2019-10-30
Napoletano va a processo a Milano, il «Sole» se la cava con 53.310 euro
L'ex direttore del giornale di Confindustria resta l'unico imputato. Il 16 gennaio l'udienza per aggiotaggio e false comunicazioni. L'azienda è «salva» e festeggia. Il giudice: «Poi è cambiata la governance».Non era scontato, ma dopo aver accolto i patteggiamenti di Donatella Treu e Benito Benedini, il gup Cristina Mannocci ha deciso di rinviare a giudizio l'ex direttore responsabile ed editoriale del Sole 24 Ore Roberto Napoletano, ora imputato per false comunicazioni sociali e aggiotaggio informativo: la prima udienza si svolgerà il 16 gennaio. Si è conclusa così la fase preliminare di ieri del processo sulle presunte irregolarità nella gestione del quotidiano di viale Monterosa tra 23 marzo 2011 al 14 marzo 2017. L'ex amministratore delegato e il presidente patteggiano rispettivamente a 1 anno e 8 mesi con 300.000 euro di multa e 1 anno e 6 mesi con 100.000 euro. Treu e Benedini dovranno versare anche le spese legali (3.000 euro a testa), all'avvocato delle parti civili, cioè all'ex pm di Mani pulite, Antonio Di Pietro, che segue in veste di avvocato giornalisti e piccoli azionisti. Chiude la pratica con un patteggiamento anche Il Sole 24 Ore difeso da Paola Severino. Il quotidiano viene sanzionato con 50.310 euro di multa, anche perché, come ha sottolineato il giudice Mannocci, dopo gli scandali ha dovuto modificare il proprio modello organizzativo, ovvero quello previsto dalla legge 231 sulla responsabilità amministrativa delle società. Dopo l'archiviazione del procedimento sanzionatorio da parte della Consob, la decisione del Tribunale di Milano, si legge in una nota, «permette al gruppo di chiudere un capitolo del passato». Resta quindi solo Napoletano. Non era scontato che il direttore venisse rinviato a giudizio, anche perché è l'unico rimasto dopo l'inizio dell'inchiesta il 10 marzo del 2017, quando la Guardia di Finanza perquisì gli uffici di viale Monterosa con quattro decreti di perquisizione e indagando bene 10 persone, oltre che per false comunicazioni sociali anche per appropriazione indebita da 3 milioni di euro. Il cuore del processo sono sempre le presunte copie gonfiate, con quella presunta fittizia sottoscrizione di migliaia di abbonamenti digitali. Per il pm Gaetano Ruta, Napoletano dovrà rispondere «per via della partecipazione ai consigli di amministrazione della società e del coinvolgimento delle scelte gestionali attinenti alle modalità di diffusione del quotidiano ed alla comunicazione esterna dei dati diffusionali e dei ricavi ad essi correlati». In questo senso il processo penale che avrà inizio il 16 gennaio, è solo uno dei tanti grattacapi che si ritrova sul groppone l'attuale direttore del Quotidiano del Sud. Napoletano ha già ricevuto una sanzione dalla Consob di 280.000 euro a settembre, quando l'autorità garante di mercato e borsa chiuse il procedimento amministrativo sanzionatorio sulla presunta manipolazione del mercato da parte del gruppo. Non solo. Balla ancora l'azione di responsabilità decisa dall'assemblea del gruppo lo scorso maggio, dopo una relazione durissima da parte del consiglio di amministrazione. La richiesta danni è pari a 9 milioni di euro. Metà sono riconducibili alle copie gonfiate e l'altra metà all'operazione Business media, (ceduta a Tecniche Nuove spa nel gennaio del 2014 alla cifra simbolica di 1 euro, ma con una dote economica importante pari di 11 milioni di euro): la seconda sarebbe imputabile a Treu e Benedini. Mentre Napoletano sarebbe responsabile per la prima, per «non meno di 4,6 milioni di euro». A questo si aggiunge la possibilità da parte delle parti civili, cioè Consob, Confindustria, giornalisti e piccoli azionisti, di promuovere un'altra azione civile entro 5 anni sempre contro l'ex direttore. «Avrei potuto patteggiare come gli altri, ma non posso patteggiare per un reato che non ho commesso. Sono innocente e affronterò a testa alta il dibattimento e sono consapevole che in quella sede emergerà la verità», ha detto ieri Napoletano dopo la decisione del gup. Resta da capire come mai l'ex direttore il maggio del 2017, a due mesi dall'inizio delle indagini e dalle perquisizioni, decise di aprire un trust con diverse proprietà immobiliari, chiamato «Trust ggr», di fronte al notaio Fabrizio Branca, intestandolo alla moglie Rosa Napoletano e al figlio Giuseppe Andrea. Il trust regolato dalla legge di Jersey, ha in pancia le proprietà di Roma, Monte Argentario, Napoli e Amelia. Ci sono monolocali, case, vigneti e terreni per un valore superiore al milione di euro. La villa in Umbria, ad Amelia in provincia di Terni, divenne celebre nel 2015, quando si tenne la festa per le nozze d'argento dei Napoletano. Tra i partecipanti Romano Prodi e consorte, mezza Confindustria, Pierferdinando Casini con Azzurra Caltagirone e persino Renzo Arbore. Altri tempi, ora sono rimasti solo i processi.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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