Presi a schiaffi Ursula e Merz, la Ue ora è guidata da Italia e Francia

Doppia sconfitta politica per il cancelliere tedesco Friedrich Merz al Consiglio europeo di giovedì, dove si è deciso di non procedere con l’utilizzo dei fondi russi depositati in Belgio e dove si è preso atto del rinvio della firma del patto commerciale con il Mercosur.
Su entrambi i dossier, Merz aveva speso tutta la sua influenza e cospicue energie, nella convinzione che fossero due mosse irrinunciabili per l’Ue. I risultati del Consiglio, invece, premiano la diplomazia discreta di Giorgia Meloni che, senza dare troppo nell’occhio, ha assunto un ruolo di regia delle soluzioni adottate e ha ottenuto ciò che voleva. Un Consiglio europeo, quello del 18 dicembre, che a suo modo segna una svolta importante e da cui emerge una nuova forza dell’Italia rispetto alla frastornata Bruxelles e alle deboli cancellerie europee.
Meloni ha messo il peso del nostro Paese in Consiglio dalla parte del Belgio, mentre il primo ministro Bart De Wever negoziava con l’Ungheria per trovare la scappatoia del prestito da 90 miliardi ed evitare l’utilizzo dei fondi russi. «Il buon senso ha prevalso», ha dichiarato Giorgia Meloni alla fine. Mentre Merz non ha toccato palla, Meloni ha mosso per tempo le sue pedine e ha portato a casa il risultato. Per una volta, chi si è trovata la pietanza cucinata è stata la Germania. Il voto a maggioranza sul sequestro dei fondi russi avrebbe significato inaugurare una prassi di rottura del quadro istituzionale europeo, le cui conseguenze sarebbero state molto gravi sotto diversi profili.
Il presidente del Consiglio ha anche dettato la linea del rinvio dell’accordo commerciale Ue-Mercosur, schierandosi con la Francia per ottenere più tempo, onde valutare gli impatti del trattato ed avere chiarimenti sulle contromisure. Piaccia o non piaccia, Meloni è riuscita nell’impresa di tenere insieme il quadro delle regole europee, allo stesso tempo evitando un passo dal quale l’Ue non avrebbe mai potuto tornare indietro. Probabilmente ora è più chiaro anche in Europa che il quadro politico è cambiato. Non è più il tempo di Angela Merkel e l’Italia sta dimostrando di poter influenzare l’agenda europea attraverso una azione diplomatica non di rottura, ma di persuasione e ragionevolezza. Questa è senz’altro una novità politica rilevante che a molti, anche in Italia, probabilmente non piacerà.
Così come ci saranno molti in Italia per cui, invece, questo non è abbastanza. Ma nel delicato passaggio storico che stiamo vivendo, Meloni ha dimostrato in Europa un’efficacia di azione e una sapienza tattica cui l’Italia era disabituata, arrivando anche a giocare di sponda con un «nemico» storico come la Francia di Emmanuel Macron pur di arrivare all’obiettivo. Dopo decenni di acritici ossequi alle peggiori politiche europee, vedere emergere una linea italiana è un passo avanti notevole. Si può non essere d’accordo nel merito delle scelte, ma almeno ci si può rallegrare per il ritorno della politica e per un nuovo ruolo dell’Italia.
Dall’altra parte, anche tornando indietro nel tempo di parecchio, è difficile ricordare un vertice europeo da cui la Germania sia uscita così suonata. Il secco «no» all’uso dei fondi russi congelati e il rinvio della firma dell’accordo di libero scambio con il Mercosur sono due rilevanti sconfitte politiche per Merz, che aveva messo tutto il suo peso su entrambe le questioni. «Oggi sono stato messo davvero alla prova», ha detto il cancelliere, apparendo stanco e stropicciato a notte fonda davanti ai giornalisti.
In merito all’utilizzo dei fondi russi, quella che veniva spacciata da Berlino come «unica soluzione possibile» per evitare «la fine dell’Europa» era solo una delle diverse opzioni, come ha dimostrato l’esito del vertice. «L’unica decisione possibile è che l’Europa accetti e che il presidente della Commissione e il presidente del Consiglio si rechino domani in Sud America e firmino questo accordo», aveva invece detto Merz alla vigilia parlando del Mercosur. Non è proprio andata così e Merz ha dovuto incassare un altro colpo. A valle del vertice, Merz ha minimizzato la sua sconfitta personale parlando di grande successo dell’Europa, ma la realtà è che i suoi ultimatum ai partner europei sono stati regolarmente ignorati. Merz ha ambizioni di diventare il nuovo leader dell’Ue in quanto cancelliere tedesco, ma non è riuscito a soddisfare neppure le sue stesse aspettative in questo appuntamento. È in difficoltà in patria, dove deve governare in coalizione con la Spd e dove, ad esempio, il suo candidato alla presidenza della Fondazione Konrad Adenauer è stato battuto ieri da Annegret Kramp-Karrenbauer, esponente di una diversa corrente della Cdu. L’unica consolazione per Merz è che dalla prosecuzione della guerra con altri 90 miliardi di euro messi sul piatto arriverà qualche grossa commessa per Rehinmetall e l’indotto industriale tedesco della difesa.
Le reazioni politiche in Germania, in realtà, sono di sollievo per la soluzione escogitata, stante che l’all-in di Merz non era così sentito nel suo partito. Molto dura, invece, la stampa. La Frankfurter Allgemeine Zeitung ha titolato «Così Merz è stato ingannato», mentre Die Welt ha scritto: «Doppia sconfitta per il cancelliere».
Berlino sta perdendo la sua presa sull’Unione europea che, da quando Merz è diventato cancelliere, non risponde più ai comandi come faceva fino a poco tempo fa.






