2018-05-05
Ora Pd e M5s copiano i programmi di destra
A Roma, l'assemblea capitolina vota all'unanimità per ripristinare le feste della mamma e del papà, cancellate da un asilo per accontentare una coppia gay. A Firenze, Dario Nardella chiede di privilegiare gli italiani nell'assegnazione delle case popolari.Fare gli interessi della comunità non è un comportamento intollerante e razzista, ma il motivo per il quale ogni politico viene votato. Messi davanti alla realtà, anche le amministrazioni targate 5 stelle e Pd sono costrette a sconfessare i loro pronunciamenti pubblici a favore dell'accoglienza e dell'inclusione a tutti i costi. Insomma il modello progressista crolla come un castello di carta quando c'è da rispondere alle esigenze della maggior parte dei cittadini. Succede a Roma dove giovedì il consiglio comunale ha approvato all'unanimità una mozione che impegna la giunta e il sindaco Virginia Raggi a salvaguardare la celebrazione delle feste del papà e della mamma all'interno delle scuole dell'infanzia. L'ordine del giorno, presentato da Fratelli d'Italia e appoggiato anche dai consiglieri del Pd e del M5s, è stato votato dall'assemblea capitolina in risposta all'abolizione delle suddette festività decisa da un asilo nel quartiere Ardeatino al fine di non discriminare una coppia di uomini che ha avuto un bambino tramite utero in affitto all'estero. Il caso, sollevato dall'associazione Articolo 26 aderente al Family day, ha avuto una risonanza nazionale. Fdi e Lega hanno manifestato in piazza del Campidoglio, mentre è proseguita la protesta dei genitori dei bambini della classe (l'unica in tutta la scuola) a cui è stato imposto l'annullamento della festa del papà e di quella della mamma, anche se erano state messe in calendario dall'inizio dell'anno. A chiedere la cancellazione delle celebrazioni era stata la coppia omosessuale in quanto a loro dire «sarebbero stereotipi di genere ormai sorpassati». Una richiesta accolta dalla scuola e poi confermata dagli uffici scolastici dell'VIII municipio, che hanno avallato la scelta di istituire una generica festa delle famiglie come soluzione «maggiormente in linea» nell'ottica della «massima inclusione e della negazione delle discriminazioni».Ora però, dopo settimane di polemiche, gli esponenti della politica romana si sono riconosciuti nella verità più ovvia del mondo, ovvero che qualsiasi essere umano è figlio di un padre e di una madre e che da due persone dello stesso sesso non può nascere un figlio. L'Aula Giulio Cesare ha infatti approvato all'unanimità la mozione che impegna il sindaco «a sostenere tutte le azioni utili a garantire il benessere dei bambini anche attraverso iniziative come la festa del papà e della mamma e percorsi educativi che li accompagnino nell'acquisizione di principi universalmente riconosciuti». Un indirizzo che non potrà essere ignorato dalle scuole.Quindi, di fronte alla sollevazione dei genitori, Pd, Sinistra per Roma e Movimento 5 stelle hanno fatto quadrato con il resto dei gruppi per difendere le figure del padre e la madre. Si tratta di una sana riflessione politica? A guardare bene va registrato un atteggiamento quanto meno schizofrenico, visto che la maggioranza grillina che governa la capitale non ha battuto ciglio quando pochi giorni fa il Comune ha registrato una bambina come figlia di due papà senza l'intervento dei giudici. Un forzatura persino rivendicata a Torino, un altro Comune governato dai 5 stelle, dove il sindaco Chiara Appendino ha sfidato la legge firmando l'atto di registrazione di una figlia di due mamme. Tutto questo mostra un cortocircuito interno sia al fronte dem sia a quello grillino. Da una parte ci sono i vertici di questi partiti che approvano le tecniche che consentono l'omogenitorialità e che emettono atti che vanno a formalizzare quelle situazioni che poi si verificano negli asili, dall'altra c'è la base che sconfessa la dirigenza affermando l'importanza delle due figure genitoriali per la crescita di un bambino. Nelle stesse ore, la discrepanza tra l'ideologia delle classi dirigenti della sinistra e l'amministrazione quotidiana dell'interesse pubblico emerge anche a Firenze. Il sindaco Pd Dario Nardella sembra essersi convertito al motto «prima gli italiani». L'inquilino di Palazzo Vecchio ha proposto di premiare con più punti nelle graduatorie per le case popolari chi vive da più tempo in Toscana. «Per non creare ghetti come nelle periferie francesi, bisogna evitare di inserire troppe famiglie straniere negli stessi condomini», ha spiegato il primo cittadino. Parole di buon senso ma che se proferite da un sindaco leghista provocherebbero l'indignazione dei guardiani del politicamente corretto. «Il sindaco Nardella adotta a Firenze il modello Fratelli d'Italia», commenta intanto Giorgia Meloni, che difende provvedimenti analoghi adottati dai Comuni di Perugia e dell'Aquila, guidati da giunte di centrodestra. L'assessore all'urbanistica del capoluogo umbro, Emanuele Prisco, ricorda che il bonus di residenzialità, che ha consentito di riequilibrare le assegnazioni, fu attaccato dal Pd e dalla Cgil che definirono quelle norme discriminatorie. Forse però le recenti batoste elettorali hanno portato consiglio e a un anno dalle elezioni amministrative Nardella si ricorda che per essere rieletto deve fare gli interessi dei fiorentini.
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Nel libro postumo Nobody’s Girl, Virginia Giuffre descrive la rete di abusi orchestrata da Jeffrey Epstein e Ghislaine Maxwell e ripercorre gli incontri sessuali con il principe Andrea, confermando accuse già oggetto di cause e accordi extragiudiziali.