2019-05-29
Nel caos del Milan c’è un solo signore. Gattuso se ne va e rinuncia a 8 milioni
«Scelta sofferta, al club ho dato l'anima». Anche Leonardo lascia: rifiutato il progetto della squadra under 23 di Elliott.«Noi abbiamo la passione, gli altri i soldi». Lo diceva Nereo Rocco per accendere i derby con l'Inter sapendo che senza i soldi la passione non basta. Poi arrivò Silvio Berlusconi e rivoltò il concetto come un calzino: trent'anni di vacche grasse e di Champions. Una storia stellare, una storia archiviata prima dai magheggi cinesi, poi dalla filosofia finanziaria del fondo Elliott. Una storia che diventa un grande, malinconico ricordo proprio nel giorno in cui se ne vanno due dei protagonisti, Gennaro Gattuso e Leonardo (e un terzo, Paolo Maldini ha preso due giorni per pensarci). Il futuro del Milan diventa improvvisamente un'assenza.L'uscita di scena del tecnico, dopo 18 mesi valsi un sesto e un quinto posto - comunque sempre qualificato per l'Europa league -, è la più eclatante perché è perfettamente in linea con il carattere del personaggio. «A fine stagione ci guarderemo negli occhi», andava dicendo da tempo, consapevole che per lui era cominciato il countdown. A differenza di Max Allegri e Luciano Spalletti, lascia per non farsi licenziare, per non pesare sul bilancio del club. Le dimissioni arrivano in mattinata con la specifica che il denaro ancora dovuto (8 milioni lordi) venga distribuito fra i quattro membri del suo staff, da oggi a piedi come lui.«È stata una decisione sofferta, decidere di lasciare la panchina del Milan non è semplice», ha spiegato Ringhio, nel bene e nel male l'autentica anima rossonera della stagione. «Però è una decisione che dovevo prendere. Non c'è stato un momento preciso in cui l'ho maturata, è stata la somma di questi 18 mesi da allenatore di una squadra che per me non sarà mai come le altre. Mesi che ho vissuto con grande passione, mesi indimenticabili. La mia è una scelta sofferta e ponderata. Ho rinunciato a due anni di contratto perché la mia storia con il Milan non potrà mai essere una questione di soldi». Una vita da mediano come Lele Oriali, a testa alta. Nessuno gli ha dedicato una canzone, ma la curva ricorderà per sempre. L'amministratore delegato Ivan Gazidis si è trovato le dimissioni sulla scrivania. Tutto concordato, le aveva sollecitate lui. Per Gattuso ha avuto parole dolci: «Ha dato tutto se stesso, portando la squadra al più alto punteggio in classifica dal 2013 e ha posto il club al di sopra di qualunque altro interesse». Niente di imposto, nessuna pistola alla tempia, ma il progetto voluto da Elliott (che non è un proprietario normale ma un hedge fund) prevede qualcosa che Gattuso e Leonardo non hanno accettato: ripartire da zero, cedere i pezzi più pregiati tranne Gigio Donnarumma e Krzysztof Piatek, costruire una squadra under 23 modello Atalanta (magra e famelica) non solo per provare a vincere, ma per mettere i conti a bolla così da diventare appetibili per un compratore. E rientrare nei parametri del FairPlay finanziario UEFA, che nei prossimi tre anni costringerà il Milan al settlement agreement come fece con Inter e Roma.Lo scenario è accattivante, ma sia Gattuso che Leonardo (e Maldini che potrebbe seguirli) sanno cosa significa affrontare il pubblico di San Siro senza nessuna esperienza, solo con la forza di una maglia dal fascino mondiale. La pressione è micidiale e per stemperarla sarebbe necessario un mix di gioventù ed esperienza. È ciò che hanno chiesto a Gazidis, e lui ha detto no perché «l'esperienza costa». Al che Gattuso ha commentato: «Si pensa sempre che debba vincere solo perché si chiama Milan». Nessuna consonanza, questione di ambizioni. Leonardo è al terzo addio: il primo da giocatore, il secondo da allenatore, questo da dirigente. Un peperino Caraceni style. Questa volta non ha digerito le critiche sulla campagna acquisti estiva (Gonzalo Higuain, Diego Laxalt, Samu Castillejo, in fondo anche Tiemoué Bakayoko), peraltro portata a termine in due settimane dopo il siluramento di Marco Fassone e Massimiliano Mirabelli. Anche su Lucas Paquetà l'ad Gazidis avrebbe avuto a che ridire, non tanto per il valore del ragazzo quanto per il costo dell'intera operazione (attorno ai 50 milioni stipendio compreso).Il posto di Leonardo è stato offerto a Maldini, ma l'icona rossonera non ha ancora sciolto la riserva e potrebbe pure salutare, chiudendo sul nascere l'operazione nostalgia del «Milan ai milanisti». In questa direzione andrebbe il like Instagram della moglie, Adriana Fossa, a una foto con i tre compari in uscita. In ogni caso il vertice rossonero è in cerca di un direttore sportivo per dare il via alla rumba del calciomercato. Piace molto Igli Tare della Lazio per la capacità di scovare pepite nel deserto, ma trattare con Claudio Lotito è operazione da mal di testa. Si parla di una mitica figura molto in voga di questi tempi, un «re delle plusvalenze» come Luis Campos, ma il ds del Lille avrebbe detto no. In giornata si era sparsa la voce di un clamoroso ritorno, quello di Ariedo Braida, il direttore sportivo del Milan stellare oggi felicemente al Barcellona. Chi lo ha intercettato giura che non ha nessuna intenzione di rientrare a Milano con questi scenari.È apertissima anche la caccia all'allenatore. I nomi più ricorrenti sono quelli Eusebio Di Francesco, Marco Giampaolo e Leonardo Jardim, il portoghese che allena il Monaco. Tutti perfetti per rifondare e plasmare giovani. Sembra incredibile, ma i tifosi milanisti sul web vorrebbero in panchina Luciano Spalletti, che nell'ultimo biennio (sotto sanzioni Uefa) ha ricostruito dalle macerie l'Inter ed è arrivato due volte in Champions. Sarebbe un salto triplo. Ma il Gran Pelato potrebbe attendere qualche giorno prima di disdire l'affitto dello spettacolare attico al Bosco Verticale.
Jose Mourinho (Getty Images)