2023-11-16
I negazionisti degli effetti avversi: «Le pericarditi dopo i vaccini? Finte»
Un esperto del Sant’Orsola di Bologna snobba i danni al cuore: «Isteria collettiva, mai dimostrati». Ma li ammette persino Ema.L’editorialista Antonio Polito, critico sul caso Indi, loda il rimando alla Consulta per i figli delle lesbiche.Lo speciale contiene due articoli.I danni da vaccino? Finti. Inventati. Il prodotto di un’allucinazione di massa, che ha contagiato sanitari e pazienti. Lo garantisce Gabriele Bronzetti, luminare dalla qualifica chilometrica: egli è «responsabile del programma dipartimentale cardio-pediatria, Unità operativa di cardiologia pediatrica e dell’età evolutiva, Centro per le cardiopatie congenite dell’adulto, Dipartimento cardio-toraco-vascolare, Policlinico Sant’Orsola» di Bologna. Sul Corriere della Sera, l’esperto lamenta che uno, tra gli infiniti temi collegati alla pandemia di coronavirus, è stato «inspiegabilmente trascurato»: quello delle «finte pericarditi da vaccino».Cosa è successo, di preciso? Che accanto a «casi certi di miocardite e pericardite da Covid-19, si sono sospettati casi di coinvolgimento cardiaco», in seguito alla somministrazione delle dosi di farmaci a mRna. Attenzione: a differenza dei disturbi scatenati dal Sars-Cov-2, qui trattasi di meri sospetti. Non di patologie, semmai di banali «coinvolgimenti», ovviamente «in misura molto inferiore» rispetto alle conseguenze provocate dal virus e, soprattutto, «con decorso benigno». Eppure, ciò è bastato per diffondere un ingiustificato «panico vaccinale». Una «pericarditefobia». L’etichetta che scimmiotta la neolingua woke identifica l’«ondata di isteria collettiva», che i colleghi del professor Bronzetti non sono stati capaci di arginare. Al contrario: l’hanno alimentata. Appena si presentava in pronto soccorso un paziente «con dolore toracico dopo il vaccino» e «un minimo liquido pericardico - quello fisiologico», arrivava il referto «a dir poco corrivo». Ecco spiegata la marea di diagnosi di pericarditi «inesistenti», che altri camici bianchi hanno tentato di correggere, senza essere in grado di estirpare la falsa credenza nella correlazione tra punture e disturbi al cuore. Quando si vaccinano milioni di persone, argomenta Bronzetti, «è quasi impossibile dimostrare una relazione causa-effetto» tra il medicinale somministrato e «gli eventi successivi». Al massimo, ci troviamo dinanzi a segnali statistici. Ma come è normale che, in estate, «il consumo di gelati e le morti per annegamento aumentino», senza che i fenomeni siano l’uno la causa dell’altro, così, «mentre facciamo un sacco di altre cose» - tra le quali, guarda un po’, vaccinare - si susseguono «infarti, ictus, embolie». È la natura: «Chi si deve ammalare si ammalerà». Orsù, tacciano i ciarlatani, poiché «non ci sono studi che abbiano dimostrato incontrovertibilmente una relazione causa-effetto tra vaccinazione Covi e infiammazioni cardiache».Se le cose stanno in questo modo, il dottore di Bologna dovrebbe andare a lamentarsi direttamente con i responsabili dell’Agenzia europea del farmaco. Nei foglietti illustrativi di Comirnaty (Pfizer/Biontech) e Spikevax (Moderna), infatti, l’Ema, a settembre, ha confermato che esiste un rischio di miocarditi e pericarditi: «Alcuni casi hanno richiesto il supporto terapia intensiva e sono stati osservati casi fatali». Chiaro? Qualcuno, a causa del vaccino, è andato in ospedale in condizioni gravi, oppure ci ha proprio rimesso le penne. I funzionari dell’ente Ue sono stati, a loro volta, traviati dall’«isteria collettiva»? Sarà. Rimarrebbe comunque un mistero: quella gente, in corsia o sotto terra, non ci è finita mica per finta.Bronzetti omette di ricordare un dettaglio essenziale per contestualizzare il discorso: che la «vaccinazione di massa» si è rivolta, con metodi coercitivi, all’intera popolazione. Comprese le categorie anagrafiche per le quali non sarebbe stato tanto evidente il vantaggio delle inoculazioni, se si fossero confrontati con attenzione i pericoli potenziali: quello - raro - di ammalarsi in maniera seria di Covid e quello - pure raro - di incappare in pesanti reazioni avverse. La farmacovigilanza si è ridotta alla pernacchia sul Corriere contro l’irrazionale «pericarditefobia». Il pretesto è il solito: i danni delle punture vanno minimizzati, se no si piccona «l’istituto della vaccinazione nelle sue fondamenta». Giusto adesso che una nuova campagna è partita «in sordina».È anche per contrastare tale forma di negazionismo, per rendere giustizia a chi ha patito le conseguenze dell’obbligo de facto di porgere il braccio, imposto tramite il green pass, che sarebbe urgente far partire i lavori della commissione parlamentare d’inchiesta. Lo stato dell’arte è il seguente: dopo il via libera del Senato, è attesa la terza lettura alla Camera, per la quale, tuttavia, manca una data certa. Fonti di maggioranza ci riferiscono che il voto finale dovrebbe svolgersi «entro l’anno». Dopodiché, l’organismo sarebbe quasi subito operativo. Pronto ad ascoltare i pareri degli scienziati. E a capire se davvero gli effetti collaterali dei vaccini sono come le storielle sugli alieni nell’Area 51.