
Questo blocco sunnita influenzerà il Mediterraneo. Ma noi in Libia siamo con gli altri.L'accordo tra Emirati ed Israele mediato dagli Stati Uniti modifica sostanzialmente lo scenario regionale con riverbero su quello globale. Nel gergo lo si definisce game changer, cioè novità che cambia il gioco.L'accordo non è una sorpresa. Per inciso, quando nell'autunno 2019 fui relatore allo «Abu Dhabi Strategic Debate» percepii nei convegnisti un insolito fermento e vidi un'inusuale presenza di statunitensi. Quando sentii l'annuncio enfatizzato di un progetto per costruire in un unico spazio una moschea, una sinagoga e una chiesa cristiana adiacenti capii che c'era un negoziato in corso, con il consenso silenzioso dell'Arabia saudita e sotto ombrello statunitense. Ma è una sorpresa l'intensità dell'accordo stesso. Non si tratta solo di aprire relazioni diplomatiche ma di un programma di forte collaborazione industriale e tecnologica tra Emirati ed Israele. I primi hanno l'ambizione di diventare l'avanguardia modernizzante dell'islam, per esempio la recente missione verso Marte lanciata da uno spazioporto in Giappone. La seconda è tra le più grandi fucine di nuove tecnologie nel mondo. Il vantaggio reciproco è evidente. E deve esserlo perché la rinuncia da parte di Israele all'annessione e ulteriore colonizzazione della Cisgiordania ha un alto costo politico a causa del dissenso dei partiti religiosi che invocano la Grande Israele. Infatti non sarà facile. Ma al momento bisogna riconoscere il capolavoro diplomatico fatto dagli Stati Uniti guidati da Donald Trump e preparato fin dal 2017. Da un lato, è probabile che l'accordo con gli Emirati sia solo una parte di quello complessivo tra Israele e Islam sunnita guidato dai sauditi e che questa parte sia stata accelerata dalla necessità elettorale di Trump stesso di poter dimostrare di aver realizzato quanto promesso, cioè un accordo pacificante storico nella regione mediorientale. Dall'altro, è possibile che sia la monarchia saudita sia gli Emirati abbiano accelerato l'accordo non solo per fare un favore a Trump, ma anche per interessi urgenti propri. Lo scenario è nebuloso, ma si può ipotizzare che l'accordo con Israele sia anche una risposta a quello tra Iran e Cina. Tradotto, se Teheran pensa di usare tecnologie militari cinesi o nucleari sia proprie oppure fornite da Pechino, per minacciare la costa dirimpettaia e prendere il domino del Golfo, nonché far vincere gli Huti sostenuti dall'Iran contro gli yemeniti appoggiati da Arabia ed Emirati, allora sauditi ed emiratini potranno ricevere da Israele una tecnologia superiore e, in extrema ratio, armi nucleari già pronte per l'uso, senza coinvolgere direttamente l'America e dare alla Cina la scusa di un confronto nucleare globale, regionalizzando l'eventuale conflitto. Scenario che la Russia sta osservando con preoccupazione perché esclusa da questo gioco mentre finora aveva lo status di potenza protettrice, ma anche limitatrice, dell'Iran. Cercherà di rientrare in partita, ma è improbabile che ciò avvenga a favore di Teheran. Infatti la conduzione strategica dell'Iran è infuriata e spiazzata. I suoi proxy libanesi, gli Hezbollah, urlano contro il tradimento emiratino, ma sanno che se sauditi ed Emirati sostengono Israele, la loro missione di guerra contro lo Stato ebraico è compromessa. Il silenzio di Hamas mostra il medesimo spiazzamento. Perfino più plateale tra i palestinesi della Cisgiordania che potranno governarla senza più la pressione annessionista israeliana, ma anche forse con meno soldi erogati da sauditi ed Emirati. Appunto, un grande cambiamento del gioco: un blocco sunnita fatto da Arabia, Egitto ed Emirati con alleati Usa e Israele implica la nascita di un attore geopolitico con capacità condizionanti in tutta la regione mediterranea e del golfo che limitano le ambizioni di influenza di Turchia e Russia, nonché di Cina e Iran. Per l'Italia ci sono nuove opportunità, ma anche due problemi. Israele da decenni considera l'Italia l'unica nazione Ue di cui fidarsi per accordi industriali-commerciali rilevanti. L'accordo con gli Emirati potrebbe togliere business all'Italia e ciò implica contatti urgenti con israeliani ed emiratini, i secondi comunque fonte di domanda crescente di tecnologie evolute, come per altro l'Arabia. Connesso a ciò, l'Italia è schierata in Libia con i nemici del blocco sunnita-saudita sostenuto da Egitto, Emirati e Francia con una nota wagneriana in sordina russa. Sia per partecipare alla nuova fonte di sicurezza nel Mediterraneo sia per non perdere affari, Roma dovrà valutare un cambio di schieramento.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





