2018-04-23
Il flirt di Napolitano con gli Usa ci ha portati nell’eurogabbia
Da capo dei miglioristi, Re Giorgio in due mesi tolse il veto comunista sull'ingresso italiano nello Sistema monetario europeo. I files di Wikileaks spiegano il perché: in cambio puntava a fare entrare i comunisti al governo.È ormai chiaro che il destino politico del Paese si giocherà con molta probabilità sull'intesa di forze eterogenee che dovranno convergere su un programma comune. Nelle settimane passate, diversi esponenti a vario titolo della sinistra - da Giorgio Napolitano a Barbara Spinelli, da Eugenio Scalfari a Gustavo Zagrebelsky, fino a Bernard Guetta, solo per citarne alcuni - sono sembrati più o meno esplicitamente auspicare un accordo tra i 5 stelle e il Pd. Gli argomenti a favore di tale posizione, sulla quale probabilmente i democratici dovranno presto esprimersi ufficialmente, vanno da un non ben precisato senso di «responsabilità» nei confronti del Paese alla necessità del rigetto di una presunta deriva populista e xenofoba, identificata con tutte le forze contrarie alle attuali politiche sull'immigrazione, Lega in primis. Tuttavia, vi sono ragioni per credere che la presa di posizione di queste figure di rilievo del mondo della politica e della cultura abbia radici molto più profonde di quanto lasci trasparire la cronaca. Per comprenderlo, è utile ripercorrere le vicissitudini di una figura in particolare, quella di Giorgio Napolitano, la cui ambiguità è cristallizzata nelle parole di Henry Kissinger, che arrivò a definirlo «il mio comunista preferito». Tra le varie giravolte che con molta probabilità valsero al presidente della Repubblica emerito tale appellativo, alcune meritano di essere ricordate, non solo perché avrebbero determinato una sostanziale resa del suo stesso partito, il Pci, di fronte alle pressioni straniere, ma anche perché ricalcano in modo straordinariamente calzante le attuali vicende politiche del Paese.Più volte è stato citato il famoso discorso che Napolitano tenne alla Camera - in veste di responsabile economico dei comunisti - il 12 dicembre 1978 sul Sistema monetario europeo (cioè il sistema di cambi fissi, preludio all'introduzione della moneta unica): «Inserendoci in quest'area, nella quale il marco e il governo tedesco hanno un peso di fondo, dovremo subire un apprezzamento della lira e un sostegno artificiale alla nostra moneta. Nonostante ci sia concesso un periodo di oscillazione al 6%, saremo costretti a intaccare l'attivo della bilancia dei pagamenti. Lo Sme determinerà una perdita di competitività dei nostri prodotti e un indebolirsi delle esportazioni. C'è un attendibile pericolo di ristagno economico». Meno noto è il fatto che la retromarcia arrivò appena due mesi dopo, il 10 febbraio 1979. Alla guida di una delegazione del Pci alla Commissione europea, Napolitano tenne un incontro privato con il presidente della Commissione Roy Jenkins, di cui abbiamo testimonianza grazie a un telegramma dalla «United States mission to the European union», recentemente reso pubblico da Wikileaks: «Il portavoce della Commissione e il delegato permanente hanno riferito che, durante l'incontro con Jenkins, Napolitano ha assicurato il pieno sostegno del Pci alla partecipazione italiana al sistema monetario europeo» […] «Riguardo alla situazione politica interna, Napolitano ha confermato il desiderio del Pci di partecipare al nuovo governo.»Quali possono essere le ragioni di una «svolta» così repentina? La visita avveniva in concomitanza della crisi di governo (Andreotti IV), e il Pci sperava far cadere la cosiddetta «discriminante anticomunista». L'ipotesi di un legame tra il contesto e la posizione di Napolitano pare confermata da un telegramma del 22 dicembre 1977, nel quale Ugo La Malfa riferisce all'ambasciatore americano Richard Gardner: «Sono necessarie impopolari politiche di austerità che potranno essere accettate dalla classe lavoratrice solamente se il Pci se ne assumerà la responsabilità. Ciò non avverrà a meno che il Pci non ottenga qualcosa in cambio; e quel qualcosa è una quota di potere all'interno del governo». Si richiedeva, dunque, un gesto di «responsabilità» in cambio di una «quota di potere»: la situazione non è in fondo dissimile da quella in cui potrebbe trovarsi il vertice del Movimento 5 stelle di fronte alla proposta di un «governo del presidente». Non è un caso, forse, che la dichiarazione di La Malfa sia perfettamente sovrapponibile alle parole pronunciate poche settimane fa a Otto e mezzo dall'ex premier, Mario Monti: «È auspicabile un governo 5 stelle-Pd se servisse a spartire le responsabilità di eventuali scelte impopolari che dovessero rendersi necessarie nel corso dell'amministrazione della cosa pubblica».Lo stesso Napolitano alcuni giorni fa, a margine di una cerimonia al Quirinale, ribadiva: «Situazione difficilissima, agire con responsabilità nell'interesse generale». Come già raccontato su queste colonne, le parti di programma grillino modificate da Di Maio dopo le elezioni - lo ha rivelato una recente inchiesta del Foglio - riguardano proprio i temi che abbiamo visto essere cruciali per l'establishment americano: la politica estera e l'integrazione monetaria europea.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
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