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/negazionisti-effetti-avversi-2666288612.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="per-arginare-il-potere-dei-giudici-polito-chiede-piu-deleghe-ai-giudici" data-post-id="2666288612" data-published-at="1700147438" data-use-pagination="False"> Per arginare il potere dei giudici Polito chiede più deleghe ai giudici L’avevamo lasciato pochi giorni fa a spiegare che il 7 ottobre è tutta colpa del puzzone americano («Abbiamo davanti agli occhi gli effetti nefasti del quadriennio di Trump sul Medio Oriente») e che l’Unione europea è inconcludente, quindi ce ne vuole di più. Ritroviamo Antonio Polito ieri sempre sul Corriere, in un editoriale altrettanto convincente dedicato a temi etici: «Se il diritto alla vita è nelle mani dei giudici» è il titolo in prima pagina. Lo svolgimento ricalca in più di una parte riflessioni che, con altro timbro, avete potuto leggere su queste colonne: «Da decenni la bioetica ci ha insegnato ad appropriarci della vita come luogo della scelta libera e responsabile. Siamo al paradosso che la cultura democratica si batte per introdurre nei codici la difesa della libertà di morire ma accetta la negazione della libertà di vivere, per quanto terribili e dolorose siano le condizioni di vita. Abbiamo messo fine al paternalismo della professione medica del passato, quando erano i dottori a decidere per noi. Ma lo abbiamo resuscitato per decidere se e quando una vita vale la pena di essere vissuta, anche solo per un giorno, un’ora in più». Con acutezza, il giornalista ed ex parlamentare coglie la contraddizione tra un principio di autodeterminazione affermato contro ogni limite e la ferocia giuridica (di metodo, prima che di merito) che promana dall’ordinamento inglese, per cui un figlio ricoverato diventa, in un certo senso, «proprietà» dello Stato. Addirittura Polito fa un passo in più, che quasi stupisce sul Corriere della Sera: «Man mano che l’Occidente relativizza i suoi valori, e in nome del pluralismo perde riferimenti etici certi, stiamo delegando sempre più ai giudici il compito di sbrogliare le matasse delle nostre esistenze, così complesse e spesso inestricabili. Una sorta di idolatria del diritto, inversamente proporzionale al declino delle altre forme di disciplina comunitaria, dalla politica alla fede, dal conflitto sociale alla deontologia professionale». Il tema sollevato non è di poco conto, e sfida alcune delle colonne dell’assetto liberale: il diritto che non si regge da solo, la legge che può diventare idolatria se assorbe ogni orizzonte della vita civile, l’esistenza umana non riducibile alla codifica burocratico-giudiziaria che pure la deve regolare. Ma qui accade qualcosa di strano. Polito aggancia un curioso parallelo con la vicenda delle «doppie madri» di Padova, con la Procura che prima si è chiesta se fossero lecite le registrazioni all’anagrafe di bambini, ottenuti tramite eterologa, come «figli» di due genitrici, e poi ha deciso di intestare il caso alla Corte costituzionale. Ecco, parrebbe questo esattamente un esempio della tendenza a «delegare sempre più ai giudici il compito di sbrogliare le matasse delle nostre esistenze», e invece secondo l’editorialista «saggiamente la Procura ha chiesto che venga investita di questa contraddizione la Consulta, con una questione di costituzionalità». Dunque l’«idolatria del diritto» si scongiura rivolgendosi ai giudici, apparentemente colleghi di quelli che hanno deciso su Indi Gregory, interrogando così profondamente lo stesso Polito. Il quale poi tocca un altro terreno rovente, quello del «diritto naturale», chiudendo: «Credo che i diritti dei bambini gravemente malati a morire a casa loro, o i diritti dei bambini padovani ad avere all’anagrafe due genitori, siano da considerare così “naturali” da mettere d’accordo la gran parte delle persone di buona volontà. Se la legge degli uomini lo nega, vuol dire che c’è qualcosa di sbagliato». Sull’equiparazione tra Indi e le «mamme lesbiche» si potrebbe discutere a lungo, ma a colpire è la frase sul «diritto ad avere due genitori». La quale sarebbe applicabile alla lettera anche ai bimbi nati con eterologa o con l’utero in affitto, che dei genitori naturali sono privati. E soprattutto, se la legge «non può negare» ciò che «mette d’accordo le persone di buona volontà», cosa dire del green pass con cui ai dodicenni non vaccinati fu proibito di andare in tram? Ai tempi Polito ne disse quattro: ma a chi protestava.
Attività all'aria aperta in Val di Fassa (Gaia Panozzo)
Gabriele D'Annunzio (Getty Images)
Lo spettacolo Gabriele d’Annunzio, una vita inimitabile, con Edoardo Sylos Labini e le musiche di Sergio Colicchio, ha debuttato su RaiPlay il 10 settembre e approda su RaiTre il 12, ripercorrendo le tappe della vita del Vate, tra arte, politica e passioni.
Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida (Ansa)