2025-09-18
Nagel lascia Mediobanca: la lettera di addio e le dimissioni in cda
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L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Dopo 17 anni alla guida di Mediobanca arrivano le dimissioni dell’amministratore delegato. L’uscita segue l’opas di Mps. Nella lettera ai dipendenti cita Orazio e rivendica i risultati raggiunti. Poco prima delle dimissioni ha venduto azioni per oltre 21 milioni.Alberto Nagel ha rassegnato le dimissioni da amministratore delegato di Mediobanca. La decisione, attesa da tempo, è stata ufficializzata durante il consiglio di amministrazione riunito questa mattina in Piazzetta Cuccia, a Milano. Con questa scelta si chiude un’era durata 17 anni, dopo una carriera interamente trascorsa all’interno dell’istituto fondato da Enrico Cuccia, dove Nagel era entrato nel 1991.Le dimissioni arrivano all’indomani dell’offerta pubblica di acquisto e scambio lanciata da Monte dei Paschi di Siena, che ha portato lo storico istituto senese a conquistare oltre il 60% del capitale di Mediobanca. Una mossa considerata sorprendente dal mercato e che Nagel aveva contestato apertamente, giudicandola priva di una reale visione industriale e legata più a logiche di potere che a strategie di lungo periodo.Prima di formalizzare l’addio, Nagel aveva scritto una lunga lettera ai dipendenti, congedandosi con una citazione di Orazio: «Graecia capta ferum victorem cepit» (La Grecia vinta vinse il feroce vincitore): «Vi attendono ora nuove sfide che, ne sono certo, sarete pronti a superare stando uniti e preservando quella cultura e diversità che vi rendono unici», ha scritto l’ormai ex ad, aggiungendo: «Così come sono certo che la nuova proprietà della banca non potrà prescindere dal valorizzare il vostro non comune patrimonio di professionalità».Nella stessa lettera, Nagel ha rivendicato il percorso di crescita compiuto dal gruppo negli ultimi decenni: «Sono passati oltre 34 anni da quando sono entrato in Banca ed oltre 22 da quando me ne è stata data la responsabilità. Un periodo molto lungo, nel quale abbiamo fatto insieme un percorso straordinario di crescita e rinnovamento ascrivibile interamente alla vostra capacità e senso di appartenenza».Il manager ha ricordato come, sotto la sua guida, il numero dei dipendenti sia triplicato fino a 6.200 unità e siano stati distribuiti agli azionisti 8,5 miliardi di euro, «senza mai fare aumenti di capitale», con un total shareholder return pari al +500%. Non sono mancati riferimenti polemici all’operazione con Mps. Nagel ha ribadito di aver sempre preferito un’espansione nel risparmio gestito rispetto a un’unione con una banca commerciale. «La specializzazione in attività a maggior sofisticazione e valore aggiunto protegge nel lungo termine il valore degli intermediari», ha scritto, sottolineando che «le banche quotate hanno molte più chance di crescere e di generare extra ritorni» quando hanno «un capitale diffuso per lo più rappresentato da investitori istituzionali». Il passo indietro di Nagel è stato preceduto anche da movimenti rilevanti sul fronte azionario. Secondo le comunicazioni sugli internal dealing, l’ex ad ha ceduto un milione di azioni Mediobanca, incassando oltre 21 milioni di euro. A vendere sono stati anche altri vertici: il direttore generale Francesco Saverio Vinci ha liquidato 400 mila azioni per 8,5 milioni, mentre il presidente Renato Pagliaro ha ceduto 100 mila titoli per oltre 2,1 milioni.Con l’uscita di Nagel, Mediobanca perde uno dei protagonisti della sua stagione più recente. Sotto la sua gestione, il valore del titolo è triplicato e l’istituto è diventato una vera public company, con una progressiva apertura del capitale agli investitori istituzionali. Resta ora da capire come l’assemblea dei soci del 28 ottobre, chiamata a nominare il nuovo vertice, ridisegnerà il futuro di una banca che ha segnato la storia del capitalismo italiano ed è oggi al centro di un passaggio delicato.
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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