle candidature riemerge la richiesta di «pari dignità», ma ora c'è la variabile delle lusinghe di Conte, con un minor potere di veto di Salvini. In Campania Fi pretende di candidare Stefano Caldoro e ora la Lega dovrà «arrendersi». Nessun dubbio sulla riconferma di Luca Zaia in Veneto e di Giovanni Toti in Liguria, che anche se Forza Italia storce il naso conta sull'appoggio leghista. Giorgia Meloni considera soddisfatte le pretese della Lega con Zaia e pretende di candidare Raffaele Fitto in Puglia e Francesco Acquaroli nelle Marche. Su Fitto, Salvini ha detto: «Ci ragioniamo» anche perché Matteo Renzi ha rotto l'alleanza con il Pd e non appoggia Michele Emiliano. Ma la Meloni è tranchant: «L'accordo c'è: Fitto in Puglia e Acquaroli nelle Marche.» Invece anche su Acquaroli la Lega prova a riaprire i giochi pensando magari a Guido Castelli, ex sindaco di Ascoli. Ma la partita decisiva sarà in Toscana. Lì il Pd ha fatto convergere tutti, da Renzi a Leu, sul nome di Eugenio Giani. La Toscana pare la fotocopia dell'Emilia Romagna: fortino rosso, ma contendibile. Matteo Salvini aveva in mente di candidare una donna: Susanna Ceccardi, eurodeputata della Lega ed ex sindaco di Cascina, ma ora stanno spuntando altre candidature. Segno che nel centrodestra s'ode uno squillo di tromba. Salvini ieri a Porta a Porta ha annunciato che entro la fine della settimana ci sarà un vertice.
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Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
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