2025-09-18
Nato furibonda per il blitz in Polonia ma i danni li ha fatti un jet di Varsavia
La casa distrutta a Lublino (Ansa)
La casa distrutta nell’area di Lublino è stata colpita dal missile sparato da un F-16, non dai velivoli di Vladimir Putin. Salta la pista russa pure per l’omicidio di Andriy Parubiy: l’ha ucciso un ucraino furioso per la morte del figlio al fronte.Altiero Spinelli sosteneva che, per «consolidarsi», l’Europa avrebbe avuto bisogno di una guerra contro la Russia. L’Europa gli sta dando retta. Lo sconfinamento dei droni russi in Polonia e, poi, in Romania, ha riattizzato lo scontro tra Mosca e la Nato. Eppure, l’unico danno collaterale - la distruzione di un casolare nel paesino di Wyryki - sarebbe stato provocato non dai velivoli di Vladimir Putin, bensì da un razzo sparato da un caccia di Varsavia.Lo ha scritto, citando fonti delle agenzie di sicurezza statali, la testata giornalistica locale Rzeczpospolita. La notte tra il 9 e il 10 settembre, l’abitazione situata nella regione di Lublino sarebbe stata devastata non dagli apparecchi che la Russia, secondo la vulgata delle cancellerie occidentali, avrebbe scagliato per mettere alla prova le difese aeree nemiche, bensì dal malfunzionamento di un missile aria-aria avanzato a medio raggio, del tipo Aim-120. A lanciarlo è stato un F-16 polacco, che era decollato per agganciare gli apparecchi intrusi.Da noi la notizia è rimasta sottotraccia. In patria, però, non hanno potuto ignorarla. È dovuto intervenire addirittura il presidente della Repubblica, Karol Nawrocki, che in una dichiarazione a suo nome, pubblicata su X dall’Ufficio per la sicurezza nazionale (Bbn), ha chiesto di «chiarire immediatamente» l’accaduto. «Non si può accettare di nascondere le informazioni», recitava la nota ufficiale. «Di fronte alla disinformazione e alla guerra ibrida, i messaggi trasmessi ai polacchi devono essere verificato e confermati». Proposito lodevole, almeno per rivendicare la differenza tra le democrazie liberali del blocco Nato e il regime autocratico dello zar. Sarebbe davvero importante accertare come si siano svolti gli eventi: non solo cosa sia piombato addosso alla casa squassata, ma pure se il blitz notturno sia stato davvero una provocazione deliberata del Cremlino, oppure l’effetto dei sistemi di disorientamento dei velivoli utilizzati da Kiev. Ipotesi avvalorata dalle segnalazioni giunte alla Polonia da Minsk, che aveva registrato il passaggio dei droni e aveva avvertito la nazione confinante. Insomma, su quale base la Nato ha avviato la missione di pattugliamento dei cieli Sentinella Est? Per un’incursione casuale? Per una costruzione demolita da un razzo polacco che ha fatto cilecca? In virtù di cosa l’Italia dovrebbe partecipare all’operazione e rischiarne le conseguenze? Il premier polacco, Donald Tusk, sostiene comunque che «tutta la responsabilità per i danni alla casa di Wyryki ricade sui responsabili della provocazione dei droni, ovvero la Russia». Non ha tutti i torti: se Putin non avesse attaccato l’Ucraina, nessun F-16 sarebbe stato costretto a inseguire i suoi minacciosi aeroplanini senza pilota. Però non è la prima volta che si scopre che un avvenimento da casus belli, inizialmente attribuito alla manina di Mosca, aveva tutt’altra origine. A novembre 2022, sempre in Polonia, capitò quello che l’allora presidente, Andrzej Duda, definì uno «sfortunato incidente»: un missile precipitò nel villaggio di Przewodow e uccise due civili. A Kiev partì subito la gara per tirare la Nato dentro il conflitto: «Era russo, abbiamo le prove». Invece gli 007 americani appurarono che la testata era ucraina, presumibilmente proveniente dalla contraerea azionata per neutralizzare i razzi degli invasori. I quali hanno sempre la colpa, sì: sono stati i primi ad attaccare. Però, finora, nonostante scaramucce e manomissioni informatiche a volte gravi, si sono ben guardati dal superare le linee rosse che li trascinerebbero in un conflitto mondiale.Non c’era lo zampino di Putin nemmeno nell’omicidio dell’ex capo del Parlamento dell’Ucraina, Andriy Parubiy, avvenuto a Leopoli il 30 agosto scorso. La polizia ha acciuffato un cinquantaduenne che ha confessato il delitto, il cui movente era la «vendetta personale contro le autorità», ree di aver spedito al fronte suo figlio, caduto in battaglia. L’uomo ha negato qualunque legame con i servizi segreti di Mosca e ha chiesto di essere inserito in uno «scambio di prigionieri di guerra, così potrò andare [in Russia, ndr] e trovare il corpo di mio figlio».Pure la distruzione dello strategico gasdotto Nord Stream, a settembre 2022, fu immediatamente ascritta ai russi, senza che nessun esponente della libera stampa si domandasse perché Mosca dovesse fracassare un’infrastruttura che, portando il metano in Germania, avrebbe contribuito al finanziamento della guerra. E invece, essa fu un’impresa dell’ucraino Serhii Kuznietsov. Per poterne concedere l’estradizione a Berlino, la Corte d’Appello di Bologna ha dovuto escludere che si fosse trattato di una vera e propria azione di guerra compiuta agli ordini di Kiev, per la quale l’ex militare, stando all’argomentazione del suo legale, avrebbe potuto godere dell’immunità. Ma se non è stata un’azione di guerra quella, come può esserlo stato il sorvolo di 19 droni disarmati sulla Polonia, oppure di uno sulla Romania? Non sarà il caso che in Europa leggano un po’ meno Spinelli e ascoltino un po’ di più il Papa?
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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