2020-10-09
Nascosti nei palloni e nei formaggi. Boom di cellulari sequestrati in cella
Nei primi 9 mesi dell'anno sono quasi 1800 gli apparecchi scoperti dalla penitenziaria, il record in Campania e in Sicilia. I trucchi per farli arrivare ai detenuti: trasportati pure coi droni oppure occultati nelle parti intime.L'ultima consegna è stata fermata ieri mattina. Una ventunenne, incinta, è stata sorpresa dagli agenti della polizia penitenziaria nel carcere napoletano di Secondigliano mentre in sala colloqui stava per passare al marito un telefonino con due sim e due carica-batterie. Sempre a Secondigliano, il 5 ottobre, era stato bloccato il penultimo trasporto: due micro-telefonini con 12 sim card stavano per essere recapitati da una donna-corriere a un detenuto di camorra, chiuso nel reparto di alta sicurezza, ma sono stati sequestrati all'ingresso. A Vibo Valentia, il 2 ottobre, un condannato di 'ndrangheta era stato scoperto nel bagno della sua cella nel bel mezzo di una misteriosa telefonata. Da tempo il fenomeno dei cellulari che entrano in carcere è uno stillicidio, ma nel 2020 è esploso. Nei primi nove mesi dell'anno ne sono stati sequestrati 1.761, 269 dei quali nei reparti di alta sicurezza destinati ai reclusi più pericolosi. È come se in ognuno dei primi 275 giorni del 2020, nelle prigioni italiane, fossero stati rinvenuti da sei a sette telefonini. I cellulari scoperti nello stesso periodo del 2019 erano stati 1.206, mentre nel 2018 erano stati «appena» 394. È stata proprio l'allarmante impennata a spingere il ministro grillino della Giustizia, Alfonso Bonafede, a configurare un nuovo reato nel Decreto sicurezza varato dal governo lo scorso 5 ottobre. Prima, la consegna a un detenuto di un qualsiasi strumento per comunicare dall'interno di un penitenziario era considerato un illecito disciplinare, che non permetteva né indagini né accertamenti tecnici, come l'analisi del traffico. Tra pochi giorni, quando sarà pubblicato sula Gazzetta ufficiale, il decreto introdurrà pene da 1 a 4 anni di reclusione per chi consegna e riceve il cellulare; nel caso si tratti di detenuti al 41 bis, cioè mafiosi o terroristi in isolamento, si sale alla reclusione da 2 a 6 anni.I magistrati antimafia sono preoccupati dal fenomeno, che permette ai boss in cella di continuare a dare ordini all'esterno. Alla decisione di Bonafede, del resto, non è estraneo il curriculum dei due magistrati che da maggio sono alla guida del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Bernardo Petralia e Roberto Tartaglia, con un passato d'indagini di criminalità organizzata. È grazie alla loro sensibilità se il Dap da qualche mese si sta dotando di tecnologie per contrastare le consegne di telefonini. Sono stati acquistati 200 rilevatori che, nelle ispezioni, rilevano oggetti metallici non consentiti come lamette, chiodi e spilli, nonché dispositivi elettronici come i cellulari, anche se spenti. La polizia penitenziaria sta poi per ricevere 65 rilevatori portatili, capaci di scoprire un telefonino attivo nel raggio di dieci metri. Più complessa, forse, sarà la messa in opera di 40 «jammer», disturbatori elettronici: si sta verificando se i loro campi elettromagnetici, oltre a bloccare le comunicazioni, siano effettivamente innocui per la salute.La stretta è in atto, insomma, ma deve comunque vedersela con la vivida fantasia di chi provvede alle consegne. Perché i cellulari entrano in carcere nascosti nel cibo, negli indumenti intimi, negli stomaci, e fin qui niente di nuovo sotto il sole, anche se ci sono casi sconcertanti: gli agenti del carcere di massima sicurezza Pagliarelli di Palermo, nel 2019, avevano scoperto un detenuto che rientrava da un permesso dopo aver ingoiato quattro telefonini, mentre una settimana fa un condannato di mafia, trasferito a Trapani da un'altra prigione siciliana, nascondeva nel retto un involucro con un microtelefono e batterie di riserva.Ma l'inventiva va ben oltre. Fuori dal muro di cinta del carcere di Avellino, a inizio settembre, era stato trovato un pallone che conteneva 16 telefonini, e alla fine del mese qualcuno ha cercato di fare entrare un secondo pallone che celava un'altra dozzina di micro-cellulari. A Rebibbia, il 25 settembre, sono stati scoperti due telefoni e un caricabatteria in tre pezzi di formaggio, mentre in giugno quattro minuscoli apparecchi erano entrati nel penitenziario di Benevento infilati in due salami. Per non parlare delle pentole: ad Avellino, in giugno, l'ispezione di una batteria di casseruole ha fatto saltar fuori 23 smart-phone e addirittura due telefoni satellitari.Nel carcere di Secondigliano, invece, preferiscono i droni: nel pieno del lockdown della scorsa primavera, una prima macchinetta volante si era schiantata contro un muro di cinta rivelando un carico di smart-phone. Il 5 ottobre un secondo drone è stato intercettato dagli agenti, che hanno recuperato altri dieci telefonini, otto caricabatteria e dieci schede telefoniche. Ma c'è anche chi lancia pietre. In agosto, dall'esterno delle mura perimetrali della casa di massima sicurezza di Carinola, vicino a Caserta, è partita una strana sassaiola. Si è poi scoperto che 20 blocchetti di calcestruzzo contenevano altrettanti smart-phone. In giugno, sempre a Carinola, gli agenti si sono insospettiti perché un sacerdote, in vista della messa domenicale, stava portando ai detenuti troppe buste di sigarette. Parola di Dio e vizio mal si conciliavano. Dentro alle buste, mescolati al tabacco, c'erano nove cellulari.
Il valico di Rafah (Getty Images)
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